Qui Torino – “Gli ebrei come coscienza vigile dell’Europa”

Molto interesse, ieri pomeriggio al Salone del Libro di Torino, per la presentazione di “Attentato alla sinagoga. Roma, 9 ottobre 1982. Il conflitto israelo-palestinese e l’Italia”, il volume edito dal Viella in cui gli storici Guri Schwarz e Arturo Marzano, entrambi esperti dell’ebraismo italiano del Novecento, ricostruiscono il clima di grande tensione di quegli anni. Sala piena e molte persone in piedi, per un incontro durante il quale gli interventi di David Bidussa, Alberto Cavaglion e Miguel Gotor hanno preceduto le parole degli autori, in un’atmosfera di grande interesse e curiosità un poco inquieta. Un tema non facile, l’azione terroristica al Portico d’Ottavia in cui perse la vita il piccolo Stefano Gay Taché, che nelle parole di David Bidussa prende l’ampiezza di un affresco storico, seppure concentrato su un breve periodo. Nonostante nella prima parte del libro il 1982 venga presentato come un anno in cui è soprattutto presente la dicotomia fra i festeggiamenti per l’Italia Campione del mondo, a inizio luglio, e il dolore per l’attentato alla sinagoga, a ottobre, secondo lo storico sociale dell idee sono almeno altri due i momenti che, insieme all’inizio della guerra in Libano, hanno segnato l’anno, ossia l’assassinio a Palermo di Pio La Torre, ad aprile, e l’esecuzione, sempre a Palermo, di Carlo Alberto Dalla Chiesa a settembre. Come ha scritto anche lo storico Simon Levis Sullam sul numero di Pagine Ebraiche attualmente in distribuzione al Salone, “Fare la storia degli echi e risvolti italiani delle vicende mediorientali è un modo per scrivere la storia degli ebrei in Italia dal 1967 alla prima Intifada, per ragionare del peso della questione ebraica nella politica e nella cultura italiana nell’arco di due intensi decenni, per rileggere la storia d’Italia in anni segnati da svolte e fenomeni come, tra gli altri, il Sessantotto, il terrorismo di destra e di sinistra, la crescita e le trasformazioni dei ruoli dei grandi partiti della Sinistra.” Alberto Cavaglion ha continuato rievocando il ricordo di una estate che sembrava non finire mai, in cui si intersecavano questioni anche molto diverse fra loro, in un clima teso che era in un certo senso l’ultima apparizione di quell’atmosfera surriscaldata che era stata la chiave degli anni settanta. Nel volume, poi, è interessante la parte figurativa, che riproduce numerose vignette già oggetto di discussione e studio in passato, ma anche immagini che invece non sono circolate in quegli anni, come quella figura del vigile vestito di bianco che porta fra le braccia il corpo del piccolo Stefano Gay Taché, e che se fosse circolata in quegli anni avrebbe probabilmente portato a reazioni difficili da gestire. E Alberto Cavaglion chiude poi l’intervento dicendo “L’unico appunto critico che posso fare al libro è che non vene citato il finale di un saggio memorabile di Momigliano, scritto nell’85 e pubblicato sulla New York Review of Books, che dice come non si può chiudere con ottimismo una carrellata sulle storie degli ebrei in Italia in un momento in cui è stato possibile vedere un bambino ucciso senza che ci sia stato un sollevamento popolare, una reazione forte dell’opinione pubblica”. Sentimento che si rispecchiò nella scelta iniziale, quando fu istituito il 9 di maggio come data che ricorda vittime terrorismo, di non includere nell’elenco delle vittime Stefano Gay Tachè, che è stato poi aggiunto in seguito. Altrettanto forte l’intervento dello storico Miguel Gotor, che si è interrogato sui limiti che l’utilizzo del paradigma vittimario pone o può porre alla conoscenza storica, in un periodo in cui si è svolto sul suolo italiano ed europeo, nell’apparente indifferenza di tutti, un terribile conflitto quasi mascherato. Conflitto che vedeva coinvolti israeliani e palestinesi in una lunga serie di attentati che comprendono la terribile strage del ‘73 a Fiumicino, in cui furono coinvolti “per errore” anche quattro italiani e i noti fatti di Monaco. Si trattava di una minaccia concreta, tangibile, per cui si parla del coinvolgimento dei politici italiani e dei servizi segreti per arrivare a una sorta di accordo che consentiva atti di terrorismo sul suolo nazionale in cambio della garanzia di una sorta di sicurezza per i cittadini italiani. E anche nel loro intervento di ieri gli autori Marzano e Schwarz hanno ribadito come Israele rappresenti una sorta di cartina di tornasole utile a studiare il dibattito politico italiano ed europeo, e la presenza di una questione ebraica, quasi a misurare il tasso di democrazia della società e dell’opinione pubblica. E come gli ebrei possano e debbano costituire una misura vigile della buona e cattiva coscienza dell’Europa, come è già stato, in chiave tragica, soprattutto nel XX secolo.

Ada Treves twitter @atrevesmoked

(20 maggio 2013)