Qui Trento – Pagine Ebraiche al Festival dell’Economia

“Il fine dello studio dell’economia non è acquisire una serie di soluzioni già pronte per i problemi economici, ma imparare a non lasciarsi ingannare dagli economisti”. Così scriveva l’economista inglese Joan Robinson. Oggi, in un mondo che pare aver perso la bussola, comprendere i fenomeni economici è diventata una necessità che sempre più cittadini sentono propria. Per questo il Festival Economia di Trento che si apre oggi è un fondamentale punto di incontro e di riflessione.

La redazione sarà presente per la prima volta con molte copie dell’ultimo numero di Pagine Ebraiche che al suo interno ospita uno speciale dossier Mercati e valori curato da Daniel Reichel in cui si cercano soluzioni ai problemi, si interrogano gli economisti, si chiedono risposte alla religione, si riscopre il passato. Responsabile scientifico del Festival, a Pagine Ebraiche Tito Boeri spiega perché le minoranze sono una risorsa per tutti.

Le minoranze risorsa per tutti

Spread, default, decrescita felice. Sono termini che abbiamo imparato a conoscere. L’opinione pubblica, negli ultimi anni, ha cominciato a farsi una cultura economica, a interessarsi di temi prima poco considerati. La crisi ha peraltro acuito questo desiderio di capire, di conoscere e in Italia uno spazio per l’analisi, il confronto sulle scelte e i modelli economici si è aperto con il Festival Economia di Trento. Tra gli ideatori dell’evento, l’economista Tito Boeri, professore ordinario alla Bocconi nonché firma autorevole di La Repubblica è tra i fondatori del sito di informazione economica lavoce.info.
Negli ultimi anni l’opinione pubblica ha dimostrato sempre maggiore interesse per i temi di carattere economico. Una tendenza che si riflette in Italia nel grande seguito che hanno avuto le diverse edizioni del Festival Economia di Trento. Questa crescita di attenzione è dovuta alla crisi o è solo uno dei fattori?
L’attuale situazione italiana ed europea ha inciso sulla volontà dell’opinione pubblica di essere informata su questi temi. Ma l’esperienza del Festival, giunto all’ottavo anno, così come l’esperienza di un sito come la voce.info (al suo undicesimo anno di vita), testimoniano come già prima della crisi si sentisse la necessità di avere un’informazione di qualità sulle tematiche economiche. La connessione con la crisi c’è ma c’è soprattutto la volontà di capire in quale direzione stia andando il mondo. Attenzione e partecipazione prescindono dalle questioni legate alla propria economia personale o familiare; c’è voglia di discutere su tematiche di più ampio respiro: la decrescita, il sottosviluppo, la sovranità (tema del Festival di quest’anno).
C’è chi sostiene che la crisi nasca dalla perdita di sovranità dell’Italia in favore dell’Europa e della Germania. “Abbiamo lasciato loro decidere del nostro destino”: quanto c’è di vero in questa affermazione? Non c’è il rischio di essere di fronte al solito stratagemma del capro espiatorio?
Scaricare le responsabilità è un gioco in cui i politici sono molto abili e il rischio di riversare su altri le proprie colpe c’è. D’altra parte è indubbio che la Germania abbia tenuto un atteggiamento che ha portato a delle scelte sbagliate. Da qui a pensare che sia l’unica responsabile il passo è lungo. Anche l’Europa ha le sue responsabilità, irrigiditasi sulle politiche di austerità. In ogni caso credo ci si debba concentrare sul problema della sovranità in tema di politica monetaria, ancor più stringente alla luce della crisi delle rappresentanze politiche dei singoli paesi.
La sensazione è che ci siano due piani che corrono paralleli: da una parte il dibattito pubblico in cui sono coinvolti gli esperti, dall’altro la politica, che decide autonomamente e, almeno in apparenza, resta sorda di fronte agli input esterni. E’ un quadro realistico della situazione?
In ambito italiano, una delle problematiche è legata alla cultura economica dei nostri politici, in generale bassa. Credo che i media abbiano cercato di creare una convergenza tra i due piani, si veda l’iniziativa del fact checking portata avanti dalla voce.info. Occorre maggiore sensibilità ma credo che anche gli economisti debbano fare autocritica, con approcci a volte troppo superficiali con conseguenze devastanti sul piano economico. In questo senso non ha aiutato la ricerca Reinhart- Ricolf. In ogni caso il mondo dell’informazione, puntando su un giornalismo specializzato nel settore economico, mi pare stia creando quel ponte necessario fra i due ambiti. Poi fino a che avremo una legge elettorale come quella attuale, dove non si possono selezionare i candidati, le distorsioni legate alla classe politica che ci rappresenta non potranno che rimanere.
Ritornando al tema della sovranità. Con i governi nazionali in crisi, la Chiesa sta cercando di recuperare una posizione di influenza a livello internazionale. Il modello economico su cui sembra insistere il nuovo papa Francesco è incentrato sul valore della povertà. Un’idea francescana dello spogliarsi delle proprie ricchezze. Come giudica questa ricetta?
La Chiesa è da sempre protagonista in molti temi legati all’economia globale. Credo che lo sforzo assistenziale portato dalle istituzioni cristiane sia sicuramente meritorio e abbia dato un grande contributo a livello locale. Il problema è che è un sostegno applicato in modo selettivo e che non può incidere sulle condizioni esogene causa della povertà. Ed è lo Stato che dovrebbe intervenire per creare un sistema di protezione per i più deboli ad ampio spettro.
L’associazione banchiere-ebreo condita con la retorica sul complotto giudaico- massonico è ancora purtroppo utilizzata da alcuni per mascherare responsabilità delle situazioni economiche e fomentare odio. Non sarebbe ora di guardare alle minoranze come una risorsa e non come un bersaglio?
Sicuramente. Bisogna continuare a lavorare perché cadano questi pregiudizi. L’informazione, i dibattiti sono uno strumento per superare questi fenomeni pericolosi che, se non arginati, rischiano di scatenare violenze e soprusi.
A proposito di fenomeni violenti, Grillo sostiene che il Movimento Cinque Stelle sia un argine contro il riemergere di estremismi che hanno invece preso piede in Grecia o Ungheria. E’ d’accordo?
Credo che i Cinque Stelle siano un argine ma quest’argine sia molto fragile. Dentro al movimento ci sono molte voci, penso più orientate a sinistra in generale. Se dovesse sfaldarsi, però, potrebbero crearsi delle correnti orientate al populismo puro ed eventualmente violente.

Pagine ebraiche, giugno 2013

(30 maggio 2013)