La crescita e le tensioni

La settimana scorsa il Financial Times ha dedicato un intero articolo all’economia brasiliana, destinata a rallentare nei prossimi anni. In qualità di convinto filo-carioca, ho appreso la previsione con tristezza. Pochi giorni dopo lo stesso FT ha consacrato un pezzo a “Ermenegildo Zegna”, marchio del lusso made in Italy per uomo, in occasione della prossima apertura di un negozio a Lagos, capitale della Nigeria. Messe in successione, le due notizie sembrano testimoniare un ulteriore spostamento della ricchezza da Ovest verso Est, in questo caso dall’America meridionale all’Africa sub-sahariana.
Naturalmente le cose sono più complicate, e ci vorranno vari anni prima che l’economia africana cresca in modo stabile e superi i suoi vizi strutturali. In ogni caso il mercato africano si espanderà notevolmente e raggiungerà traguardi importanti. Questo dato suscita due riflessioni positive. L’iniziativa commerciale riuscirà dove è fallita la cooperazione internazionale (si legga in proposito “La carità che uccide” di Dambisa Moyo): lo sviluppo non sarà “equo” ma darà da mangiare a decine di milioni di esseri umani; oltre alla Cina, poi, che investe massicciamente in Africa con modalità ultra-espansive, avranno successo quei paesi che stabiliranno partnership commerciali forti con i paesi africani. In questo senso è molto apprezzabile l’attivismo israeliano, ormai consolidato.
Infine una considerazione generale, su cui sta ragionando la stampa internazionale. Perché in Turchia, un paese che cresce in modo impressionante, si verifica una protesta popolare così radicata e rabbiosa? Una prima causa potrebbe essere il carattere fortemente islamico del partito di governo del premier Erdogan. Ma non basta. É probabile che le tensioni sociali aumentino nel momento della crescita, in cui si respira aria di cambiamento e in cui le diseguaglianze sociali si dilatano. In epoca di crisi, viceversa, anche la capacità dei cittadini di reagire si anestetizza. Se così fosse lo sviluppo africano, che va guardato con speranza, non sarà certamente indolore.


Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas
twitter @tobiazevi

(4 giugno 2013)