Periscopio – Genio fuori luogo
La figura di Stephen Hawking mi ha sempre profondamente affascinato. La lettura della prima parte del suo classico “Dal big bang ai buchi neri. Breve storia del tempo” mi ha coinvolto e suggestionato (anche se confesso di non essere riuscito a leggere il libro fino alla fine, in quanto la pochezza delle mie conoscenze scientifiche non mi ha consentito di proseguire utilmente). L’immagine di un uomo così gravemente impedito nella sua valenza fisica da una terribile malattia, e che, ciò nondimeno, grazie a una straordinaria intelligenza, a un immenso coraggio e un’indomita forza di volontà, riesce a raggiungere eccezionali risultati nel campo della ricerca scientifica, diventando per tutto il mondo una leggenda vivente, il simbolo della forza del pensiero e dello spirito – capace di vincere, da sola, qualsiasi sfida, anche dal chiuso di una prigione – non può non colpire, non suscitare rispetto e ammirazione.
Particolarmente grande, perciò, è stata la mia delusione nell’apprendere della recente decisione di Hawking di disertare la quinta conferenza annuale ‘Facing Tomorrow’, programmata a giugno a Gerusalemme – a cui aveva dato in un primo momento la sua adesione – “in segno di protesta – come lo scienziato ha voluto pubblicamente spiegare – per il trattamento dei palestinesi da parte di Israele”.
Non è stata, a dire il vero, una totale sorpresa, in quanto già mi era noto l’impegno civile, in chiave marcatamente pacifista e antimilitarista, dello scienziato. Ma, mi dicevo, se tanti pseudointellettuali confondono il pacifismo con la resa di fronte ai violenti, e scambiano disinvoltamente il ruolo degli aggressori con quello delle vittime, un uomo dell’intelligenza di Hawking non potrà cadere in un simile inganno. Non può non capire che la difesa dei palestinesi – ammesso che la loro sorte stia davvero a cuore dello scienziato – passa esclusivamente attraverso la strade del dialogo, della democrazia, della pace, della lotta senza quartiere contro la violenza e il terrorismo, e non certo attraverso quella dell’odio, del manicheismo, della falsità e della criminalizzazione di Israele, nonché della totale e assoluta indifferenza – se non dell’aperto compiacimento – verso le parole e le azioni violente tanto spesse adoperate da tanta parte dei regimi arabi, e degli stessi palestinesi. Una persona che, per tutta la vita, ha lottato contro una natura ostile, per difendere, dentro un piccolo corpo malato, il proprio diritto a vivere e a pensare, non può – mi dicevo ancora – non solidarizzare con un piccolo, fragile Paese, che difende, contro un muro di nemici ostili, il proprio diritto a esistere (pur potendo commettere, nell’esercitarlo, degli sbagli, come è umano che sia). E invece no. Che dire? Pazienza. I geni sono geni nella loro arte o disciplina, non in tutto. E l’intelligenza e il coraggio non coincidono con la morale.
Continueremo ad ammirare il genio dello scienziato, e il coraggio dell’uomo. Ma delle sue proteste e dei suoi appelli civili non sappiamo che farcene.
Francesco Lucrezi, storico
(5 giugno 2013)