Qui Firenze – Quando la pace viene dal mare

Le onde del Mediterraneo come orizzonte di dialogo e reciproca comprensione. Si presenta oggi alla Biblioteca delle Oblate (17.30) il saggio ‘La voce della pace viene dal mare’ della professoressa Silvia Guetta. Un importante contributo, con la partecipazione diretta degli studenti dell’ateneo fiorentino, che vi avevamo anticipato negli scorsi mesi su Pagine Ebraiche.

Qui Firenze – Quando la pace viene dal mare

La pace inizia costruendo insieme la rotta e il percorso da fare, si realizza lavorando insieme, condividendo gli stessi spazi di vita, si concretizza comprendendo il valore e la bellezza di ciò che ci circonda in ogni momento della nostra esistenza, si sostiene vivendo nel rispetto di se stessi e degli altri. Questi i principi ispiratori di Sails for Peace, originale progetto per la convivenza tra israeliani e palestinesi ideato dall’educatore Rami Andrei Rodan e oggi possibile modello di riferimento per numerose altre realtà che si propongono di avvicinare i popoli e le religioni attraverso esperienze condivise, i pro e i contro dello stare a lungo assieme, l’attività fisica. La sfida, nello specifico, è quella di intersecare le virtù della barca a vela e le competenze nautiche e marittime con le aspirazioni umane per un futuro all’insegna dell’uguaglianza e della parità di opportunità e diritti. Insieme, sulla stessa barca, sospesi tra le onde e lontani dalla terraferma, da una terraferma comunque sempre visibile, dove i conflitti sembrano irrisolvibili. Due i target cui è rivolta questa iniziativa, con scenario le suggestioni del mare di Tel Aviv e il sostegno di realtà prestigiose come Centro Peres per la Pace e Cattedra transdiciplinare Unesco Sviluppo Umano e Cultura di Pace dell’Università di Firenze: da una parte gli educatori e i cosiddetti “costruttori di pace”, dall’altra un gruppo diversificato di giovanissimi beneficiari. Israeliani e palestinesi, ma anche alcuni ospiti “super partes” come gli studenti italiani protagonisti della prima edizione. È stata proprio questa realtà di successo a costituire il punto di partenza del saggio La voce della pace viene dal mare (ed.Aracne) in cui Silvia Guetta, professore associato di Pedagogia generale e sociale dell’ateneo fiorentino, rielabora e fa il punto su alcune realtà già sviluppate o da implementare in questo ambito intricato e mai come adesso attuale. Le vele della pace iniziano a prendere il largo nel 2007. Distribuito su un lasso di tempo relativamente ampio e con la combinazione di diverse attività volte a compattare teoria e pratica, Sails for peace ha avuto come orizzonte il mare per il suo essere luogo dinamico, portatore di antichi saperi, pericoloso ma anche estremamente ricco di stimoli e occasioni ludiche. Numerosi gli obiettivi: sviluppare innanzitutto un profilo chiaro di “esperto di educazione alla pace” con specifiche competenze del mare e della vela e parallelamente di educazione attiva e democratica. Ma anche, tra gli altri, creare una rete di partner e di supporto locali, capire la natura e le origini della violenza e dei suoi effetti sui ragazzi e la loro formazione, dotare giovani e adulti di abilità per la risoluzione di conflitti personali e sociali che non richiedano il ricorso all’aggressività. Il mare costituisce l’ambiente ideale per una prova di convivenza perché, spiega la professoressa Guetta, “richiede protezione, cura e rispetto nello stesso modo in cui questi vengono date alle persone”. È questo assioma a ispirare l’impegno di Rodan, da poco scomparso. Un solco di valori che sarà adesso responsabilità di altri promuovere e instillare nelle coscienze, se si presenterà l’occasione, con la consapevolezza che soltanto attraverso l’educazione, la formazione e la cultura sarà possibile costruire un futuro migliore per entrambi i popoli. “Rami – racconta Guetta – sentiva fortemente le inquietudini, le sofferenze e il peso del conflitto israelo-palestinese, il non senso dei dolori e delle paure, l’assurdità della negazione dei diritti umani, il bisogno di aprirsi agli altri per incontrarsi, conoscersi e costruire insieme qualcosa di nuovo. Ma non era sufficiente pensare al luogo e al tema della pace. Perché le cose possano cambiare, pensava, perché possa essere realizzata una trasformazione, è necessario che tutto sia collegato da un rinnovato impegno educativo”.

Adam Smulevich, Pagine Ebraiche, dicembre 2012

(5 giugno 2013)