Israele – Rabbinato, il rinnovo

Sono rav David Lau e rav Yitzhak Yosef i nuovi rabbini capo ashkenazita e sefardita di Israele. Particolarmente intenso il dibattito sulle elezioni per il rinnovo dell’incarico, ma anche sul ruolo dell’istituzione nella politica e nella società israeliana.

Rabbini – Le altre elezioni d’Israele

Ancora non si è placato l’eco delle votazioni per il Parlamento israeliano. Un’eco (o forse un rumore) tanto forte, da far passare sotto traccia il fatto che si terranno a breve delle altre elezioni. Di tutt’altro genere, eppure altrettanto, e forse ancora più fondamentali per dare forma all’identità israeliana del prossimo futuro: alla fine della primavera 2013 scadrà il mandato decennale dei due rabbini capo di Israele, l’ashkenazita Yona Metzger e il sefardita Shlomo Amar. E la vera novità sta nel fatto che per la prima volta potrebbe essere scelto per ricoprire l’incarico un rabbino non proveniente dal mondo haredì. Una novità che rappresenterebbe una svolta epocale, e che potrebbe essere favorita anche dall’esito delle urne, con due dei partiti più influenti, Yesh Atid e Habayit Hayehudi, che premono entrambi per il ridimensionamento dell’influenza dell’ebraismo haredì nella vita pubblica. La nascita della carica di rabbino capo della nazione va fatta risalire alla dominazione turca: il rabbino capo di Costantinopoli costituiva il rappresentante degli ebrei davanti al sultano. Nel 1921, sotto il Mandato britannico, vennero nominati per la prima volta un rabbino capo ashkenazita e uno sefardita. Il potere del rabbinato centrale venne però sancito definitivamente da un accordo tra David Ben Gurion e i partiti religiosi nel 1947, accordo che stabiliva la giurisdizione sulle questioni legate allo status personale, compresi matrimoni, divorzi e funerali e sui problemi legati a temi religiosi, come la kasherut. Nel corso dei decenni successivi le cariche sono sempre state ricoperte da rabbini haredim. Ma nelle scorse settimane ha lanciato la sua candidatura il rabbino David Stav (nell’immagine), che guida l’organizzazione modern orthodox Tzohar. Obiettivo fondamentale del suo progetto quello di riavvicinare il rabbinato alla società israeliana. La cattiva gestione dei nodi riguardanti il diritto di famiglia, secondo rav Stav, contribuiscono ad allontanare sempre più la popolazione israeliana laica dalle tradizioni, con un grave rischio di disgregazione. “Nel 2010, 9mila 300 coppie su 36 mila hanno scelto di sposarsi all’estero, a Cipro, a Burgas e a Praga – ha fatto notare al quotidiano Israel Hayom (in Israele non esistono le nozze civili) – Di questo passo, fra vent’anni la maggioranza degli israeliani non sarà sposata secondo il rito religioso”. Se per il posto di rabbino capo sefardita per ora viene data probabile la riconferma di Shlomo Amar, per quello di rabbino capo ashkenazita sono molti i nomi già circolati, tra cui quelli di rav Yaakov Shapira e rav David Lau, entrambi figli di precendenti guide del rabbinato centrale (rispettivamente rav Avraham Shapira dal 1983 al 1993 e rav Yisrael Lau dal 1993 al 2003). Tzohar però è decisa a dare battaglia: intensissima la campagna per promuovere la candidatura di rav Stav. Essendo il rabbino capo scelto da un comitato di 150 pubblici rappresentanti, tra politici e rabbini, l’opinione pubblica potrebbe non essere così influente. Eppure rav Stav starebbe ottenendo dei successi notevoli: l’americano The Jewish Forward riporta che sarebbe già in essere un accordo di reciproco sostegno con rav Amar. Le sfide che rav Stav mette in evidenza nelle sue interviste ai media israeliani sono numerose: dal garantire a tutti la possibilità di divorziare in modo efficiente e rispettoso, alla questione della kasherut, che nel parere di rav Stav andrebbe privatizzata, dal tema delle conversioni (“non possiamo dire a chi arriva in Israele e non ha i documenti che ne attestino l’appartenza ebraica secondo l’Halakhah che deve arrangiarsi, dobbiamo offrire il nostro supporto”), a quello delle sepolture (“se non permettiamo alle donne di pronunciare gli elogi funebri, non possiamo stupirci che aumentino i funerali celebrati con rito civile”). Il rabbinato risponde alle critiche colpo su colpo. Bisognerà aspettare qualche mese per sapere se la svolta arriverà: certo è che il futuro dello Stato ebraico passa anche da queste elezioni.

Rossella Tercatin, Pagine Ebraiche, marzo 2013 twitter @rtercatinmoked

(24 febbraio 2013)

Israele – Rabbinato, corsa al cambiamento

Mai come quest’anno, complice l’intreccio con le elezioni politiche, che hanno tra l’altro lasciato i partiti haredim fuori dal governo, il rinnovo dei decennali incarichi di rabbino capo ashkenazita e sefardita sembra essere stato sotto i riflettori. Il Rabbinato centrale sovrintende a kasherut, conversioni, matrimoni (tenendo presente che in Israele non esistono le nozze civili), dunque il suo impatto sulla popolazione non è da prendere alla leggera: a provarlo nel 2010, le 9 mila 600 coppie su 36 mila che hanno scelto di sposarsi civilmente all’estero per evitarlo. Un dato forte, come ha denunciato rav David Stav, il candidato più accreditato al posto di rabbino capo ashkenazita, attualmente ricoperto da rav Yona Metzger. I dettagli del processo di selezione sono contenuti nella Chief Rabbinate of Israel Law, promulgata nel 1980. Responsabile della designazione è un’assemblea elettorale di 150 membri, di cui 80 rabbanim, che includono rabbini capo di città e prescelti dal ministro per gli Affari Religiosi, nonché i dayanim (titolo rabbinico superiore che abilita alla funzione di giudice) più anziani del Paese, e 70 rappresentanti del pubblico, tra cui spiccano i sindaci delle 25 principali città, due ministri scelti dal governo, cinque deputati eletti dalla Knesset, dieci cittadini selezionati dal ministro degli Affari religiosi. Sulla composizione dell’organo si è scatenata in queste settimane una battaglia politica volta a garantire una maggiore democratizzazione, e soprattutto una maggiore partecipazione delle donne. Così, tra le prime proposte presentate dalla nuova Knesset, vi è stato un progetto di riforma per assicurare una presenza femminile pari almeno a un quarto dei grandi elettori, aumentandone il numero fino a un totale di 200, che ha ottenuto l’appoggio di esponenti di Yesh Atid, Habayit Hayehudi, Hatnua e Labor. In gioco è il riequilibrio dell’influenza dell’ebraismo haredi nelle istituzioni fondamentali della società israeliana a favore delle correnti nazional-religiose e modern orthodox, un tema che ha tra l’altro cementato l’alleanza tra Yesh Atid, nato come partito laico, che è stato però capace di porsi in maniera piuttosto trasversale rispetto ai temi legati alla religione, e Habayit Hayehudi, di dichiarata ispirazione nazional-religiosa, durante i negoziati di coalizione con Netanyahu. Tuttavia, anche ridurre la nomina delle nuove guide spirituali dell’ebraismo israeliano a meri interessi politici sarebbe sbagliato. Alla base del dibattito è la battaglia per riportare vicino alle esigenze della gente un istituto che viene guardato con crescente ostilità da una larga parte dei cittadini israeliani, a causa delle forti rigidità burocratiche al suo interno ma anche della scarsa empatia, quando non scorrettezza, mostrata da molti suoi funzionari nel rapporto con il pubblico. Il candidato che meglio sembra incarnare le qualità del cambiamento, e che ha già ricevuto l’endorsement di Yesh Atid, Hatnua e Yisrael Beytenu di Avigdor Lieberman, è proprio rav Stav. Proveniente da una rinomata dinastia chassidica, 53 anni, un’esperienza come rabbino capo della cittadina di Shoan, rav Stav ha fondato nel 1996 l’organizzazione modern orthodox Zohar, proponendo un modello di rabbinato alternativo, rigido nel rispetto dell’ortodossia, ma che faccia dell’accoglienza il suo principio di riferimento, tanto nelle questioni del diritto di famiglia, quanto in quelle legate alle conversioni, tra le priorità indicate da rav Stav nelle numerose interviste rilasciate. A contendergli la nomina, i rabbini Yaakov Shapira, David Lau ed Eliezer Igra. Diverse, ma altrettanto complesse le vicende che riguardano il Rabbinato sefardita. Una riforma per permettere all’attuale rabbino capo Shlomo Amar di servire per un secondo mandato era in discussione alla Knesset prima del suo scioglimento anticipato. L’esclusione dal governo dello Shas (di cui il Rabbinato centrale sefardita ha rappresentato finora un bastione), sembrava aver messo l’ipotesi fuori gioco. Ma poi la volontà del leader di Habayit Hayehudi Naftali Bennett di tentare almeno in parte di ricucire lo strappo con il mondo haredi e la generale sensazione che, per assicurare la nomina di un riformatore come Stav al Rabbinato ashkenazita, sarà necessario un compromesso di continuità su quello sefardita, l’hanno riportata in auge. Una proposta che ha ricevuto il supporto del presidente Shimon Peres: “Mi piacerebbe che lei avesse il privilegio, che tutti noi avessimo il privilegio, di averla come rabbino capo ancora per molti anni” ha dichiarato incontrando rav Amar. E voci suggeriscono che qualcun altro potrebbe approfittare dell’emendamento: Yisrael Meir Lau, rabbino capo ashkenazita tra il 1993 e il 2003.

Rossella Tercatin, Pagine Ebraiche, maggio 2013

(1 maggio 2013)

Israele – Rabbinato, politica a confronto

Il rinnovo dei decennali incarichi di rabbino capo ashkenazita e sefardita di Israele al centro del confronto politico. L’elezione, in programma la prossima estate, assume sempre più i contorni di un banco di prova importante per il governo di Benjamin Netanyahu, i cui partiti che lo compongono si stanno rivelando portatori di posizioni diverse. In questi giorni i riflettori sono puntati in particolare sul partito di destra nazional-religiosa Habayit Hayehudi. Secondo la stampa israeliana, la formazione che rappresenta il punto di riferimento degli abitanti degli insediamenti starebbe lavorando a un accordo sul nome dei due candidati da appoggiare con il partito sefardita haredi Shas. Una notizia che potrebbe alterare non poco gli equilibri della scena politica israeliana, considerando che fino a questo momento i rapporti tra le due formazioni sono stati tutt’altro che idilliaci, con accuse estremamente pesanti lanciate al leader di Habayit Hayehudì Naftali Bennett da diversi esponenti di spicco di Shas.
Già perché all’indomani delle elezioni di fine gennaio, protagonista assoluta delle trattative per la formazione di governo si è rivelata un’alleanza del tutto inaspettata, quella tra Bennett e Yair Lapid, considerato da molti il vincitore morale delle urne, avendo trascinato il suo Yesh Atid a conquistare ben 19 seggi della Knesset (solo uno in meno del Likud di Netanyahu, che ne ha ottenuti 20, cui si aggiungono però gli 11 di Yisrael Beytenu, guidata dal miliardario di origine moldava Avigdor Lieberman). A cementificare l’asse, una convergenza su alcuni punti fondamentali riguardanti il rapporto fra ebraismo haredi e società israeliana, in primis la questione dell’arruolamento degli studenti delle yeshivot. Nelle scorse settimane Yesh Atid, così come Yisrael Beytenu e Hatnua (entrambi nel governo) ha ufficialmente offerto il proprio sostegno per la guida del Rabbinato ashkenazita a rav David Stav una figura che si propone di promuovere importanti cambiamenti per avvicinare l’istituzione alla società israeliana e che è espressione di un ebraismo di tipo modern orthodox.
Habayit Hayehudì appare invece divisa. Se vi sono stati momenti in cui l’appoggio a rav Stav pareva imminente, Haaretz e Jerusalem Post in queste ore parlano di un accordo con Shas che comprenderebbe la nomina del rabbino Yaakov Ariel, pure espressione del movimento sionista religioso (come rav Stav) e la riconferma di rav Shlomo Amar al Rabbinato sefardita. Una riconferma su cui Shas lavora da parecchio tempo, in considerazione della necessità di emendare la Chief Rabbinate Law, che al momento non permette la possibilità di ricoprire l’incarico più di una volta (un emendamento sarebbe necessario anche per rav Ariel, che con i suoi 76 anni supera il limite di età per la nomina, attualmente fissato a 70 anni). L’accordo è stato prontamente smentito da Bennett, e non sarebbe visto di buon occhio neanche dal leader spirituale di Shas rav Ovadia Yosef, che non sarebbe disposto a perdonare facilmente quello che è stato considerato un autentico tradimento di Habayit Hayehudi a proposito della questione dell’arruolamento dei giovani haredim.
Con un numero di nomi in circolazione sempre più vasto (di recente si è aggiunto anche quello di un altro autorevole ex rabbino capo, rav Yisrael Meir Lau, che potrebbe beneficiare dell’emendamento per consentire a rav Amar di rimanere al suo posto), l’impressione è dunque quella di una partita ancora aperta, di cui ancora non si conoscono probabilmente tutti i fattori. Ciò che è certo è che dal suo risultato, passerà molto del futuro della società israeliana. Almeno per i prossimi dieci anni (nell’immagine gli attuali rabbini capo ashkenazita e sefardita, rav Yona Metzger e rav Shlomo Amar).

Rossella Tercatin twitter @rtercatinmoked

(7 maggio 2013)

Israele – Legge sul Rabbinato, primo sì alla riforma

Ha avuto esito positivo il primo passaggio alla Knesset della riforma della Legge sul Rabbinato Centrale israeliano per quanto riguarda le regole di nomina delle due figure di rabbino capo ashkenazita e sefardita. La proposta, conosciuta come Stern Law dal nome del deputato di Hatnua che l’ha proposta, ha ricevuto una larga maggioranza (53 i voti favorevoli, solo 14 i contrari) e prevede l’allargamento del comitato incaricato di eleggere i successori di rav Yona Metzger e rav Shlomo Amar (nell’immagine) che si formerà nelle prossime settimane. Attualmente l’assemblea è composta da 150 membri di cui 80 rabbanim, che includono rabbini capo di città e prescelti dal ministro per gli Affari Religiosi, i dayanim (titolo rabbinico superiore che abilita alla funzione di giudice) più anziani del Paese, e 70 rappresentanti del pubblico, tra cui spiccano i sindaci delle 25 principali città, due ministri scelti dal governo, cinque deputati eletti dalla Knesset, dieci cittadini selezionati dal ministro degli Affari religiosi. La riforma prevede che i grandi elettori aumentino di un quarto, raggiungendo i 200, ma soprattutto punta ad assicurare che una significativa percentuale di questi sia costituita da donne, per garantire una maggiore rappresentatività dell’intera società israeliana in una scelta che sull’intera società ha importanti ricadute, dal sistema matrimoniale alle conversioni e alla kasherut.
Il voto segna anche una spaccatura all’interno della formazione di ultra-destra religiosa Habayit Hayehudì: sebbene il partito ufficialmente appoggiasse la nuova legge, solo tre suoi suoi 12 deputati erano presenti in aula e hanno votato a favore: il leader Naftali Bennett, che ricopre anche la carica di ministro degli Affari religiosi, Uri Orbach, e Ayelet Shaked. Ossia quelli che, come sottolinea il quotidiano Haaretz, ne rappresentano l’area più moderata.
Questa situazione riflette una frattura della componente sionista religiosa nella politica israeliana (molti i deputati che vi si richiamano, nelle file di vari partiti) anche su un altro fronte: l’ala più liberal appoggia la candidatura al rabbinato ashkenazita del rav David Stav, a capo dell’organizzazione Modern Orthodox progressista Tzohar, l’ala più conservatrice sostiene invece il rabbino capo di Ramat Gan Yaakov Ariel.

Rossella Tercatin twitter @rtercatinmoked

(23 maggio 2013)

Israele – Rabbinato con il fiato sospeso

Sono tanti i piani che si intrecciano nelle ormai imminenti elezioni per il rinnovo delle cariche di rabbino capo ashkenazita e sefardita d’Israele, in programma per giugno. Al centro del dibattito non sono più infatti semplicemente i nomi dei successori di rav Yona Metzger e rav Shlomo Amar. In gioco è l’intera istituzione del Rabbinato centrale, con alcune proposte di legge per riformare innanzitutto le regole delle elezioni, ma anche altri istituti, tra cui il sistema matrimoniale. Senza contare l’aspetto dei rapporti fra religione e politica, che sin dall’indomani della formazione del governo ha visto la creazione parimenti di alleanze e fratture trasversali agli schieramenti: da una parte la componente che si rifa a un ebraismo Modern Orthodox (datì leumi, sionista religioso, secondo l’espressione ebraica) è sempre più spaccata tra chi desidera ridimensionare il peso politico acquisito dall’ebraismo haredi e chi invece vuole cercare una posizione di compromesso, magari con la nomina di un rabbino datì che non gli risulti comunque sgradito; parallelamente sono le formazioni haredim, e in particolare il sefardita Shas, a giocare le proprie carte per tornare a far sentire la propria voce sul governo israeliano, da cui, per la prima volta da anni, sono rimasti fuori. Il necessario punto di partenza è ancora una volta la Chief Rabbinate Law, la legge che regola il Rabbinato centrale, su cui la Knesset ha lavorato per apportare modifiche fondamentali. Innanzitutto quella di aumentare da 150 a 200 i componenti dell’assemblea elettorale, accrescendo la quota dei membri espressione del pubblico in precedenza fissata a 80 a fronte dei 70 tra rabbini e dayanim. Ma l’elemento più significativo in questo senso, va senz’altro nella previsione che stabilisce in almeno il 20 per cento la presenza femminile all’interno di questo comitato, prima praticamente nulla. Un passaggio volto a garantire una maggiore rappresentatività della società in una istituzione con cui i cittadini israeliani di religione ebraica devono necessariamente, o quasi, avere tutti a che fare. Diversa la natura di quella che è ormai nota come Legge Amar, per consentire al rabbino capo di ricoprire l’incarico per più di un mandato e che permetterebbe a rav Amar di rimanere ancora dieci anni (una legge di cui potrebbe beneficiare anche rav Yisrael Meir Lau, già rabbino capo ashkenazita dal 1993 al 2003, che avrebbe espresso un interesse alla rielezione). Una delle ipotesi più in auge è quella di un accordo per mantenere rav Amar al Rabbinato sefardita, in cambio della nomina di un rabbino sionista religioso a quello ashkenazita. E se fino a un certo punto sembrava che ad avere in tasca la vittoria fosse rav David Stav, guida della organizzazione Modern Orthodox progressista Tzohar, che da anni si batte per riformare l’istituzione del Rabbinato allo scopo di avvicinarlo alla società israeliana, nelle ultime settimane si è fatta strada invece la candidatura di rav Yaakov Ariel, anch’egli parte di Tzohar, ma considerato un conservatore e in forte rivalità con Stav. E poiché con i suoi 76 anni rav Ariel si poneva al di fuori dei limiti di età per la nomina previsti dalla legge (70), alla riforma Amar si dovrebbe aggiungere anche un’altra legge che preveda di innalzare questi limiti. Perno delle dinamiche politiche sembra essere in questo momento il partito di ultradestra Habayt Ha-yehudì, punto di riferimento politico degli abitanti degli insediamenti da una parte, ma anche formazione di stampo dichiaratamente Modern Orthodox dall’altra. Il suo leader Naftali Bennett, ricopre l’incarico di ministro degli Affari religiosi (ed è tra l’altro responsabile della nomina di molti grandi elettori) e sembra trovarsi al bivio. Se decidesse di offrire il suo supporto a rav Stav, dichiaratamente sostenuto anche dai partner di coalizione Hatnua, Yisrael Beytenu e soprattutto Yesh Atid, Bennett assegnerebbe probabilmente un duro colpo non soltanto ai suoi rapporti con i partiti haredim, ma anche con una larga fetta del suo partito. Se invece dovesse optare per rav Ariel, potrebbe riavvicinarsi allo Shas (Amar-Ariel rappresenta anche la coppia di candidati ufficialmente sostenuta dal suo leader spirituale, il novantaduenne rav Ovadia Yosef ), ma rischierebbe di mettere a repentaglio un’alleanza, quella con la formazione centrista di Yair Lapid, grazie a cui tanto Habayit Hayehudì quanto Yesh Atid sono stati in grado di capitalizzare al massimo il risultato elettorale. Tensioni che sono state messe in luce dalla stampa israeliana (se il Jerusalem Post ha parlato di “confusione”, Haaretz provocatoriamente ha usato addirittura il termine di “guerra santa” all’interno del partito) e che sono state testimoniate anche dall’andamento del primo passaggio alla Knesset della legge a proposito dell’allargamento dell’assemblea dei grandi elettori: nonostante il sostegno ufficiale di Habayit Hayehudì, che aveva lavorato alla proposta in commissione con gli alleati di coalizione e in particolare con il ministro dell’istruzione rav Shai Piron di Yesh Atid, solo tre deputati su 12 hanno votato a favore (astenuti gli altri). Nel frattempo, Bennett lavora a una proposta di legge, la Tzohar Law, per riformare appunto il sistema matrimoniale, uno dei pilastri del rabbinato centrale maggiormente criticato. Tanti dunque i temi in gioco. Che non lasciano dubbi sul fatto che queste nuove elezioni israeliane saranno per il paese rilevanti almeno quanto quelle politiche dello scorso gennaio.

Rossella Tercatin, Pagine Ebraiche giugno 2013

(28 maggio 2013)

Gli ebrei-per-metà-con-la-metà-sbagliata sono trattati dagli ebrei-interi e dagli ebrei-con-la-metà-giusta in modo simile a come gli ebrei-interi o con-qualsiasi-metà sono trattati dai goym.
Insomma, gli ebrei-per-metà-con-la-metà-sbagliata sono vittime, da una parte, di antisemitismo e, dall’altra, di anti-semi-semitismo. Poveretti, non vanno bene proprio a nessuno…

Laura Salmon, slavista

Israele – Rabbinato, rav Stav allarga il consenso

Habayit Hayehudi ha ufficialmente offerto il proprio supporto alla candidatura di rav David Stav al posto di rabbino capo ashkenazita di Israele. La decisione sembra porre fine a mesi di incertezza politica circa la posizione del partito di ultradestra religiosa guidato da Naftali Bennett in bilico tra la volontà di riaffermare la centralità dell’ebraismo sionista modern orthodox, cui la formazione si richiama, e quella di ricucire i numerosi strappi con i partiti haredim, Yahadut HaTorah e soprattutto Shas, che rimangono comunque le uniche altre forze della Knesset ufficialmente di ispirazione religiosa. Rav Stav, alla guida di Tzohar, organizzazione ebraica modern orthodox che si batte per un rinnovamento delle istituzioni rabbiniche nel senso di una maggiore vicinanza alle esigenze della gente, aveva in precedenza già ricevuto l’endorsement di Yesh Atid, Hatnua, Yisrael Beytenu, Labor, ma non del Likud, che al momento tace. Qualche dubbio però rimane. Da un lato non è chiaro quanto il partito appoggi effettivamente il suo leader Bennett in questa scelta, dall’altro, sono ancora molti i nodi da sciogliere per capire chi potranno essere effettivamente i candidati all’elezione, prevista entro la fine del mese (anche se una data ufficiale non è ancora stata stabilita), e chi andrà a selezionarli.
Sono molte infatti in questi giorni le proposte di riforma alla Chief Rabbinate Law (la legge che tra l’altro regola le elezioni dei rabbini capo) a essere in discussione alla Knesset, in una girandola di colpi di scena e veti incrociati.
Fondamentale da questo punto di vista è senz’altro la sorte del cosiddetto “Amar Bill”, l’emendamento che consentirebbe a un rabbino capo di servire per più mandati e che rappresenta uno snodo fondamentale per permettere la rielezione dell’attuale detentore del rabbinato sefardita Shlomo Amar. L’ipotesi di un accordo per eleggere da un lato un riformatore come Stav e dall’altro una figura di continuità come Amar è stata a lungo in auge. Apparentemente tramontato in seguito alla candidatura di un altro rabbino sionista religioso ma più conservatore e vicino ai haredim, Yaakov Ariel, l’accordo Amar-Stav sembra di nuovo in pole position. Per rendere possibile l’elezione di rav Ariel, sarebbe stato infatti necessario alzare il limite di età attualmente previsto nella Chief Rabbinate Law (70 anni, a fronte dei 76 di Ariel). Ma la proposta di emendamento è stata improvvisamente ritirata dalla discussione nell’apposita commissione dal deputato di Habayit Hayehudi che l’aveva presentata Zvulun Kalfa, ufficialmente perché non riteneva avrebbe raccolto sufficienti consensi. Ha invece ottenuto la prima approvazione parlamentare la legge Amar.
Tuttavia, le acque sono rimaste agitate, a causa di una spaccatura che, secondo quanto riportato dalla stampa israeliana, si sarebbe consumata proprio all’interno del rabbinato sefardita e del partito che ne rappresenta il braccio politico, lo Shas. Il leader spirituale dello Shas, già a sua volta rabbino capo, Ovadia Yosef, si sarebbe opposto infatti a qualsiasi accordo sul nome di rav Stav, diffidando rav Amar dall’agire in questo senso. Ma anche questa controversia potrebbe nelle ultime ore essersi appianata: il prezzo politico sarebbe rappresentato dal procurato fallimento della legge Stern, già approvata preliminarmente dalla Knesset, che avrebbe dovuto riformare il comitato dei grandi elettori chiamati a selezionare i due rabbini capo. L’assemblea avrebbe dovuto passare da 150 a 200 membri, aumentando la quota di rappresentanti del pubblico (attualmente fissata in 80, a fronte di 70 rabbanim) e assicurando una presenza femminile per almeno il 20 per cento. Habayit Hayehudi, inizialmente incline ad appoggiare la riforma, ha invece deciso di apporvi il veto, accontentando Shas e promettendo contemporaneamente di selezionare solo donne per le nomine che le sono affidate (Bennett detiene il Ministero degli Affari religiosi che è incaricato di scegliere molti dei grandi elettori). E così la strada per il duo Amar-Stav potrebbe essere spianata. Salvo ulteriori colpi di scena. Come per esempio la candidatura di un rabbino dal lignaggio importante, rav David Lau, figlio di rav Yisrael Meir Lau, già rabbino capo di Israele e attuale rabbino capo di Tel Aviv, che starebbe “considerando seriamente di correre”, secondo quanto svela Haaretz. Oppure dall’intervento nel dibattito del premier Benjamin Netanyahu. Il Likud si è finora astenuto dall’assumere un ruolo di protagonista nel confronto. Ma se dovesse decidere di entrarci, come partito di maggioranza della Knesset, potrebbe davvero sparigliare tutte le carte. Ancora una volta.

Rossella Tercatin twitter @rtercatinmoked

(6 giugno 2013)

Israele – Donne per legge nella selezione dei giudici delle corti rabbiniche

Stringono i tempi per selezionare i nuovi rabbini capo di Israele ashkenazita e sefardita e dunque anche per approvare le proposte di modifica alle regole delle elezioni. Il consigliere legale della Knesset Eyal Yinon ha gettato un’ombra sulla possibilità di rieleggere per un secondo mandato rav Shlomo Amar, suggerendo che, anche qualora la necessaria riforma dell’attuale Chief Rabbinate Law passasse in tempo, sarebbe comunque illegale darle applicazione così a ridosso della nomina. Nel frattempo però un’altra importante riforma è entrata in vigore: è stata approvata la proposta di legge che prevede una presenza femminile obbligatoria nella Commissione incaricata di nominare i giudici dei Tribunali rabbinici (ruolo da cui le donne restano escluse). Il gruppo passerà così da dieci a undici membri, di cui almeno quattro donne.
Fortissima l’opposizione dei deputati dei partiti haredim, grande invece la soddisfazione delle parlamentari firmatarie della proposta, Aliza Lavie di Yesh Atid (nell’immagine insieme al ministro della Giustizia Tzipi Livni), Shuli Muallem di Habayit Hayehudì e la leader di Meretz Zahava Gal-On “Siamo di fronte all’inizio di un processo per porre rimedio alla discriminazione contro le donne che esiste oggi nel sistema delle corti rabbiniche – ha sottolineato Lavie – La varietà di visioni e background nella Commissione di selezione condurrà alla nomina di giudici più moderati e attenti, più coinvolti in quella che è la società israeliana nel 2013”.
La legge prevede che debba essere necessariamente donna almeno uno dei rappresentanti nella Commissione nominato dalla Knesset, dal governo e dalla Israel Bar Association. L’undicesimo membro dovrà essere invece un avvocato donna abilitato a discutere i casi di fronte al Bet Din e di grande esperienza.

Rossella Tercatin twitter @rtercatinmoked

(12 giugno 2013)

Israele – Il 24 luglio le elezioni per il Rabbinato. Si allontana il rinnovo dell’incarico per rav Amar

Si terrà il prossimo 24 luglio la nomina dei nuovi rabbini capo di Israele ashkenazita e sefardita. A darne l’annuncio è il Jerusalem Post, che fotografa anche il rapido rivolgimento della situazione sul fronte dei possibili candidati. Dopo che alcuni giorni fa, la proposta di riforma della Legge sul Rabbinato centrale per aumentare il limite di età attualmente fissato a 70 anni e consentire la candidatura dell’ashkenazita rav Yaakov Ariel, è stata ritirata dal suo stesso firmatario, il deputato di Habayit Hayehudì Zvulun Kalfa, il destino sembra ormai essere segnato anche per un altro progetto legislativo, quello finalizzato a permettere ai rabbini capo di servire per più di un mandato. Il cosiddetto Amar Bill, che doveva assicurare la rielezione dell’attuale guida del Rabbinato sefardita Shlomo Amar, è stato infatti privato del sostegno dello stesso partito che lo aveva proposto e che per esso combatteva, lo Shas, che dell’ebraismo sefardita rappresenta il braccio politico. I suoi deputati sono riusciti, attraverso manovre parlamentari, a evitare che l’emendamento venisse votato dalla Knesset negli scorsi giorni, nonostante avesse già ricevuto l’approvazione dell’apposita Commissione. E per rav Amar dunque la corsa si complica terribilmente, perché con la Corte suprema che ha ingiunto al governo israeliano di non rimandare oltre le nuove nomine (originariamente previste per fine marzo, poi posticipate a causa della concomitanza con la formazione del governo), il fattore temporale diventa essenziale. Il comitato dei 150 grandi elettori incaricati di eleggere i rabbini dovrebbe essere formato entro l’inizio della prossima settimana. E da quel momento non sarà più possibile apportare alcuna modifica alle procedure elettorali.
Ma che quali sono le ragioni alla base di questo drastico cambiamento di vedute da parte di Shas? E soprattutto, con rav Amar fuori dai giochi, chi potrebbe prendere il suo posto? A segnare la nuova rotta nel partito sefardita haredi è stata la volontà del suo leader spirituale, il novantaduenne, già egli stesso rabbino capo in passato, Ovadia Yosef, che non ha approvato la volontà di rav Amar di cercare con le altre forze politiche, e in particolare con Habayit Hayehudì, ultra destra che si richiama esplicitamente all’ebraismo modern orthodox, un accordo che garantisse la sua rielezione insieme alla nomina dell’ashkenazita rav David Stav, sionista religioso e fondatore dell’organizzazione Tzohar, che si batte per un rabbinato più vicino alle esigenze della gente e che rimane attualmente il favorito per la posizione, avendo ricevuto l’endorsement ufficiale di Yesh Atid, Labor, Habayit Hayehudì, Yisrael Beytenu e Hatnua.
Così, il quotidiano liberal Haaretz fa notare come l’elezione per il Rabbinato sefardita si trasformi in questo modo in un probabile affare di famiglia per lo Shas. I contendenti principali potrebbero infatti essere tre dei figli dello stesso Ovadia Yosef, Avraham, Yitzhak e David, poi ancora Yehuda Deri, fratello dell’attuale capo del partito Aryeh Deri, e Binyamin Atias, fratello dell’ex ministro della Casa Ariel Atias, che aveva fatto parte del triumvirato scelto per guidare lo Shas alle elezioni di gennaio da rav Yosef insieme a Deri ed Eli Yashi, prima che la leadership tornasse definitivamente a Deri. A contrapporsi a loro, come rappresentante dell’ebraismo nazional-religioso, potrebbe essere inoltre il figlio dell’ex rabbino capo Mordechai Eliyahu, Shmuel, che però viene considerato in molti ambienti decisamente troppo di destra dal punto di vista politico.
Alla finestra, per ora, rimane il Likud, con il premier Benjamin Netanyahu. Secondo le indiscrezioni, il primo ministro continuerebbe ad auspicare una rielezione di rav Amar insieme alla nomina di un altro rabbino dal cognome illustre: David Lau, figlio dell’ex rabbino capo d’Israele Yisrael Meir Lau, attuale rabbino capo di Tel Aviv.
Confronti, dibattiti e ipotesi di alleanze proseguono. Una sola sembra essere la certezza: l’appuntamento sarà fondamentale per dare forma al presente, ma soprattutto al futuro, dell’identità ebraica in Israele.


Rossella Tercatin
@rtercatinmoked

(14 giugno 2013)

Israele – Rabbinato, il tempo delle scelte

Alla fine c’è voluta un’ingiunzione della Corte suprema israeliana al governo per evitare un ulteriore slittamento delle elezioni dei nuovi rabbini capo ashkenazita e sefardita. Già posticipate rispetto alla scadenza naturale del mandato di rav Yona Metzger e rav Shlomo Amar lo scorso marzo a causa della concomitanza con la nascita del nuovo esecutivo, la corsa alle nomine si è fatta così politicamente ingarbugliata che continuare a rimandare pareva la via più semplice per cercare di cucire le alleanze necessarie ed evitare strappi. Rimandare però non era più possibile, e non soltanto per la decisione dei giudici. A rendere urgente il rinnovo soprattutto la necessità di far uscire il rabbinato, come istituzione, da un angolo stretto tra vicende politiche e rapporti tormentati. Senza contare l’impatto delle vicende giudiziarie che hanno coinvolto rav Metzger. Così all’inizio di giugno le elezioni sono state fissate, secondo quanto ha riferito il Jerusalem Post, per l’ultima settimana di luglio. Una decisione che ha scritto definitivamente la parola fine sui vari progetti di modifica della Chief Rabbinate Law, la legge fondamentale che stabilisce requisiti e procedure da seguire nelle nomine, in realtà già precedentemente affossati da veti incrociati e alleanze tradite. A ritirare il proprio appoggio al cosiddetto “Amar Bill” per consentire a un rabbino capo di servire per più di un mandato (permettendo la rielezione di rav Amar) è stato lo stesso braccio politico del rabbinato sefardita, il partito haredi Shas, su indicazione del proprio capo spirituale: il novantaduenne rav Ovadia Yosef non ha infatti mandato giù l’accordo concluso tra rav Amar e rav David Stav, candidato ashkenazita, fondatore dell’organizzazione Modern Orthodox progressista Tzohar e autore di una forte campagna per riportare l’istituzione del rabbinato vicino alle esigenze della società israeliana. Offrendogli il suo supporto, rav Amar ha perso la benedizione di rav Yosef, che contro Stav ha lanciato accuse durissime, definendolo un uomo malvagio, con alcuni giovani haredim che nei giorni seguenti hanno aggredito il rabbino durante un matrimonio, in un clima sempre più incandescente. Non ha avuto sorte più fortunata della legge Amar la riforma dell’assemblea incaricata di scegliere i due rabbini, che si voleva aumentare di 50 grandi elettori, prevedendo una presenza femminile pari almeno al 25 per cento. Partita come proposta trasversale, con il sostegno di Habayit Hayehudi, Yesh Atid, Yisrael Beytenu, Hatnua e Labor, la legge era stata approvata dalla Knesset in via preliminare all’inizio di giugno, causando però una profonda rottura all’interno della formazione di ultradestra nazional-religiosa e un grave imbarazzo al suo leader Naftali Bennett. Le indicazioni di votare a favore della legge sono state infatti seguite solo da tre dei 12 parlamentari, fuori dall’aula gli altri. E così, anche nel tentativo di una riconciliazione con i partiti haredim, fermamente contrari alla proposta, Habayit Hayehudi ha deciso di porre il veto alla riforma. Il comitato è pertanto rimasto composto dagli attuali 150 membri, di cui 80 rabbini di diritto e 70 rappresentanti del pubblico, con esponenti dei partiti haredim Shas e Yahadut HaTorah a fare la parte del leone e pochissime donne coinvolte. Nulla di fatto anche per l’emendamento alla legge sul rabbinato per innalzare il limite massimo di età dagli attuali settant’anni, che avrebbe permesso la candidatura del 76enne rabbino ashkenazita Yaakov Ariel, visto di buon occhio dal settore più conservatore dell’ebraismo Modern Orthodox, ma anche da rav Ovadia Yosef. E così, usciti di scena molti candidati di rilievo, a poche settimane dal voto l’incertezza rimane alta. Rav Stav, nonostante l’endorsement ufficiale di Habayit Hayehudi, Yesh Atid, Yisrael Beytenu, Labor e Hatnua, esce indebolito dalla mancata riforma del comitato elettorale nonché dalla discesa in campo di un altro candidato considerato molto quotato: rav David Lau, il figlio del rabbino capo di Tel Aviv (e guida del Rabbinato centrale dal 1993 al 2003) Yisrael Meir Lau, che raccoglie il sostegno di molti nel mondo haredì (nonché quello, secondo le indiscrezioni, del premier Netanyahu, che finora è rimasto in silenzio). Nella competizione anche rav Yaakov Shapira, esponente dell’ala nazionalreligiosa conservatrice, considerato vicino a rav Ovadia Yosef e a sua volta figlio dell’ex rabbino capo d’Israele Avraham. Un forte punto di domanda permane anche sulla corsa al rabbinato sefardita. Per molto tempo, la rielezione di rav Amar è stata considerata quasi scontata. Ora sembra che i principali contendenti siano due dei figli dello stesso rav Ovadia, Avraham e Yitzhak Yosef, con il primo leggermente favorito rispetto al secondo per ragioni di anzianità e perché quest’ultimo è già in lizza per il posto di rabbino capo di Gerusalemme. Tra i candidati anche il rabbino capo di Tzfat Shmuel Eliyahu, figura controversa per le sue prese di posizione contro gli arabo-israeliani e rav Ratzon Arusi, rabbino capo di Kiryat Ono e leader della comunità di origine yemenita.

Rossella Tercatin, Pagine Ebraiche luglio 2013

(8 luglio 2013)

Israele – Rabbinato, una candidatura controversa

Mancano pochi giorni al momento in cui l’assemblea elettorale di 150 membri chiamata a scegliere i nuovi rabbini capo di Israele ashkenazita e sefardita si riunirà per la prima volta. Per mesi l’attenzione si è concentrata soprattutto sugli esiti della corsa al rabbinato ashkenazita, con l’innovativa campagna condotta da rav David Stav, guida dell’organizzazione Modern Orthodox progressista Tzohar, le prese di posizione dei vari partiti politici israeliani, le reazioni dell’ebraismo haredì, che da diversi anni esercita un’influenza predominante sul rabbinato centrale. Negli ultimi giorni invece al centro del dibattito è la candidatura al rabbinato sefardita di rav Shmuel Eliyahu, rabbino capo di Zfat, e autore, nel corso del suo incarico, di diverse affermazioni e responsa halakhici considerati discriminatori nei confronti dei cittadini arabo-israeliani. Una scelta che ha suscitato profonde polemiche, al punto che la sua legittimità verrà discussa dalla Corte suprema israeliana in un’udienza fissata per il 22 luglio, a soli due giorni dall’inizio delle procedure elettorali, e che è già stata criticata, tra gli altri, dal procuratore generale d’Israele Yehuda Weinstein. Proprio a una lettera indirizzata a Weinstein rav Eliyahu ha affidato la sua difesa, spiegando che le accuse si riferiscono a frasi estrapolate dal contesto, male interpretate, o non riconducibili direttamente a lui. Nel frattempo però la mediatizzazione della vicenda (contro la candidatura di rav Elyahu si sono alzate numerose voci, compresa quella del direttore esecutivo dell’American Jewish Committee David Harris “Anche se normalmente l’AJC non commenta i fatti legati alle elezioni israeliane, compresa la nomina dei rabbini capo, le dichiarazioni intolleranti di rav Elyahu ci obbligano a parlare. Ci uniamo a coloro che hanno lanciato l’avvertimento di come la sua nomina per una delle due più importanti cariche rabbiniche nel paese si rivelerebbe disastrosa”) sembra aver dato slancio al nome del rabbino, cui si contrappone rav Yitzhak Yosef, (figlio del leader spirituale dell’ebraismo sefardita di Israele Ovadia) e rav Tzion Boaron, giudice della Corte suprema rabbinica. Per il rabbinato ashkenazita, oltre a rav Stav, hanno presentato la propria candidatura il rabbino capo di Modiin rav David Lau, figlio dell’ex rabbino capo d’Israele Yisrael Meir Lau, e rav Yaakov Shapira, figlio dell’ex rabbino capo Avraham Shapira e capo della yeshiva Merkaz Harav.

(17 luglio 2013)

Israele – Dieci candidati per il Rabbinato

Scaduti i termini per presentare la candidatura all’incarico di rabbino capo d’Israele: sono dieci i nomi, quattro per il Rabbinato ashkenazita e sei per quello sefardita. In questa rosa i 150 grandi elettori dell’assemblea appositamente costituita saranno chiamati a compiere, nel segreto dell’urna, la propria scelta per i sostituti di Yona Metzger e Shlomo Amar (nell’immagine)
Nessuna sorpresa dell’ultimo minuto tra gli ashkenaziti: in corsa sono David Stav, Eliezer Igra, Yaakov Shapira e David Lau. Ai quattro candidati sefarditi già annunciati, Yitzhak Yosef, Yehuda Deri, Shmuel Eliyahu, Zion Boaron, si sono aggiunti Eliyahu Abergel e Ratzon Arusi.

David Stav, 53 anni, guida l’organizzazione Modern Orthodox (o nazional-religiosa) Tzohar. La promessa di riavvicinare l’istituzione del Rabbinato alla società israeliana ha caratterizzato la sua campagna elettorale, che ha avuto grande impatto mediatico anche in seguito ai durissimi attacchi che il rav ha ricevuto da parte di rappresentanti dell’ebraismo haredi. Ad appoggiare rav Stav sono stati, tra gli altri, tutti i partiti della coalizione di governo tranne il Likud, oltre che il Labor.

Eliezer Igra, 59 anni, è un giudice dell’Alta Corte rabbinica di Gerusalemme. Anche lui rappresentante del mondo nazional-religioso, dove il suo nome ha riscosso un buon consenso, non è tuttavia considerato fra i candidati più quotati.

David Lau, 47 anni è rabbino capo di Modiin e figlio di Yisrael Meir Lau, già rabbino capo di Israele tra il 1993 e il 2003. Di formazione haredi, rav Lau ha ricevuto tra gli altri l’appoggio del leader dell’ebraismo sefardita di Israele rav Ovadia Yosef e spera di ricevere quello del Likud e di Benjamin Netanyahu, che al momento non si è pronunciato sulle elezioni.

Yaakov Shapira, 63 anni, guida la Yeshiva Mercaz Harav Yeshiva. È figlio dell’ex rabbino capo di Israele Avraham Shapira. È considerato il candidato più rappresentativo del mondo haredi.

Shlomo Zion Boaron, 68 anni, è giudice della Corte suprema rabbinica. È il candidato appoggiato dall’attuale rabbino capo sefardita Shlomo Amar.

Yehuda Deri, 55 anni, è rabbino di Beersheva. È il fratello del leader politico del partito sefardita haredi Shas Aryeh Deri.

Shmuel Eliyahu, è l’attuale rabbino capo di Tzfat. La sua candidatura è al centro di una forte controversia a causa di ripetute affermazioni discriminatorie nei confronti dei cittadini arabo-israeliani.

Yitzhak Yosef, 61 anni, ha lavorato in diverse comunità e yeshivot. È il sesto figlio del leader spirituale dell’ebraismo sefardita Ovadia Yosef e il candidato da lui prescelto.

Ratzon Arusi è il rabbino capo di Kiryat Ono e oltre alla semichah rabbinica ha un dottorato in legge. È di origine yemenita.

Eliyahu Abergel, 65 anni, già giudice della Corte rabbinica di Gerusalemme, attualmente guida una yeshivah ed è il rabbino di riferimento di uno dei quartieri della città.

(21 luglio 2013)

Israele – Rabbinato, oggi le elezioni

L’assemblea elettorale incaricata di eleggere i nuovi rabbino capo ashkenazita e sefardita di Israele si è riunita a Gerusalemme. L’annuncio dei successori di rav Yona Metzger e rav Shlomo Amar dovrebbe arrivare già in serata. I 150 componenti del comitato, 80 rabbini e 70 membri laici, sceglieranno a scrutinio segreto un candidato per ciascuna posizione. Per l’istituzione ashkenazita in corsa David Lau, rabbino capo di Modiin e figlio dell’ex rabbino capo di Israele Yisrael Meir Lau, Yaakov Shapira, capo della Yeshiva Mercaz, e David Stav, guida dell’organizzazione Modern Orthodox progressista Tzohar; tra i sefarditi il rabbino capo di Tzfat Shmuel Eliyahu, Yitzhak Yosef già a capo della yeshiva Hazon Ovadia e figlio del leader spirituale dell’ebraismo sefardita Ovadia, Zion Boaron, giudice dell’Alta Corte rabbinica e Ratzon Arusi, rabbino capo di Kiryat Ono (ritirate a poche ore dalle elezioni le candidature di Eliezer Igra, Yehuda Deri e Eliyahu Abergel, mentre la Corte suprema israeliana ha rigettato la richiesta di escludere dalla competizione rav Eliyahu, autore in passato di affermazioni discriminatorie nei confronti dei cittadini arabo-israeliani).
Nel frattempo, la stampa israeliana fa notare come questa potrebbe essere l’ultima volta che vengono nominati due rabbini capo: il ministro degli Affari religiosi Naftali Bennett, leader di Habayit Hayehudì, e il ministro della Giustizia Tzipi Livni, a capo di Hatnua, hanno inviato nelle scorse ore una lettera ai candidati annunciando la loro intenzione di unificare le due posizioni, come già recentemente proposto da esponenti del Likud. Una proposta che arriva al termine di quella che gli osservatori hanno definito la campagna per il Rabbinato più sofferta e dibattuta di sempre.

Rossella Tercatin twitter @rtercatinmoked

(25 luglio 2013)

Israele – Portano un nome che non è nuovo i neoeletti rabbini capo Lau e Yosef

Sono David Lau e Yitzhak Yosef i nuovi rabbini capo ashkenazita e sefardita d’Israele. A eleggerli, un’assemblea composta da rabbini e rappresentanti del pubblico. Entrambi hanno conquistato 68 voti sui 147 votanti, entrambi sono figli di precedenti rabbini capo, rispettivamente Yisrael Meir Lau e Ovadia Yosef. Rav Lau, 47 anni, ricopriva l’incarico di rabbino capo di Modiin, rav Yosef ha diretto la Yeshiva Hazon Ovadia. Tra le numerose reazioni a quella che è stata da più parti definita la più drammatica e lacerante campagna per il rinnovo del Rabbinato della storia di Israele, si segnalano anche quella di istituzioni ebraiche della Diaspora, tra cui l’American Jewish Committee (AJC), che ha rivolto un appello a rav Lau e rav Yosef per il rilancio dell’istituzione del Rabbinato. “L’AJC sottolinea l’importanza di trasformare l’ufficio nel senso di esercizio di autorità morale invece che coercitiva – si legge nel testo, in cui vengono segnalate le numerose criticità delle funzioni del Rabbinato, dal matrimonio alle conversioni, e l’impatto delle sue decisioni sull’ebraismo mondiale. “Le elezioni di oggi – conclude – offrono un’opportunità di intraprendere passi importanti nel rendere il Rabbinato più consono ai valori umanistici del popolo ebraico. E’ nostro fervente desiderio e speranza che sia rav Lau sia rav Yosef possano rilanciare la dignità dell’incarico, offrire leadership spirituale, e mettersi al servizio dei bisogni delle diverse anime della società israeliana”.

(25 luglio 2013)

rabbini…

Sono rav David Lau e rav Yitzhak Yosef i nuovi rabbini capo ashkenazita e sefardita d’Israele. A eleggerli un’assemblea composta da rabbini e rappresentanti del pubblico. Entrambi hanno conquistato 68 voti sui 147 votanti, entrambi sono figli di precedenti rabbini capo, rispettivamente Yisrael Meir Lau e Ovadia Yosef. Mi auguro che non seguano le orme dei rabbini uscenti e che non si limitino a seguire le orme dei loro padri, ma che invece diano nuovo slancio vitale per un ebraismo etico con grande audacia di spirito e spessore morale.
Considerare l’ebraismo solo sotto l’aspetto pratico normativo vuoi dire spegnere la sua luce.

Paolo Sciunnach, insegnante

(25 luglio 2013)

progetti…

Anche Mosè aveva sperato/immaginato per i suoi figli il ruolo di successori nella guida del popolo. Ma questo non coincideva con il progetto di Dio, che invece indicò in Giosuè l’uomo più adatto a portare a compimento il percorso iniziato. Mai sapremo quali siano stati i progetti divini per il rabbinato di Israele.

Benedetto Carucci, rabbino

(28 luglio 2013)