acqua…
Il rapporto del popolo ebraico con Moshè è segnato da due analoghe contestazioni riconducibili alla mancanza di acqua. La prima ribellione per l’acqua avviene quando il popolo è appena uscito dall’Egitto (Shemot capitolo 17, la seconda in Bemidbar capitolo 20) alla vigilia dell’ingresso in Eretz Israel. Se nella prima circostanza è stato sufficiente percuotere la roccia con la verga per far sgorgare l’acqua, nella seconda storia a Moshè viene richiesto di parlare alla roccia. Moshè, viceversa, sembra preferire la coazione a ripetersi riproponendo la stessa formula con cui ha agito quasi 40 anni prima. Batte la roccia da cui esce l’acqua e per questo motivo viene sentenziata la fine della sua leadership. A un leader non è concesso riciclarsi; deve invece comprendere che le modalità con cui gestisce una comunità in un certo momento non possono funzionare automaticamente in un altro periodo storico. Anche Moshè deve trovare nuove forme di comunicazione per tentare di far emergere ciò che è fluido come l’acqua da ciò che è duro e immobile come una roccia. Ci sono momenti in cui un leader deve bacchettare e altri in cui è indispensabile parlare alla propria comunità.
Roberto Della Rocca, rabbino
(18 giugno 2013)