Il gigante malato
Presi, come siamo, da altri ordini di priorità, a partire dall’intricata situazione siriana, non ci stiamo rendendo conto che il gigante mediterraneo, l’Egitto, si trova ai limiti del collasso economico. La questione non rimanda solo ai precari equilibri interni ma soprattutto agli effetti regionali dei malesseri di un paese le cui scelte hanno fatto sempre la differenza in tutto il Medio Oriente. In questi mesi, quindi, gli Stati vicini hanno dovuto mettere mano ai portafogli, attivando una politica di aiuti. Così la Libia, che ha garantito un prestito di due miliardi di dollari a interessi zero; il Qatar, che ad aprile ha concesso un altro prestito per tre miliardi, che vanno a sommarsi a quelli già offerti in precedenza; l’Algeria e, ancora una volta, la Libia, che offrono al Cairo gas butano e petrolio a prezzo calmierato. Gli organismi internazionali sono a loro volta chiamati in causa. Il Fondo monetario internazionale dovrebbe intervenire a breve. Tuttavia, l’Egitto non può sospendere la politica di sussidi popolari sui prezzi di alcuni beni di prima necessità, come il pane e i combustibili, pena la sollevazione delle piazze. In realtà, come sempre accade in queste circostanze, gli aiuti non sono mai disinteressati. Un primo obiettivo è quello di evitare che gli effetti delle implosioni interne ricadano sui paesi limitrofi. Un secondo aspetto riguarda le complesse partite geopolitiche che alcuni attori stanno portando avanti nel Maghreb. Le quali rinviano, ancora una volta, allo scenario siriano, in costante evoluzione. Quel che è certo è che la transizione nel dopo Mubarak non ha garantito alcun assestamento, aprendo semmai un periodo di fortissime tensioni, a tutt’oggi più che mai evidenti.
Claudio Vercelli, Pagine Ebraiche giugno 2013
(23 giugno 2013)