La rete e la voce delle donne
Sulla mia pagina Facebook è comparso un articolo di Gheula Canarutto Nemni, un’ebrea milanese ultra-ortodossa (haredith). Rispondendo alla femminista Barbra Streisand, Gheula cerca, dal suo blog, di smontare i pregiudizi sul ruolo della donna nel mondo degli ebrei “neri”. Pochi giorni fa, per puro caso, ho incontrato a Gerusalemme un’altra ragazza ebrea, americana, Allison Josephs, fondatrice e animatrice del blog/gruppo “Jew in the city”, fortunato esperimento di informazione digitale sul mondo haredi. Allison sfrutta la pervasività della rete per smontare pregiudizi, segnalare tic linguistici, mostrare al mondo una realtà contraddittoria.
Non voglio entrare nel merito della discussione. La società israeliana mi pare matura per una riflessione approfondita sui diritti e i doveri degli ultra-ortodossi, ed è auspicabile che in questo contesto si possa riflettere proficuamente sul ruolo della donna. Vorrei concentrarmi sul mezzo. É interessante che queste due donne abbiano scelto internet (social network, blog, ecc.) per veicolare un messaggio personale ma anche generale, e decisamente tradizionalista. La comunicazione più moderna viene messa al servizio di valori che molti considerano arcaici e da superare.
Domenica scorsa Gianroberto Casaleggio, guru del grillismo, ha rilasciato una lunga intervista, dove spiegava le sue teorie sulla civiltà digitale. Internet può servire a scopi diametralmente opposti: favorire una progressiva democratizzazione dal basso (assai problematica!) grazie alla trasparenza e nuove opzioni partecipative; ma al tempo stesso può consentire una società orwelliana in cui il controllo è potenziato dalla tecnologia digitale e dall’enorme quantità di dati disponibili e dove anche le falsità possono essere presentate come assolutamente vere. Uno strumento eccezionale come internet, in altre parole, è funzionale tanto al “bene” quanto al “male”, anche per via della nostra difficoltà a orientarci nella massa di informazioni disponibili. Si tratta di una sfida cruciale: sfruttare gli stimoli inesauribili della rete senza compromettere la nostra facoltà di giudizio, quella che ci permette di separare il positivo dal negativo.
Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas, twitter: @tobiazevi
(25 giugno 2013)