Il tempo festivo
Ogni anno, quando si tratta di fissare il calendario degli orali per gli esami di Stato, mi chiedo con trepidazione come reagiranno i miei colleghi alla richiesta di fermarci di sabato. C’è chi è un po’ dispiaciuto per le vacanze rimandate di uno o due giorni, chi invece è contento di aver guadagnato uno o due weekend interi da trascorrere con la famiglia. Comunque sia, le mie richieste sono sempre accolte con rispetto (anche se forse ritenute un po’ strane). Questo a volte mi fa sentire in colpa perché invece quasi sempre si lavora il 24 giugno nonostante la festa del santo patrono della città, che pure a Torino è molto sentita. Curiosamente, invece, ricordo che quando insegnavo alla scuola ebraica San Giovanni veniva rispettato quasi sempre. Non certo per venire incontro agli alunni cattolici che, abituati da otto o undici anni ad andare a scuola l’1 novembre, l’8 dicembre o il lunedì di Pasquetta, certo non avrebbero avuto problemi a presentarsi per gli orali dell’esame di terza media il 24 giugno. Ci si fermava per rispetto dei colleghi cattolici e dei commissari esterni che venivano a presiedere agli esami. Si potrebbe supporre con un po’ di malizia che ci fossimo inventati un pretesto per stare a casa in un giorno che per tutta la città era festivo, ma in realtà credo che il motivo fosse un altro: l’abitudine a dare per scontata la sacralità del tempo festivo ci porta naturalmente a un maggiore rispetto per le feste di tutti. Per noi ebrei il tempo sacro e il tempo profano, kodesh e khol, sono ben distinti ed è impossibile scambiarli: se entra Shabbat o moed ci si ferma, senza se e senza ma. Nelle scuole pubbliche, invece, le feste religiose cattoliche sono tendenzialmente sacre ma con eccezioni accettate e riconosciute da tutti (gli esami, partenze e ritorni dalle gite scolastiche, ecc.). Alla scuola ebraica il nostro rispetto senza eccezioni per le nostre festività aveva abituato i colleghi cattolici a rispettare le proprie, mentre nelle scuole pubbliche a volte sembra che i doveri degli insegnanti debbano passare sopra a qualunque altra cosa. Per questo, tutto sommato, forse il mio rispetto per il sabato può essere salutare per tutti, perché aiuta a ricordare che gli esami e gli altri impegni scolastici sono importanti ma non sono sacri.
Anna Segre, insegnante
(28 giugno 2013)