Torino – Beppe Segre: “Vi racconto
i nostri primi due anni in Consiglio”
“Un grandissimo lavoro, tanto impegno, tanta fatica”. Beppe Segre, presidente della Comunità ebraica di Torino, ripercorre per i nostri lettori sfide e criticità dei primi due anni di mandato.
Due anni da presidente. Quale il bilancio di questa esperienza?
Un grandissimo lavoro, tanto impegno, tanta fatica.
Per quanto riguarda la gestione amministrativa, stiamo lottando contro la crisi economica e finanziaria: ai tradizionali deficit di esercizio per i servizi più importanti (Casa di Riposo e Scuola), si aggiungono i maggiori oneri per le tasse, il sostanziale azzeramento dei contributi dalla Pubblica Amministrazione, la necessità di effettuare pesanti e indifferibili interventi di manutenzione straordinaria su immobili vecchi, la crisi economica generale che aumenta il numero delle persone che richiedono l’aiuto dell’Assistenza e deprime il gettito da contributi e l’affitto dagli inquilini: l’insieme di tutti questi elementi rende la situazione di bilancio estremamente critica.
Abbiamo avviato una serie di provvedimenti per il controllo rigoroso di ogni spesa, la trasparenza amministrativa, la concorrenza tra i fornitori, per la gestione ottimale del patrimonio.
Per la Casa di Riposo si sta avviando un progetto di ristrutturazione edilizia e di accordo con una cooperativa sociale specializzata, che nel giro di 2 anni dovrà cambiare la situazione; sull’area scolastica stiamo facendo ogni sforzo per sensibilizzare le famiglie su quali sono i costi effettivi del servizio e per sollecitare una equa partecipazione alle spese.
D’altro canto però dobbiamo affrontare spese per attività che non possono essere rimandate: l’adeguamento alle normative della sicurezza, la formazione del personale, la manutenzione straordinaria degli immobili, e tutti ben sappiamo quanto una grande attenzione alla manutenzione sia necessaria per gli immobili, e così via.
Qualche risultato, nonostante la severità della crisi, si è raggiunto, il trend della spesa si è invertito: il bilancio consuntivo, al lordo delle imposte e al netto della variazione Titoli, è migliorato di circa 290mila euro, passando da –550mila euro nel consuntivo 2011 a –260mila euro nel consuntivo 2012 (o considerando il risultato totale da –940mila euro nel 2011 a –311mila nel 2012).
Rabbino capo: come pensate di ovviare all’attuale vacanza della cattedra?
In previsione della conclusione dell’incarico triennale di rabbino capo a rav Eliahu Birnbaum, abbiamo avviato da tempo una riflessione sulle esigenze profonde della Comunità ebraica torinese e sui requisiti per l’individuazione di un nuovo rabbino capo, che possa risiedere a Torino e impegnarsi a tempo pieno per la nostra Comunità, iniziando poi una serie di colloqui e interviste. Ci siamo mossi per tempo, ma trovare un nuovo rabbino non è facile, la scelta va ponderata con la dovuta calma. Il nuovo rabbino copa dovrà dare alla nostra Comunità un’impronta – speriamo – per molti anni e la fretta non è mai una buona consigliera. Con l’impegno di rav Avraham De Wolff e di rav Alberto Somekh, con le strutture ben funzionanti, e con il gran numero di volontari nei diversi campi, penso che siamo in grado di affrontare anche una breve traversata in attesa del nuovo rabbino capo, garantendo la funzionalità dei servizi e la continuità delle attività religiose e culturali.
Quale il momento che ricorda con maggiore soddisfazione di questo mandato?
La Comunità di Torino è una Comunità vivace ed estremamente attiva in mille manifestazioni culturali e sociali. Mi piace ricordare qualche momento in particolare: alla fine dell’anno scorso abbiamo avuto ospite il regista Avital Merkler, con la sua troupe, per girare per la televisione israeliana un servizio sulla nostra Comunità. Nell’occasione abbiamo constatato che i tre giorni previsti non sono stati sufficienti a narrare la storia e le caratteristiche, a descrivere il numero e l’interesse delle attività culturali, ad intervistare tutti coloro che avevano cose importanti da raccontare: vecchi partigiani, maestre della scuola ebraica, referenti delle organizzazioni giovanili, esperti di canti sinagogali, tanti volontari. In questo film, l’eroe è la Comunità, diceva il regista, ed effettivamente abbiamo dimostrato che la Comunità è vivacissima, ricca di attività e di impegni.
Con la città di Torino c’è una eccezionale sintonia: recentemente l’amministrazione ha organizzato una missione in Israele e nei Territori Palestinesi per conoscere da vicino la realtà medio-orientale e mettere le basi per incontri politici ad altissimo livello, scambi culturali, collaborazioni scientifiche, e della delegazione torinese ha fatto parte il vicepresidente della Comunità, Emanuel Segre Amar.
Con il sindaco, Piero Fassino, abbiamo ragionato su come mantenere un ricordo specifico della persecuzione nazifascista a Torino e della resistenza ebraica e, con la collaborazione fondamentale della Comunità di Sant’Egidio, abbiamo deciso di organizzare un evento che dopo due anni di sperimentazione si avvia a diventare un appuntamento annuale, dedicato specificamente a ricordare la vita e il pensiero del partigiano ebreo Emanuele Artom. Con emozione vediamo i ragazzi della nostra scuola e di altre scuole torinesi studiare i Diari di Emanuele Artom e ragionare sul dovere, ieri come oggi, di impegnarsi contro ogni razzismo e per la difesa della democrazia.
Chi è stato presente non dimenticherà il concerto di fine dell’anno scolastico: la messa in scena dell’Opera di Britten “Il piccolo spazzacamino”. I bambini sono stati in grado di affrontare le partiture complicate della composizione, grazie a un corso di formazione tenuto da esperti del Teatro Regio, hanno compreso cos’è un’opera lirica e hanno riflettuto sullo sfruttamento del lavoro minorile, argomento molto caro a Britten. I bambini di cinque anni della scuola dell’infanzia e le classi della scuola primaria hanno lavorato insieme, con una bravissima maestra del coro, e realizzato insieme un concerto bello e difficile.
E poi, sembrerà strano: ma anche i rapporti sempre tesi con la minoranza, le assemblee sempre infuocate, possono essere visti in modo positivo, quando si mantengono a un livello di scontri duri, ma espressi in toni civili. Vuol dire che, in un modo o nell’altro, la Comunità è in testa ai pensieri di molti.
Quale invece il più difficile?
Ogni tanto bussa qualcuno e chiede di poter raccontare la propria storia. E spesso ci parla di licenziamento, dell’umiliazione di essere senza lavoro, di difficoltà economiche pressanti. Chiede se la Comunità non ha un lavoro da offrire. La visita periodica dell’assistente sociale, nel quadro del progetto di assistenza sociale promosso dall’UCEI, è un aiuto prezioso e ci consente di affrontare i problemi con professionalità ed esperienza. Ma le risorse che la Comunità può mettere a disposizione per l’assistenza costituiscono solo un piccolo aiuto, di fronte a una situazione sempre più critica, in qualche caso disperata.
La Comunità torinese è storicamente tra le più attive sul fronte culturale. Qualche anticipazione sulle prossime iniziative in cantiere?
Cerchiamo di mantenere alto e intenso il livello delle attività culturali. Per i prossimi mesi possiamo prevedere innanzitutto la mostra a cura della Regione Boemia – e proveniente dal Museo Ebraico di Bologna – dedicata al monumenti ebraici della Boemia Centrale e, In collaborazione con la Regione Piemonte e col patrocinio della Città di Torino, la mostra “Lo sport europeo sotto il nazionalsocialismo. Dalle olimpiadi di Berlino alle Olimpiadi di Londra, 1936 – 1948”, creata dal Mémorial de la Shoah di Parigi.
Per la Giornata Europea della Cultura Ebraica stiamo organizzando una serie di attività legate al rapporto tra ebraismo e natura, che è il tema proposto quest’anno, proprio quando saremo appena usciti dalla Sukkah.
Nella convinzione che la conoscenza dell’ebraismo debba coinvolgere in misura molto maggiore i giovani e il mondo della scuola, da metà ottobre a fine novembre la Comunità di Torino, insieme alla Fondazione Camis de Fonseca, promuoverà e ospiterà un seminario di aggiornamento rivolto agli insegnanti delle scuole statali e non statali dal titolo “L’Ebraismo e gli Ebrei, oggi e nelle storia”.
Le prime attività dopo i Mo’adim avranno una forte impronta teatrale: l’attrice ebrea torinese Marina Bassani aprirà – presso il nostro Centro Sociale e diretto a tutti gli iscritti – un laboratorio teatrale dal titolo “Dialoghi”, allestito in collaborazione col Teatro Selig: a conclusione di un lavoro annuale è prevista la messinscena de “Il violinista sul tetto” da Sholem Aleichem. La stessa Marina Bassani, ben nota al pubblico torinese per le sue performances di teatro ebraico e non, a metà ottobre porterà sulle scene del Teatro Baretti – con la collaborazione della Comunità – “Yossl Rakover si rivolge a Dio” di Kolitz Zvi.
Per la rassegna annuale “Un Natale coi fiocchi” a cura del Comune di Torino e del Comitato Interfedi della Città di Torino, speriamo di riuscire a replicare, con la compagnia it.ART sezione teatro, il bellissimo spettacolo di Fabrizio Frassa “Shalom Aleichem”, dedicato alla vicenda di Giuseppe Jona, il presidente della Comunità ebraica veneziana che si tolse la vita pur di non rivelare alle SS nomi e indirizzi degli ebrei della sua città. A quel punto saremo già nel pieno del fervore per le molteplici attività in vista del Giorno della Memoria, che come ogni anno assorbe idee e tempo tra dicembre e gennaio.
Un indirizzo che comunque intendiamo mantenere è l’approfondimento – diretto all’interno ma anche all’esterno dell’ambiente comunitario – della riflessione e del dibattito sulle tematiche riguardanti Israele e in genere la problematica mediorientale: dopo l’interessante serata con Sergio Della Pergola all’inizio di maggio, a fine giugno abbiamo ospitato una iniziativa di JCall volta a far conoscere l’attività e gli obiettivi di questo gruppo. Se riusciremo, in autunno vorremmo realizzare un incontro a più voci sulle questioni più calde (i Territori, lo status di Gerusalemme, la pace con i palestinesi, il carattere di Israele), certi di incontrare l’interesse degli ebrei torinesi e in genere del pubblico cittadino.
Negli ultimi anni alcune tensioni interne alla Comunità hanno portato a spaccature apparentemente insanabili e alla nascita di diverse anime e correnti. Una risoluzione delle controversie è possibile? Quale la strada da percorrere?
È una facile constatazione: ci sono tensioni, litigi, attacchi. Volano su Facebook insulti. Leggo polemiche giornalistiche che non comprendo. Ma dobbiamo ricordare che membri di maggioranza e membri di minoranza lavorano proficuamente insieme in commissioni e iniziative di ogni genere. Non ci sono bacchette magiche, e ci vorrà tempo e impegno per riprendere un normale e sereno colloquio. Tutti apprezziamo le nuove idee, il dibattito, il confronto, perché solo questo può portare al progresso. Il problema è quando le idee si trasformano in ideologia, in un sistema completo, coerente, autoconsistente e continuamente ribadito, in una ricetta fissa buona per ogni comunità. Allora si perde la capacità di mediazione, l’attitudine ad interagire con gli altri attori ed organi. E di fronte a questo non c’è giudizio mediano. Il pubblico si spacca in due curve di opposte tifoserie. Non ha importanza (e non ha comunque senso) discutere chi sono i buoni e chi i cattivi. Così una Comunità si spacca e tutti ne soffrono. Avrà un ruolo fondamentale un rabbino bravo, con le sue idee. Che porti con sé, applichi e ci faccia conoscere le sue idee. Partendo dal basso, lentamente, integrandosi nelle strutture e con le persone, portandoci poi tutti – ma poco alla volta – di nuovo verso un modello di Comunità ragionevolmente condiviso.
(Italia Ebraica luglio 2013)