Piera Levi Bassi (1923-2013)
La storia di Piera Levi e di suo marito Paolo Shaul Bassi (1923-1967) meriterebbe la penna di un romanziere. Erano nati a distanza di dodici ore, erano cugini, ma fin da piccoli avevano sentito una grande simpatia reciproca, che con gli anni si era trasformata in amore dichiarato. I familiari (nella variegata tribù Ravenna, Levi, Bassi che si muoveva fra Ferrara, Venezia e Padova) guardavano alla vicenda con un misto di sospetto e simpatia, ma a scombinare le cose ci pensarono prima le leggi razziste del 1938 e poi la guerra. Espulso dalle scuole, Paolo era andato a studiare agricoltura ad Antibes, in Francia. Tuttavia la guerra gli impedì di proseguire gli studi ed egli colse l’occasione di un posto offerto dalla Aliath Ha-Noàr per andare in Palestina (aveva solo 16 anni, ma scriveva al padre che – pur addolorato per il distacco, non poteva da ebreo rifiutare una simile opportunità). Piera rimaneva in Italia, a condividere con la famiglia i drammatici momenti della persecuzione (descritti nel bel romanzo di Rosetta Loy, La parola ebreo). Ma pensava a Paolo, e a pochi mesi dalla liberazione di Roma (dove si era rifugiata), a guerra ancora in corso si era imbarcata sulla prima nave per la Palestina, dove arrivava nel marzo del 1945. Dopo sei mesi si sposava con l’amato Shaul (Paolo) e andava a partecipare alla costruzione del kibbutz Sdeh Eliahu nella valle di Bet She’an. Era un amore forte, quello per il compagno di sempre, che si associava a un amore altrettanto forte per una terra che prospettava fatica e sudore (solo chi conosce Sde Eliahu sa di cosa parlo, 300 metri sotto il livello del mare…). Piera e Shaul hanno costruito una bella famiglia: Yonathan, Merav e Eldad, i tre amatissimi figli, cresciuti nella nuova terra eppure così legati alle famiglie italiane d’origine, hanno generato fra figli e nipoti una schiera di giovani ai quali “nona” Piera è riuscita a trasmettere l’amore per Eretz Israel unito al senso di appartenenza a una grande famiglia dalle profonde tradizioni diasporiche. Shaul Bassi purtroppo non faceva a tempo a seguire la crescita dei suoi figli: la sua vita finiva il primo dell’anno del 1967. Piera – con l’aiuto della kevutzà di Sde Eliahu – proseguiva con coraggio, lavorando fino a pochi anni fa e curando la scuola del kibbutz che era un po’ la sua seconda casa. Che la terra sia lieve a Piera, che ha lasciato a tutti noi tantissimo e che con caparbietà ha lavorato, assieme al suo Shaul, con gli occhi rivolti al futuro.
Gadi Luzzatto Voghera
(8 luglio 2013)