Ticketless – La Resistenza in convento
Il 16 ottobre 1943, almeno da due decenni a questa parte, è preda di una torsione polemica che l’ha prosciugata. Chiarisce molte cose un libro bellissimo di Enzo Forcella, matrilinearmente ebreo come la Morante e Saba: La Resistenza in convento (Einaudi 1999; non più ristampato, purtroppo). Rivive in quel libro la Roma dei collegi e seminari pontifici, case parrocchiali, ospedali gestiti da enti religiosi, dove molti sopravvissuti alla razzia del 16 ottobre trovarono salvezza (fra i tanti, Raniero Panzieri, per rimanere nel campo della matrilinearità ebraica).
L’autore è stato uno dei nostri più noti giornalisti, già collaboratore del “Mondo” di Pannunzio, di “Tempo presente” di Chiaromonte e Silone e fu, dalla fondazione, una delle firme di punta di “Repubblica”. Il capitolo sul rastrellamento degli ebrei ne La Resistenza in convento, come La Storia di Elsa Morante, possiede un grande valore letterario, a partire dall’incipit, con la descrizione della telefonata che all’alba del 16 ottobre sveglia la principessa Enza Pignatelli Aragna Cortes. Un’amica la informava che i tedeschi stavano arrestando tutti gli ebrei. Leggendo, viene in mente il racconto di Vilma della Morante. Con intuito di storico Forcella non si sottrae all’annosa questione del silenzio di chi avrebbe dovuto parlare, ma il silenzio che denuncia non è quello del pontefice. “Fantasia per fantasia”, ironizza, “si potrebbe osservare che alla stazione di Trastevere avrebbero potuto esserci anche gli uomini del Gap o di qualche altra squadra della resistenza armata, per bloccare con uno di quei loro arditi e spericolati colpi di mano la partenza dei vagoni piombati”. Invece il 16 ottobre pomeriggio il Cln era riunito per uno dei suoi periodici incontri clandestini. Nel corso della riunione si parlò soltanto di altre questioni politiche “evidentemente ritenute più importanti”. Se tutti sapevano dell’invasione del ghetto e degli ebrei ammassati nel palazzo dell’ex Collegio Militare, perché a nessuno venne in mente di dire qualcosa. Come spiegare tutto ciò? La risposta di Forcella è, per chi studia la storia, più di una semplice ipotesi di lavoro: “Questa indifferenza rientrava nella generale sottovalutazione della immane tragedia ebraica che caratterizza tutta la vita pubblica italiana sino alla fine della guerra e oltre”.
Alberto Cavaglion
(17 luglio 2013)