ascolto…
Il primo brano dello Shemà‘, che è contenuto nella Parashà di questa settimana, è mirabile per semplicità e grandezza di stile; per questo motivo fra tutti i brani del libro di Devarìm è quello che rappresenta la sintesi delle sintesi della nostra “emunà”: non della fede, ma della certezza ebraica di D.o, una certezza che nasce da conoscenza ed esperienza diretta. È quindi lo Shemà‘ che accompagna l’ebreo dalla culla alla tomba, la proclamazione ripetuta quotidianamente di quella che sappiamo essere verità vera, la proclamazione che deve essere perennemente vicina ad ogni figlio d’Israele. Ma è realmente vicina? Quanti ripetono queste parole con le labbra, ma non col cuore? Quanti ne sentono l’attualità e l’immediatezza? La stessa parole “Shemà‘” è forse la più incompresa: quanti si accorgono che essa è in diretta correlazione con la promessa fatta da tutti noi ai piedi del Sinày, “na‘assè we-nishmà‘”, “faremo ed ascolteremo”?
I nostri Maestri ci insegnano: “En shemi‘à ellà’ ba-lèv”, “non c’è ascolto se non col cuore”. Non sono solo parole che il nostro orecchio riconosce da lontano (sia pure accettando la bellezza dell’esistenza di parole che a distanza di generazioni fanno vibrare corde che non si sapeva di avere!), sono una realtà di cui il cuore deve compenetrarsi, accettare, fare sua. E ciò si ottiene solo uniformandosi a ciò che tale accettazione comporta, facendo proprio il desiderio di Chi ci fa risuonare questo messaggio.
“We-shinnantàm le-vanékhà”, “le insegnerai ai tuoi figli”: la portata di questa affermazione va trasmessa di generazione in generazione; ma nessun insegnamento è efficace – specie con i propri figli, che dai genitori si aspettano soprattutto un insegnamento di coerenza – se non tramite l’esempio pratico di che cosa significhi mettere queste parole “‘al levavékha”, “sul cuore”. Troppo spesso invece queste parole sono sulle labbra, ma non su tutta la superficie del cuore, sì da avvolgerlo da ogni parte. Eppure questo è l’“ascolto” che chiediamo ad ogni nostro confratello ebreo quando proclamiamo l’esistenza e l’unicità di D.o, quando ricordiamo il dovere di amarLo informando al Suo volere il nostro cuore. D.o voglia che il messaggio dello Shemà‘ penetri veramente nell’intimo di ogni Ebreo, grazie ad una rinnovata consapevolezza, grazie allo studio ed all’approfondimento, grazie all’esempio positivo di chi ritiene di incarnarlo nella sua vita quotidiana.Elia Richetti, presidente dell’Assemblea rabbinica italiana.
Elia Richetti, presidente dell’Assemblea rabbinica italiana
(18 luglio 2013)