Periscopio – Un vile distinguo
La decisione dell’Unione Europea di boicottare attività e istituzioni israeliane situate al di là della cd. “linea verde” si rivela l’ennesimo cieco e vile attacco non solo contro lo Stato ebraico, ma anche – che è poi la stessa cosa – contro ogni flebile, ipotetica, lontanissima speranza di una soluzione negoziata al conflitto. Essa non trova alcuna plausibile giustificazione, sul piano giuridico, politico e morale, al di là dell’antica passione della vecchia Europa per il suo sport preferito, colpire gli ebrei.
Sul piano giuridico, la risoluzione sulla presunta illegittimità della presenza ebraica al di là di tale limite ignora completamente il macroscopico dato di fatto che la tanto invocata soluzione dei “due popoli due stati” – già delineata, durante il Mandato britannico, nel 1937, dalla cd. Commissione Peel, e poi ufficialmente sancita dalla Risoluzione delle Nazioni Unite del 1947 – è stata sempre disattesa dal rifiuto arabo, la cui guerra di aggressione del 1948 ha portato alla definizione di una fragile e precaria linea armistiziale, assolutamente non riconosciuta dagli arabi come legittimo ‘confine’, come ben dimostrano le successive guerre del 1967 e poi del 1973 (per non parlare degli innumerevoli attacchi terroristici). Ora quel presunto confine, imposto dalla guerra voluta dagli arabi, e rifiutato dagli stessi arabi, viene nuovamente imposto (unilateralmente, senza nessuna garanzia, nessuna argomentazione, nessuna trattativa) con la forza del diritto. Credo che si tratti dell’unico caso della storia in cui un Paese deve subire, contemporaneamente, la durezza delle armi e della legge. “Silent leges inter arma”, diceva Cicerone, “tra le armi il diritto tace”. Ma ciò non vale per Israele, perché ‘leges’ e ‘arma’ sono semplicemente due strumenti per colpirlo, si usa quello più a portata di mano. L’Europa si duole della violazione di quel sacro confine: quali sanzioni, quali boicottaggi sono stati presi contro quei Paesi che, per primi, lo hanno calpestato, determinando la situazione attuale?
Sul piano politico, nel momento in cui, faticosamente, l’America pare riuscita a portare i due contendenti al tavola del negoziato diretto, l’Europa apre con un calcio la porta della stanza dei colloqui, ed entra gridando: “ci sono anch’io!”, per poi correre a baciare e abbracciare l’amatissimo fratello palestinese, riservando all’interlocutore israeliano una smorfia ringhiosa, e al mediatore americano un sorriso di scherno, con l’aria di che pensa “lo so io come si fa”. Non c’è che dire, certo un grande contributo alla causa del negoziato: tutti e tre i partner ne ricaveranno certamente un grande incoraggiamento a fare presto e bene. I palestinesi, qualsiasi cosa gli sarà offerta, penseranno sempre che l’Europa gli avrebbe dato di più, e avrebbero ragione. Gli israeliani saranno ancora più consapevoli delle loro solitudine, e necessariamente più cauti e prudenti nell’abbassare la guardia. Gli americani sempre meno desiderosi di sobbarcarsi un’ingrata fatica, senza il minimo sostegno da parte dei loro alleati.
Sul piano morale, niente da dire. E’ l’Europa di sempre, la stessa che si prepara a organizzare la prossima Giornata della Memoria, in occasione della quale tanti autorevoli politici, professori, artisti, sacerdoti, diranno, con voce emozionata: “come è potuto accadere, quel che è accaduto, nel cuore dell’Europa?”.
Francesco Lucrezi, storico
(24 luglio 2013)