Time out – Ambiguità
Bisognerà capire un giorno quali possano essere state le titubanze della diplomazia italiana a inserire Hezbollah nella lista dei gruppi terroristici. Alla fine l’Italia ha votato a favore, ma si dice nei corridoi della Farnesina che qualche perplessità ci fosse. Non tanto per la natura di Hezbollah, quanto per l’interessi italiani in Libano. Per carità, in politica e negli affari esteri l’etica non è un principio indispensabile eppure la convinzione che far sapere ai nostri partner del mondo che l’unico criterio con cui l’Italia ragiona sono gli interessi commerciali non pare molto intelligente. In primis perché ci perdiamo da un punto di vista di credibilità internazionale e poi perché, per quanto la ragion politica abbia sempre da prevalere, non è detto che questa debba identificarsi sempre e soltanto con le ragioni economiche o neanche con quelle di mera sicurezza. Perché, senza nessuna ipocrisia, bisogna chiedersi che senso abbia mandare i nostri contingenti in zone ad alto rischio se poi si nega la natura stessa dei movimenti terroristici che sono presenti sul territorio, negando di conseguenza la stessa ragione per cui i militari sono stati mandati. La ragione è ovviamente quella che conosciamo tutti; un certo cerchiobottisimo tipico italiano di chi da una parte vuole vedersi riconoscere meriti internazionali, dall’altra non vuole far irritare alcuni partner che seppur poco democratici sono molto importanti per gli interessi del paese. Legittimo se non fosse che, quest’ambiguità si finisce per pagarla nelle questioni davvero importanti come il Kazakistan o la vicenda dei Marò, in cui, per quanto si dica, in tutto il mondo si sa che basta la minaccia di una revoca di un accordo commerciale che per il nostro paese la vita di due dissidenti o di due suoi soldati pare passare magicamente e tragicamente in secondo piano.
Daniel Funaro
(25 luglio 2013)