Qui Trieste – Informazione e scienza
Divulgare le notizie di ambito medico-scientifico: questo l’argomento trattato nel corso dell’incontro della Redazione Aperta di Pagine Ebraiche con Daniela Ovadia, docente di giornalismo scientifico al Master di secondo livello presso l’Università Statale di Milano, prestigiosa scuola riconosciuta dall’Ordine dei Giornalisti come sede idonea per il praticantato.
Ci sono delle forti analogie fra la professione di giornalista e quella di scienziato, dal momento che per entrambi il senso critico, assieme alla capacità di collegare assieme tanti dati anche apparentemente distanti fra loro sono elementi essenziali per poter svolgere un lavoro soddisfacente. Ci si domanda allora come mai la comunicazione fra i due mondi sia molto spesso così faticosa e conflittuale. Ciò avviene, spiega Ovadia, perché gli scienziati, sentendosi messi abitualmente sotto accusa dall’opinione pubblica in generale, stanno sulle difensive quando incontrano la stampa. Dall’altra parte, i giornalisti si sentono in bilico fra l’essere percepiti come chi deve fare da cassa di risonanza rispetto a questa o quella ricerca e il voler essere coscienza critica, in grado quindi di individuare la discrepanza o la reale validità di una scoperta in questo settore così importante per lo sviluppo in generale.
Il professionista specializzato in questo campo deve poi fare i conti con la prassi presente in Italia secondo la quale una notizia a carattere scientifico viene abitualmente trattata da chi già opera all’interno di un giornale senza avere una preparazione tecnica specifica che prevede, banalmente, anche la capacità di comprendere in modo univoco e preciso la terminologia usata da chi viene intervistato, per poterne scrivere in modo chiaro e con cognizione di causa.
Tale criticità si nota in modo maggiore quando si deve dar notizia di catastrofi, come avvenne dopo l’incidente di Chernobyl, per il quale, nelle prime giornate non venne data adeguata informazione nel nostro paese, avendone sottovalutato ampiamente la portata.
C’è poi da considerare anche l’influenza che la politica esercita su questo tipo di notizie, dal momento che, a livello nazionale, si ha la tendenza a considerare il lettore medio non in grado di comprendere fino in fondo quanto viene esposto su questi argomenti, senza però far nulla perché tale capacità si modifichi nel tempo. Mancano azioni che portino ad un miglioramento che renda la popolazione dotata dell’adeguato livello di competenza, si possa fare un’idea e sappia prendere una decisione in merito.
Lo si è visto nel corso di campagne referendarie anche importanti, quando molti cittadini, non sentendosi nelle condizioni di comprendere in modo utile i quesiti, hanno preferito disertare le urne.
All’estero le cose sono molto diverse, soprattutto in ambito anglosassone, dove i governanti hanno cercato, anche se non sempre con esiti felici, di avvicinare in vario modo i propri cittadini al mondo scientifico, per dare la possibilità all’intera popolazione di apprezzare le nuove scoperte.
Daniela Ovadia è anche attiva nell’ambito della neuroetica essendo, tra l’altro, membro della International Neuroethics Society. Da questo punto di vista, ha fatto notare, non si considera adeguatamente il fatto che il pensiero ebraico possa contribuire in modo adeguato in proposito, avendo tutte le carte in regola per proporsi come ulteriore voce per tutti, a fianco della prospettiva cattolica e di quella di matrice laica, arricchendo così un dibattito che sarà sempre più articolato e complesso negli anni a venire.
Paola Pini
(25 luglio 2013)