Risorse e bilanci
Sul numero di Pagine Ebraiche di agosto un approfondimento sull’ultimo Bilancio dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane.
I conti con la realtà
Il bilancio di un ente, di un’istituzione racconta molto della sua natura, della sua identità, dei suoi obiettivi. Non fa eccezione l’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. Dal bilancio consuntivo del 2012 e dalla relazione che lo accompagna emerge una significativa fotografia del presente dell’ebraismo italiano: la situazione finanziaria complessiva, gli investimenti fatti, il gettito Otto per mille, la distribuzione dei fondi e così via. Attraverso il bilancio si può comprendere la fisionomia dell’Unione e, grazie al lavoro delicato e complesso portato avanti dall’assessore al Bilancio Noemi Di Segni e dalla Commissione coordinata dal consigliere Davide Romanin Jacur, è possibile avere un quadro più chiaro della politica gestionale portata avanti dall’ente. Sfogliando le pagine della relazione si trovano le risposte ad alcune domande ricorrenti sulle entrate e le uscite dell’Unione, su quanto confluisce alle diverse Comunità e secondo quali criteri, e riguardo l’ammontare delle spese per i vari dipartimenti. Voci che vanno a confluire in una sola domanda: qual è la missione dell’UCEI e come viene riflessa nel bilancio stesso? La scelta di adottare un bilancio sociale si orienta nella direzione di dare a questa domanda una risposta, necessariamente non univoca perché gli obiettivi dell’ente, così come delle Comunità, sono diversi e diversificati, oltre a toccare tutti gli ambiti della vita ebraica (dall’educazione alla religione, dalla cultura all’informazione). Dietro la distribuzione delle risorse si nasconde una politica gestionale i cui frutti emergono dall’analisi dei dati finanziari e delle ulteriori informazioni qualitative sulle attività svolte e i destinatari delle stesse. A giudicare dal risultato legato al gettito dell’Otto per mille, con un aumento del coefficiente di preferenze accordate all’UCEI – passato dal 0,38 a 0,43 – alcune scelte dell’Unione stessa e delle singole comunità hanno pagato. Parliamo di una contribuzione a favore dell’Ente e delle Comunità di oltre mezzo milione in più (complessivamente cinque milioni di euro). Risultato decisamente inatteso, contando che nel bilancio preventivo la cifra stimata per l’Otto per mille risultava di gran lunga inferiore . “Non vi è dubbio che questo è un risultato eccellente – si sottolinea nella relazione al bilancio – che da riscontro alle iniziative delle Comunità territoriali, dell’UCEI e di tanti singoli che si sono adoperati per favorire questa maggiore raccolta”. Se si pensa che circa i 2/3 delle entrate dell’UCEI sono costituite dal gettito legato all’Otto per mille è facile capire quanto la scelta dei contribuenti italiani incida sulle risorse a disposizione dell’Italia ebraica. Una scelta che ha avuto un incremento nel periodo in cui l’Unione ha investito molto, tra le altre cose, sull’informazione creando una rete di comunicazione che va dal web alla carta stampata, senza dimenticare la presenza della televisione. Strumenti indirizzati a sensibilizzare la società italiana sui valori di cui la minoranza ebraica è portatrice e che vogliono allargare quella community che oggi conta oltre 70mila persone (con una stima di circa il 10% costituito da iscritti alle Comunità ebraiche). Per poter essere efficaci in questa operazione però è necessario capire il perché di questa scelta, quali messaggi del mondo ebraico risultano convincenti per coloro che, al momento di firmare, optano per l’UCEI. Di qui la necessità condivisa da tutto il Consiglio di creare, con una parte di avanzo, un fondo per le situazioni di maggiore urgenza e necessità e al quale abbinare un investimento dedicato a una ricerca mirata sull’origine e le ragioni dell’incremento delle preferenze. Altrettanto interessante per gli iscritti e non solo è avere un’idea di come vengono ripartite le risorse incamerate, sia tra l’Unione e le Comunità sia all’interno dell’ente stesso nei suoi vari dipartimenti, questione spesso al centro di polemiche e che i numeri permettono di chiarire. Secondo la mozione del Congresso UCEI 2010, il 60% della raccolta Otto per mille va a favore delle Comunità, il 25% per attività istituzionali dell’UCEI, il 10% per progetti strategici e il 5% per progetti presentati dagli enti e le istituzioni. Di quel 35% gestito sostanzialmente dall’Unione, oltre la metà è destinato a tornare nelle realtà comunitarie sotto forma di attività per giovani, formative, di culto, di supporto alla rendicontazione. Servizi necessari e in alcuni casi indispensabili ma per cui complessivamente manca un chiaro riscontro sugli effettivi benefici o su valutazioni e suggerimenti dei destinatari, ovvero delle Comunità e degli iscritti. Altro punto fondamentale, per il prossimo futuro, è quello di comprendere più approfonditamente la corrispondenza tra domanda e offerta dei servizi proposti e la condivisione dei risultati socio comunitari che ne sono costituiscono il fondamento. Scartabellare tra le voci aiuta, si diceva, ad avere un quadro della fisionomia di un ente come l’Unione, andando a capire quali investimenti ci sono dietro a dipartimenti come il Desk, il Dire, il Dec. Ad esempio, riguardo al Desk, al centro di alcuni dibattiti, si scopre che questa parte del settore informazione pesa sul bilancio complessivo per il 6,77%, l’educazione e le scuole circa il 18% e ancora che il Collegio rabbinico assorbe il 50% delle risorse destinate alle iniziative di culto. E’ su questi aspetti in particolare che il richiamo alla considerazione di dati non solo finanziari è particolarmente significativo. I benefici degli investimenti sulla cultura, l’educazione o la comunicazione, non possono essere valutati solo sulla base delle uscite finanziarie che comportano. Vanno considerati, per usare una terminologia contabile, anche flussi futuri di benefici sociali, religiosi e culturali generati nell’arco di un tempo che non necessariamente si esaurisce nei 365 giorni dell’anno finanzario. Analizzare queste variabili al fianco dei risultati ottenuti permette di agevolare chi si trova nella posizione di dover fare la scelta politica dell’allocazione delle risorse. Riparto che, non si può dimenticare, dovrà tenere sempre più conto della situazione drammatica di crisi che sta vivendo l’Italia con strati sociali sempre più in difficoltà, attorno cui creare strutture di tutela.
Daniel Reichel, Pagine Ebraiche, agosto 2013
(30 luglio 2013)
L’Otto per mille e i nuovi criteri di ripartizione
Il mondo ebraico italiano è spesso visto dall’esterno come un’entità monolitica. Dietro questo velo di unità però troviamo ventuno comunità con strutture, necessità e problematiche molto diverse. Ci sono realtà come Milano e Roma che sono chiamate ad offrire innumerevoli servizi, altre, molto piccole, che si trovano a gestire patrimoni importanti ma con scarsità di mezzi. Ci sono scuole da tutelare e manifestazioni culturali da programmare. Ciascuna, in proporzione, richiede l’utilizzo di risorse che principalmente si traducono nell’Otto per mille, motore di fatto della vita ebraica italiana. Non è l’unico finanziamento ma la sottoscrizione volontaria dei contribuenti italiani in occasione della dichiarazione annuale dei redditi ha un peso preponderante sul futuro sia dell’UCEI sia di ciascuna comunità. Ecco perché la distribuzione dell’Otto per mille assume un ruolo chiave nel panorama ebraico del paese. Tenendo conto di queste considerazioni si comprende l’importanza che assumono i criteri per la ripartizione del gettito tra le Comunità e l’Unione; criteri recentemente oggetto di riforma (portata avanti dalla Commissione coordinata dal consigliere Davide Romanin Jacur), in nome di una più equa distribuzione. Il nuovo modello introduce un concetto fondamentale e innovativo attraverso l’inserimento di un criterio che va a premiare le realtà che raccolgono anche più preferenze per l’Otto per mille. L’impegno locale, la capacità di svolgere iniziative che richiamino la società civile a riconoscere l’importanza del ruolo ebraico diventano così rilevanti anche per la redistribuzione delle risorse. Oltre a questo principio, su più larga scala, è stato adottato un modello che individua tre macroaree: una legata alla conservazione e valorizzazione del patrimonio comunitario, una alle esigenze della collettività e caratteristiche demografiche e una fondata sul concetto di sussistenza e perequazione fiscale (in cui rientra il criterio premiante sulla capacità della Comunità di raccolta di firme per l’8‰ nella propria circoscrizione e indicizzazione alla capacità contributiva). Per dare un’idea della suddivisione, la prima area incide per il 22% sul totale della distribuzione ed è costituita da voci legate alle spese per il mantenimento delle sinagoghe in uso fino ad arrivare alla gestione dei musei o dei cimiteri. Ad abbracciare questo sistema, l’idea di proporzionalità oltre che di equità. Non è un caso che la seconda macroarea abbia grande rilevanza – quella demografica – costituendo il 54% del totale delle ripartizioni. Qui sono due gli elementi da valutare, il numero di iscritti e il numero degli iscritti in età compresa tra i 3 ed i 18 anni, per i quali la Comunità provveda a una istruzione ebraica. Si comprenderà come per una minoranza come quella ebraica, l’educazione e il mantenimento delle scuole siano di primaria importanza per il suo futuro. Il restante 24% si fonda sul principio della perequazione che – come si legge nella relazione accompagnatoria alla riforma della ripartizione dell’8‰ – è stato introdotto al fine di bilanciare le enormi differenze presenti tra le realtà del panorama ebraico italiano. “Le maggiori differenze tra Comunità si riscontrano sia nelle disponibilità patrimoniali (per cui la perequazione opera in senso proporzionalmente inverso ai proventi patrimoniali e ai redditi diversi dalla tassazione interna e dall’8‰ medesimo, in quota pro capite), sia nello stesso atto impositivo della tassazione della Comunità rispetto ai propri iscritti”. Questa ristrutturazione del modello, su cui sono stati apportati dei correttivi transitori onde evitare di penalizzare eccessivamente determinate comunità, apre diversi spunti di riflessione. Racconta di un ebraismo italiano che non solo cerca di tutelare il suo patrimonio ma vuole incentivare al suo interno aspetti fondamentali come l’educazione e all’esterno il dialogo con la società civile attraverso manifestazioni culturali e iniziative di ampio respiro. Quasi una traduzione degli obiettivi futuri per l’Unione e per le sue Comunità: tutelare i propri valori, le proprie tradizioni, ricorrendo a criteri solidali per proteggere le realtà più a rischio ma anche la necessità di aprirsi verso l’esterno, di far comprendere i propri valori al di fuori del proprio mondo. Perché è proprio la società civile, con la formula dell’Otto per mille, a garantire la maggior parte delle risorse a disposizione dell’ebraismo italiano.
Daniel Reichel, Pagine Ebraiche agosto 2013
(31 luglio 2013)
Le priorità da tutelare
Tutelare i tesori del passato, le sinagoghe, le infrastrutture; gestire e costruire il presente, fornendo servizi a iscritti e Comunità; guardare al futuro, alle prospettive di investimento e alle scelte gestionali che possano portarci al raggiungimento dei nostri obiettivi”. L’armonizzazione e ripensamento del modello di bilancio è uno dei primi passi per avere più chiare le sfide che si presentano all’ebraismo italiano e che l’assessore UCEI Noemi Di Segni riassume richiamando le tre unità temporali: passato, presente e futuro. Tutte componenti necessarie perché la tradizione così come la quotidianità ebraica non si disperdano. “E’ necessario avere ben chiaro un ordine di priorità”, sottolineava Di Segni durante l’incontro tenutosi a Trieste lo scorso luglio con la redazione del Portale dell’ebraismo italiano moked.it e di Pagine Ebraiche. “Non dobbiamo cadere nel pericolo di mettere troppi progetti nel cantiere, rischiando poi di non saperli gestire, disperdendo risorse ed energie”. E primo passo da fare, riordinare i conti in casa, avere ben chiaro il quadro complessivo, voci di entrate, investimenti e di spesa e a quali obiettivi corrispondono. Ricostruito uno schema generale si può più facilmente passare alle domande più complesse sul perché e sul come che riflettono le scelte di politica gestionale che, in un ente come l’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, hanno un riflesso fondamentale sul futuro della minoranza ebraica. “Abbiamo consapevolmente evitato di dare giudizi, non era nostro intento dire se una cosa andava o non andava fatta ma era quello di scattare una fotografia della realtà. Sono i numeri a parlare e attraverso di loro si intravedono le scelte di fondo”. Numeri riorganizzati e interpretati in modo da far emergere gli obiettivi principali dell’Unione e delle Comunità che a loro volta sono state al centro di una rivoluzione con l’adozione, nel prossimo anno, di un modello unico di bilancio. Un progetto nato già in seno alla precedente Commissione Bilancio, per poter confrontare le voci in modo coerente e attivarsi più efficacemente per rispondere alle problematiche e alle peculiarità di ciascuna realtà comunitaria. “Un progetto in fase avanzata – sottolinea Di Segni – che faciliterà la leggibilità dei bilanci, l’equa contribuzione e l’eventuale, se le circostanze lo richiederanno, intervento in via sussidiaria dell’Unione nei casi di Comunità in difficoltà”. Ritornando all’ordine di priorità, non solo la riorganizzazione è stata al centro della revisione dell’assessore e della commissione bilancio, ma anche i criteri di ripartizione dell’Otto per mille sono stati aggiornati secondo principi di solidarietà ed equità. Le risorse in fondo sono la fonte da cui attingere perché quella tripartizione passato-presente-futuro non si disperda. Costituendo l’Otto per mille i 2/3 delle entrate dell’UCEI, appare chiaro il riflesso che le scelte dei contribuenti italiani possono avere su tutta la struttura. “La notizia positiva è che abbiamo avuto un incremento significativo del gettito grazie anche a un numero maggiore di preferenze. Sarà interessante capire, quando il ministero delle finanze pubblicherà i dati, dove si sono registrati gli aumenti e analizzare a livello geografico il quadro delle preferenze”. Attraverso questo meccanismo sarà possibile avere un’idea più chiara su quali politiche e iniziative di livello locale e nazionale rispecchiano effettivamente gli interessi della società civile e come tradurre e condividere con l’esterno i valori dell’ebraismo. “Il nostro interesse non è solo allocare con buon senso e nuovi criteri condivisi di equità ma anche far crescere le nostre risorse. Non dobbiamo inoltre dimenticarci – conclude Di Segni – che siamo in un periodo di profonda crisi e una parte dell’avanzo deve essere prudentemente accantonata e diretta a favore delle situazioni socialmente più fragili”.
Pagine Ebraiche, agosto 2013
(1 agosto 2013)
Risorse e bilanci: la Giunta UCEI risponde
Pagine Ebraiche di agosto, attualmente in distribuzione, dedica molto spazio al tema delle risorse dell’ebraismo italiano e del Bilancio dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. Tra l’altro è pubblicata anche una lettera che tocca questi argomenti cui la Giunta dell’Unione offre una articolata risposta che pubblichiamo di seguito. “Siamo certi – si legge nella lettera firmata da Avner Flavio Hannuna cui seguono altre 27 firme – della vostra consapevolezza sulla drammatica situazione di un vasto numero di famiglie sia nella comunità di Roma che in generale in tutta Italia. La reazione del ‘popolo’ è stata come sempre pronta ma assolutamente insufficiente. Si fa allora ricorso anche ai Beth haKnesset senza considerare che alcuni di questi non solo sono totalmente autosufficienti e senza contributi ma già impegnati ad aiutare alcune famiglie. In tutto questo non si parla di taglio di costi né dalla Comunità ebraica di Roma né dall’UCEI, qualche notizia giunge per modificare le priorità ma nulla di sostanziale. L’UCEI ad esempio spende centinaia di migliaia di euro per l’informazione e decine di migliaia per incontri forse superflui, ma salvo qualche flebile voce di dissenso nessuna forte protesta viene fatta. Alla pari dei nostri governanti Italiani anche voi sembrate allergici ai tagli. Continueremo a fare il nostro dovere mentre il solco tra chi ci dovrebbe guidare e la Comunità diventerà sempre più profondo.”
Questa lettera ripropone alcune affermazioni, che vengono sovente ripetute in alcuni ambienti della Comunità ebraica di Roma e anche sui social network, che meritano una risposta costruttiva. Siamo ben consapevoli, e già da qualche anno, che sia in corso una grave crisi economica: purtroppo molte famiglie delle nostre comunità ne sono fortemente colpite e sono comunque sostenute dalle istituzioni preposte e dalla pronta risposta di solidarietà che viene dalle organizzazioni di base come i Battei haKnesset.
Siamo anche consapevoli che questi aiuti non sono assolutamente sufficienti a risolvere il problema, che nuove famiglie si aggiungono alla già lunga lista di coloro che necessitano aiuto, che le istituzioni devono entrare in campo con tutta la loro forza.
In una lettera pubblicata online ci sollecitano ad effettuare tagli degli investimenti eliminando per esempio tutto il settore comunicazione che costerebbe 900mila euro l’anno (cifra non veritiera).
A queste affermazioni, permetteteci di definirle qualunquiste, vogliamo rispondere in maniera precisa e come già detto prima, costruttiva.
In primo luogo le nostre istituzioni non assomigliano agli organi politici del nostro Paese che devono ridurre compensi e snellire le loro strutture, quindi il paragone con i governanti è del tutto improprio: diversamente dai rappresentanti politici nazionali o locali, i Consiglieri dell’Unione e delle Comunità svolgono l’incarico in forma totalmente gratuita e volontaria; non pochi Consiglieri rinunciano ai rimborsi per le trasferte che compiono a causa del loro impegno; nessuno usufruisce di telefoni o altri benefici di servizio; tutti viaggiano a tariffa economica. In breve, alla fine, ognuno ci rimette del suo.
Qualcuno si azzarda a definire i nostri bilanci opachi o non trasparenti, questa accusa ci addolora perché è lanciata senza cognizione dei fatti. Il Bilancio dell’UCEI, anche quest’anno approvato all’unanimità, è sottoposto sia al controllo di Revisori dei conti nominati dal Consiglio che, per la parte di rendicontazione delle somme ricevute dallo Stato (Otto per mille), dal ministero dell’Economia che ha sempre approvato ogni relazione annuale.
Insomma, riteniamo di essere un “modello”, e ci piacerebbe che molti più iscritti dedicassero più tempo e passione ai temi comunitari con il fare e non solo con il parlare/ criticare. Assimilarci ai “governanti” proprio non ci si addice.
Purtroppo spesso si diffondono notizie e concetti senza averne esatta cognizione.
Quali sono i costi dell’UCEI?
Una risposta esaustiva si può ricavare dalla lettura della Relazione al Bilancio e dai resoconti che sono pubblicati su questo stesso giornale a pagina 2 e 3.
Comunque, già da una lettura più immediata, ma non superficiale, dei conti si possono facilmente ricavare alcune osservazioni:
– gran parte dei costi sono costituiti dai compensi del personale che si occupa di effettuare tutte le attività che la Legge sull’Intesa affida all’Unione delle Comunità;
– gran parte delle entrate dell’UCEI sono costituite dalla raccolta dell’Otto per mille, ovvero dalla sottoscrizione volontaria dei contribuenti italiani in occasione della dichiarazione annuale dei redditi. L’importo del gettito dell’Otto per mille è molto importante.
Ecco alcuni numeri per capire:
– circa 4,30 milioni l’importo indicato nel bilancio consuntivo approvato del 2012.
– circa 5,27 milioni l’importo reale comunicatoci dal Ministero solo i primi di luglio 2013
– il gettito è aumentato del 38% dal 2006 (+ 1,4 milioni)
– Il numero dei donatori è aumentato del 20% dal 2006, raggiungendo un totale di circa 70mila cittadini/contribuenti (ricordiamo che gli iscritti alle Comunità sono meno di 25mila), residenti soprattutto nelle regioni del Meridione e del Nord-Est, dove la presenza ebraica è molto bassa.
Con semplici interpolazioni statistiche possiamo ipotizzare che circa 60mila donatori non siano iscritti alle nostre comunità. In parole povere circa quattro contribuenti su cinque sono persone non iscritte alle nostre Comunità e non ricevono alcun servizio comunitario. Passiamo ora alla distribuzione delle risorse. Si evince chiaramente dalla lettura completa del Bilancio, che il grosso delle risorse è:
– diretto in favore delle Comunità, con percentuali diverse a piccole, medie e grandi comunità, ma con criteri di giustizia e di reciproca solidarietà
– diretto verso l’assistenza sociale (la principale preoccupazione dell’azione UCEI accanto ai temi dei giovani, della cultura e del culto).
A dimostrazione di ciò i numeri del 2012 ci dicono che:
– 2.33 milioni sono stati versati direttamente alle Comunità
– 1.88 milioni dedicati per attività a favore delle comunità (di questi 334mila euro per assistenza sociale e 264mila per i giovani)
– 138mila euro per progetti speciali non delle Comunità per attività sociali (di cui 61mila euro a Roma per finanziamenti a OSE, Deputazione e Asili infantili e 48mila circa sono stati impegnati per assicurare assistenza sociale nelle comunità più piccole e periferiche)
– 600mila circa per giovani e cultura (attività a diffusione nazionale)
– Poco più di 500mila per il culto (attività a diffusione nazionale) Stiamo parlando di oltre cinque milioni di euro destinati alle Comunità ebraiche italiane e alle loro attività. Non ci sembra che stiamo facendo attività di sperpero…
Analizziamo infine il settore della comunicazione, tasto forte della polemica innescata sui social network. Possiamo affermare che questo settore include la trasmissione televisiva Sorgente di Vita, i siti internet Moked e UCEI, il mensile Pagine Ebraiche con tutti i suoi inserti, il servizio di rassegna stampa, con collaboratori (al di fuori dei dipendenti dell’Unione) che non percepiscono alcunché per i propri articoli o interventi, e che ha un costo netto di 484mila euro (uscite per 744mila, entrate per 260mila). Nel 2012 il Portale ha avuto 349mila visitatori unici (persone che si sono collegati da 349mila computer diversi) ed è ragionevole ipotizzare che tra queste persone ci siano anche i 60mila non iscritti che scelgono l’UCEI come destinatario dell’Otto per mille. In passato l’UCEI spendeva centinaia di migliaia di euro in campagne pubblicitarie per invitare gli italiani a scegliere l’Unione come destinatario dell’Otto per mille. Ma erano una goccia nel mare di fronte alle campagne della Chiesa: si è quindi deciso di spendere questi soldi in maniera diversa, maggiormente produttiva anche se sicuramente più impegnativa per l’UCEI in termini di sforzi, di tempo dei Consiglieri e degli assessori, di polemiche e discussioni varie che scaturiscono a cadenza regolare. Abbiamo ragione di ritenere che senza Sorgente di Vita, i siti Moked e UCEI, il mensile Pagine Ebraiche, la raccolta dell’Otto per mille, che costituisce quasi due terzi delle entrate dell’Unione, non avrebbe lo stesso gettito, ora in costante aumento.
Le donazioni dell’Otto per mille sono l’unica possibilità di crescita delle entrate dell’UCEI, perciò porre la massima attenzione alla Community dei donatori costituisce una irrinunciabile scelta strategica, e l’informazione (a mezzo stampa o online) è l’unico servizio che l’UCEI svolge a favore non dei soli iscritti alle comunità ma di tutti gli italiani.
Riassumendo, da cinque anni l’UCEI non realizza più campagne pubblicitarie, ma con un investimento analogo, informa quotidianamente iscritti e non iscritti attraverso una capillare attività sul fronte dell’informazione, e grazie a questa scelta è stato possibile incrementare il gettito dell’Otto per mille in maniera sensibile.
La Giunta dell’Unione ringrazia comunque per la sollecitazione, che ha dato modo, attraverso questa breve e sintetica esposizione finanziaria di mostrare l’attività che l’UCEI svolge annualmente.
La Giunta UCEI, Pagine Ebraiche, agosto 2013
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(2 agosto 2013)