Israele – Rabbinato, ecco i figli d’arte
L’ultima settimana di luglio, a poche ore dal momento in cui i 150 grandi elettori si sono riuniti in assemblea per scegliere le nuove guide del Rabbinato centrale israeliano, il ministro degli Affari religiosi Naftali Bennett e quello della Giustizia Tzipi Livni inviavano una lettera a tutti i candidati. Oggetto, l’intenzione di procedere entro la scadenza del prossimo mandato (dieci anni) a una epocale riforma dell’istituzione: l’unificazione delle due cariche in un unico rabbino capo per ashkenaziti e sefarditi. Un segnale di come quella che è stata da più parti definita la più drammatica e lacerante campagna per l’elezione delle guide dell’ebraismo d’Israele ha lasciato e lascerà il segno al di là dei nomi prescelti. Nomi che, fanno notare gli osservatori, non si possono certo considerare sinonimo di cambiamento. Selezionati sono stati infatti l’ashkenazita David Lau e il sefardita Yitzhak Yosef. Tanti gli elementi in comune tra i due, in primis proprio quello di essere diretta emanazione dell’establishment che ha di fatto governato l’istituzione negli ultimi decenni. Entrambi haredim, entrambi figli di rabbini capo (Yisrael Meir Lau, che ha ricoperto l’incarico dal 1993 al 2003 e Ovadia Yosef, che lo ha fatto tra il 1983 e il 1993, ma che è sempre rimasto il punto di riferimento dell’ebraismo sefardita in Israele e non solo), hanno ricevuto l’appoggio del partito religioso Shas, che poteva contare su una solida maggioranza all’interno del corpo elettorale. Identico anche il numero di voti ricevuti dai due, 68 sui 147 espressi nell’ambito del comitato formato da 150 membri, di cui 80 rabbini e 70 rappresentanti del pubblico. Rav Lau, 47 anni, può contare tuttavia su un background più istituzionale di rav Yosef (61 anni), arrivando dall’incarico di rabbino capo di Modiin, città di 75mila abitanti tra Gerusalemme e Tel Aviv. Pur haredi, dopo l’annuncio della sua candidatura, giunto a poche settimane dalle elezioni, il suo sforzo è stato quello di presentarsi come un leader che possa raccogliere anche le esigenze dell’ebraismo dati-leumi (nazional-religioso), e fungere così da anello di congiunzione tra le diverse anime del mondo rabbinico. “Io rappresento tutti i gruppi, lui soltanto un gruppo di nazional-religiosi, questa è la differenza. Occorre scegliere un rav che sia capace di parlare con gli altri rabbanim, non di combatterli. Dialogare è meglio che scontrarsi” ha dichiarato rav Lau in una rara intervista al New York Times prima delle elezioni. “Lui” ossia David Stav, guida dell’organizzazione Modern Orthodox progressista Tzohar. Si deve sicuramente molto alla sua campagna, se l’attenzione della società israeliana ed ebraica nel mondo nei confronti dell’appuntamento elettorale è stata così alta. Candidandosi, rav Stav ha infatti puntato tutto su un’esigenza di rottura rispetto al passato, di riavvicinamento dell’istituzione alla società, ricordando che il Rabbinato centrale è responsabile di temi cruciali, come diritto di famiglia e conversioni, ma è considerato completamente alieno da quasi tutti gli israeliani non haredim (mentre i haredim in molti casi, pur lavorandoci, non ne riconoscono l’autorità). Le idee di Stav hanno avuto un forte impatto nel dibattito politico, pubblico, sui mezzi di informazione, guadagnandogli tra l’altro l’endorsement di quasi tutti i principali partiti della Knesset, Yesh Atid, il Labor, Habayit Hayehudì, Yisrael Beytenu, Hatnua (in silenzio il Likud del premier Benjamin Netanyahu, considerato tuttavia molto vicino a rav Lau). Appoggi che però non sono bastati a fronte dei durissimi attacchi del mondo haredi, e in particolare dello Shas e di Ovadia Yosef, che sui funzionari del Rabbinato, così come sull’assemblea elettorale, esercita una fortissima influenza. Le parole contro Stav (definito un malvagio) da una parte, e le inchieste che hanno colpito il rabbino capo ashkenazita Yona Metzger, finito agli arresti domiciliari per corruzione e malversazione dall’altra, hanno contribuito a esacerbare il clima e rendere più ancora più sentita ed evidente la necessità di riflettere sul ruolo del Rabbinato centrale, istituito in Israele ancora nel 1921 sotto il mandato britannico. La scelta di due figli d’arte ha confermato le criticità, considerando tra l’altro che rav Yosef non può nemmeno contare su esperienze precedenti di particolare rilievo (dirigeva la Yeshivat Hazon Ovadia) ed è stato scelto dal padre come candidato solo dopo la notizia di inchieste giudiziarie a carico del figlio maggiore Avraham, inizialmente indicato da rav Ovadia. Elementi che le analisi apparse sulla stampa israeliana all’indomani delle elezioni non hanno mancato di mettere in luce. Giornali di estrazione molto diversa, Haaretz, Jerusalem Post, Israel Hayom, Yedioth Achronoth, hanno sottolineato inoltre la sconfitta dell’ebraismo dati-leumi, che aveva in larga maggioranza puntato su David Stav, nei confronti dei haredim, che si prendono invece una decisa rivincita dopo che, in seguito alle elezioni per la Knesset lo scorso gennaio, Shas e l’ashkenazita Yahadut HaTorah sono rimasti esclusi dalla coalizione di governo. Il Rabbinato rappresenta infatti un importante centro di potere politico ed economico, senza dimenticare che nel frattempo l’esecutivo sta portando avanti progetti di riforma per introdurre l’arruolamento obbligatorio per i giovani haredim e potenziare la presenza femminile nelle istituzioni pubbliche. E forse, dopo i molti recenti tentativi di modificare la Chief Rabbinate Law andati completamente a vuoto, tutto ciò che è successo negli ultimi mesi potrà indurre la classe dirigente israeliana a intraprendere un serio ragionamento su quali debbano essere il ruolo, l’identità e i meccanismi di raccordo con la politica e con la società dell’istituzione. In pochi negano che ve ne sia il bisogno.
Pagine Ebraiche, agosto 2013
Il messaggio del rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni
Il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni ha inviato a rav Lau e rav Yosef il seguente messaggio, come riportato sul sito comunitario:
“A nome dei rabbini, dei dirigenti e di tutti i membri della Comunità Ebraica di Roma, desidero manifestare la nostra gioia per questo importante incarico. Augurarvi grande successo con l’ aiuto di D. per questo compito, fondamentale nella vita del popolo d’Israele. Spero che continueranno ad esserci stretti rapporti di collaborazione, come ormai da decenni, tra il rabbinato centrale d’Israele e la nostra Comunità, antica di oltre duemila anni eppure giovane nello spirito e piena di fervore per Erez Isreal e per la Torah”
(1 agosto 2013)