Rigidità e serietà

anna segrePer gli insegnanti rigidità e severità sono sinonimi di serietà? L’idea (accennata implicitamente in un paragone proposto da Rav Riccardo Di Segni alla fine di un suo articolo apparso recentemente sul sito della Comunità di Roma sul ruolo dei rabbini) è molto diffusa, ma devo confessare che non mi convince. Per me un buon insegnante non è chi dà 4 a tutti, ma chi riesce a portare il maggior numero possibile di persone alla sufficienza senza derogare dagli obiettivi minimi prefissati. E se nessuno raggiunge gli obiettivi minimi, a mio parere gli insegnanti davvero seri sono quelli capaci di mettersi in discussione e cercare di capire cosa non ha funzionato, arrivando a volte a rivedere gli obiettivi stessi quando alla prova dei fatti si siano rivelati non realistici. E se gli obiettivi minimi che nessuno raggiunge sono quelli richiesti dal Ministero, allora forse è opportuno avviare o sollecitare una riflessione globale sull’intero sistema. La serietà dal mio punto di vista non si dimostra con la severità ma con la correttezza dei rapporti e con una comunicazione chiara e trasparente degli obiettivi e dei criteri di valutazione. Agli esami di stato, ascoltando gli orali delle materie che non insegno ma che sono in grado di valutare (per esempio la storia), ho notato che allievi di insegnanti considerati rigidi (e quindi automaticamente seri) si dimostrano a volte poco preparati, mentre allievi di insegnanti considerati troppo lassisti fanno spesso bella figura, anche con i commissari esterni: quindi alla prova dei fatti si rivela spesso poco fondato il pregiudizio diffuso a favore dei colleghi “rigidi” e contro i colleghi “morbidi”. Cosa c’entrano i rabbini? Forse nulla: il paragone con gli insegnanti era solo uno tra i tanti proposti da Rav Di Segni, e neppure quello a cui ha dato più peso. Le similitudini sono utili per suggerire un’idea (come ha fatto il rav) ma se portate avanti sistematicamente rivelano inevitabilmente qualche falla. Quindi non mi azzardo a spingermi troppo in là con i paragoni. Ho notato però che in entrambi i mestieri a volte si tende a dare pregiudizialmente per scontato che i buoni risultati (molti alunni con voti alti, molti ebrei “lontani” che si avvicinano) siano di per sé un sintomo di scarsa serietà. Personalmente ritengo che in entrambi i casi sia un mito da sfatare.

Anna Segre, insegnante

(2 agosto 2013)