Nugae – Incontri ravvicinati di tipo ebraico
Fiammetta, Marta e Francesca passeggiano sul lungomare dell’isola di Hvar, in Croazia, una brezza leggera accarezza la loro pelle salata al ritorno dalla spiaggia, il sole si tuffa nel mare arancione del tramonto e le tre amiche in vacanza si dedicano a discorsi impegnati come il colore dello smalto da mettere sui piedi. Aiuto, sembra l’inizio di un romanzo di Federico Moccia. Ma niente paura, è un po’ fatto apposta, vale la pena di andare avanti. Insomma, durante la camminata verso casa – che a dirla tutta non è così piacevole come sembra, anzi è una gran fatica col caldo e tutte quelle stradine strette in salita e discesa, Moccia non si rende mica tanto conto di come va il mondo – un ragazzo e una ragazza si avvicinano a Marta e le chiedono come sta. In ebraico. E naturalmente lei, dopo un buon numero di anni di scuola ebraica, risponde. E mentre Fiammetta e Francesca ridono dell’incontro stravagante, proprio due israeliani su un’isoletta della Croazia, i due fanciulli le guardano basiti. Completamente storditi. “Ma come, siete ebree? Italiane?”, chiedono increduli. Passato il momento di disorientamento iniziale, viene fuori che Lisa e Ben sono ebrei australiani, in uno di quei viaggi avventurosi in giro per l’Europa, che si divertono a fare questo strano scherzetto, rivolgersi in ebraico ai passanti, certi di non venire capiti. Questa però è la prima volta che qualcuno risponde. Ma a parte il fatto che non è esattamente chiaro cosa ci sia di così divertente nel venire guardati un po’ storti da perfetti sconosciuti che non capiscono l’ebraico, si dà il caso che fra qualche mese Marta parta per studiare un semestre a Sidney. E così si è trovata dei nuovi amici da cui fare Shabbat, un paio di challot dall’altra parte del mondo. Allora è questo il popolo ebraico di cui si parla sempre, è come avere dei parenti sparsi un po’ dappertutto. Un’enorme famiglia che ha anticipato di qualche secolo la globalizzazione, con gli stessi loghi a sei punte o a otto bracci che si ritrovano dovunque, come Starbucks. E fanno sentire subito a casa. Cose che Moccia non immagina nemmeno. Ah, e ovviamente ogni riferimento a cose fatti e persone non è affatto puramente casuale.
Francesca Matalon, studentessa di lettere antiche twitter @MatalonF
(4 agosto 2013)