Elul…

Il legame tra l’uomo e D-o prevede che le parti, in tempi diversi, si muovano per avvicinarsi l’uno verso l’altro. Il mese di Elul, che inizierà stasera, è il tempo per fare la nostra mossa di avvicinamento verso il Signore. D-o, a Sua volta, la fa durante tutto l’anno: “Rabbi Yehoshua ben Levì disse: ogni giorno una voce esce dal monte Chorev che proclama: guai a coloro che sono motivo di offesa per la Torà” (Mishnà Avot 6:2). In questo processo di avvicinamento bisogna saper riconoscere che le barriere che ci sono tra noi e il Signore sono opera delle nostre mani e quindi è nostra responsabilità rimuoverle nel mese di Elul. Solo allora potremo riuscire ad ascoltare quella “voce” che ci chiamerà durante tutto il resto dell’anno. Questo processo di itvatlut vekabalà (annullamento e ricezione) è ben rappresentato dal suono dello Shofar. Il principio fondante di questa mitzwà è l’ascolto; lo Shofar apre la nostra mente annullando tutto ciò che la oscura e la predispone a ricevere la voce di D-o, per ridestarci dal torpore della ‘averà (trasgressione) e per illuminarci della luce della Torà.
In alcuni minhaghim, dal mese di Elul fino ad Hoshanà Rabbà, il giorno del sigillo finale del giudizio sul nostro comportamento si recita il Salmo 27. L’autore del salmo (v. 4) esprime così la sua fiducia incondizionata nel Signore: “una cosa sola io domando all’Eterno, gli chiedo di abitare nella casa dell’Eterno per tutti i giorni della mia vita per godere la gioia (della presenza) dell’Eterno e visitare il Suo Santuario.” La ripetizione achat shaalti (una cosa sola io domando) e ota avakesh (gli chiedo di), sottolinea la particolarità della richiesta: risiedere nella Casa del Signore tutta la vita.
A volte, chiediamo alcune cose come mezzo per raggiungerne delle altre; in questo caso il salmista indica che non c’è altro scopo nella Torà che studiarla e metterla in pratica, lishmà, senza altri fini.

Chodesh Tov habbà ‘alenu leshalom uttava

Adolfo Locci, rabbino capo di Padova

(5 agosto 2013)