Tea for two – Personaggi alleniani
L’altro giorno, invece di studiare filologia, guardavo Misterioso omicidio a Manhattan (che in italiano perde un po’ quel potere allitterante del titolo originale, Manhattan Murder Mystery) di Woody Allen ed improvvisamente ho cominciato a pensare con una certa insistenza: “Possibile che i personaggi alleniani non abbiano mai un’incombenza o un lavoro del quale occuparsi?”. Ci troviamo continuamente di fronte a intellettualoidi del gotha di New York che passano la vita a parlare dei loro analisti, delle loro ipocondrie e dei film di Bergman. Trascorrono eterne domeniche all’Opera, nei giardinetti di Brooklyn, in partenza per gli Hamptons o nei cinema d’essai mentre fuori la pioggia scende copiosa. E se il senso di colpa che Woody Allen taccia essere di matrice tipicamente ebraica fosse invece la consapevolezza di vivere in otium la maggior parte del tempo? Se invece di essere perseguitato a tempi alterni da chachamim con peoth o antisemiti della prima ora, i veri aguzzini fossero i proletari, sui quali il personaggio alleniano medio ha come minimo una trentina di saggi teorici in almeno tre lingue? C’è qualcosa di Tolstoj in tutto questo ed in effetti nemmeno Lev sfugge dalle grinfie di Woody. Uno degli eroi più amati di sempre, Levin, co-protagonista in Anna Karenina ed evidentemente un alter ego di Tolstoj, vive con un dramma esistenziale: perché è nato ricco? Perché non lavora? Mentre Anna si turba nelle feste moscovite e pietroburghesi e il marito mette a frutto la sua arte nel negotium politico, Levin è in crisi e trova requie solo in un preciso momento: quando decide di unirsi ai suoi contadini e zappare la terra. Quando è sul punto di stramazzare al suolo, il capo dei lavori ordina la pausa. E alla fine della giornata, si sente temporaneamente ristorato dalla soddisfazione di non essersi perso nella vacuità della mondanità. Il “faccio cose, vedo gente” di Moretti si sposa con La grande bellezza della cricca di intellettuali di bianco vestiti di Sorrentino. E così, se fossi il dott. Goldenblatt, Rosenthal, Blumenfield o qualsiasi analista con problemi di yiddishe mame che ha in cura il personaggio alleniano, probabilmente gli direi di munirsi di zappa e darsi da fare in modo da calibrare il poderoso lavoro intellettuale con un po’ di madre terra. Producendo prodotti bio of course. Ma la verità è che probabilmente vorrei solo essere invitata anche io in quelle giornate di domenica perenne a fare discorsi concettuali, passeggiando per il Metropolitan o il Guggenheim o al mercatino delle pulci, mentre per il mondo lì fuori è un altro pulciosissimo lunedì di lavoro.
Rachel Silvera, studentessa