Qui Genova – Dora Venezia 1925-2013

“Ha dato la sua vita per la Memoria. Nelle scuole, in ogni luogo. È una grave perdita per tutti noi”. Così il direttore scientifico del Museo della Shoah di Roma Marcello Pezzetti nel ricordare Dora Venezia, Testimone della Shoah nata in Turchia da una famiglia di origine italiana e scomparsa nelle scorse ore a Genova. Una perdita che Pezzetti, autore di una storica intervista svoltasi nel carcere di Marassi dove Venezia fu fatta prigionera assieme ai familiari, ricostruisce per i nostri lettori con parole di grande dolore e commozione. “Dora aveva una forza interiore incredibile – racconta lo storico – e non si è sottratta, fino all’ultimo, alla testimonianza. Era un po’ l’anima della deportazione degli ebrei di Genova e se la cittadinanza sa qualcosa di quel drammatico capitolo è in larga misura merito suo e di un altro sopravvissuto, Gilberto Simoni”. Ad annunciare la scomparsa la Comunità ebraica del capoluogo ligure in una nota di vicinanza ai familiari in cui, ad essere messo in evidenza, è proprio l’aspetto della testimonianza che avrebbe caratterizzato gran parte del suo impegno verso la Comunità stessa, al cui interno avrebbe lavorato per molti anni, ma soprattutto verso le nuove generazioni. Ne “Una gioventù offesa. Ebrei genovesi ricordano”, testo pubblicato nel 1995 dalla casa editrice Giuntina, Dora racconta il ritorno alla normalità dopo Auschwitz-Birkenau, la Marcia della Morte e Bergen-Belsen. “Tornata a Genova ho ritrovato una sorella, la casa e un lavoro. Ma – sottolinea – non sono riuscita a ritrovare me stessa”. Una storia di sofferenza in cui Pezzetti è andato a scavare approfondendo traumi e sensazioni che hanno accompagnato la vita di Dora e dei suoi cari dalla promulgazione delle leggi razziste del 1938 fino all’arresto, avvenuto nel 1944 in seguito alla delazione di alcuni falsi amici. Marassi, Fossoli e quindi l’inferno del lager dove Dora assisterà all’uccisione del fratello. Dalla retata si salva solo la sorella maggiore, che la notte dell’arresto dormiva altrove, e che riuscirà ad abbracciare alla fine della guerra. Un inferno che la Testimone ha voluto ricostruire, assieme a Pezzetti, nella stessa ala del carcere (poi successivamente demolito) in cui trascorse il primo periodo di prigionia. “È stata un’esperienza molto forte perché quell’area specifica della struttura – spiega Pezzetti – si trovava nelle stesse condizioni in cui fu carcerata Dora. Come siamo entrati in quella cella, la sua cella, si è voluta intrattenere con alcune prigioniere interessandosi alla loro sorte e ai motivi della loro detenzione”. Il trauma più forte di quegli anni, specie in chi viveva l’italianità come un vero e proprio caposaldo, la promulgazione della legislazione antiebraica da parte del regime. Dora aveva 13 anni, era una brava studentessa, amava andare a scuola. D’un tratto la parola fine. Le trovano un piccolo lavoro come sarta ed è in questa circostanza, spiega Pezzetti, “che dimostrerà una prima volta l’eccezionalità del suo carattere”. Tutte le mattine, recandosi a lavoro, prende infatti i libri sottobraccio come una normale studentessa e, con gli amati volumi in bella vista, percorre la strada che la divide dal suo impiego. L’obiettivo è dissimulare il distacco ed essere percepita come una giovane alunna intenta ad arricchire il proprio bagaglio culturale. “È solo un aspetto della sua vita ma dà il senso di quale persona straordinaria abbiamo appena perso”, conclude Pezzetti.

Adam Smulevich twitter @asmulevichmoked

(14 agosto 2013)