Democrazia e mediazione
“Ci sono altre domande?” chiede la guida al termine della visita al Bundestag, dopo aver illustrato come funziona il Parlamento tedesco e i suoi rapporti con gli altri poteri dello Stato.
“Possiamo chiedere asilo politico?” mormora qualcuno sottovoce.
Chi avrebbe immaginato nel 1945 che dopo pochi decenni avrebbe potuto venir fuori una battuta del genere, sia pure per scherzo, da un gruppo di italiani, tra cui alcuni ebrei? Che la Germania non solo avrebbe cessato di far paura, ma avrebbe finito addirittura per suscitare la nostra invidia? E che la battuta sarebbe stata pronunciata proprio nell’imponente e minaccioso palazzo del Reichstag?
Forse i motivi di invidia non sono tutti davvero fondati e la guida stessa ha sottolineato che la Germania non è il paradiso terrestre; quello che probabilmente ha colpito tutti i visitatori è la naturalezza con cui sono stati enunciati alcuni elementari principi che nell’Italia di oggi suonano come tabù.
Uno per tutti, che mi pare particolarmente significativo e tocca anche noi: se due partiti sono entrambi davvero democratici non è possibile che non siano capaci di raggiungere compromessi. Da noi, nonostante i governi trasversali degli ultimi anni, i compromessi sono considerati un abominio e di fronte a qualunque tentativo di mediazione si grida all’inciucio. La coerenza è certamente un valore, ma quando si chiama coerenza l’incapacità di mediare e si considera un valore l’indisponibilità a qualunque compromesso forse c’è qualcosa che non funziona. In effetti a pensarci bene è un po’ inquietante che nella politica italiana (e anche nelle nostre Comunità) si preferisca assegnare premi di maggioranza (cioè si sancisca il diritto di una minoranza a comandare sulla maggioranza), piuttosto che ammettere che se nessun partito o coalizione (o lista, se parliamo di noi) ha ricevuto i voti della maggioranza assoluta degli elettori forse è giusto che nessun partito, coalizione o lista governi da solo. Poi nella politica italiana i compromessi e le mediazioni si fanno comunque, ma essendo considerati un abominio si fanno di nascosto, senza che gli elettori possano controllare come e perché si fanno.
Forse prima di chiedere asilo politico alla Germania o ad altri potremmo provare a riappropriarci del diritto di usare senza vergogna parole nomali in democrazia senza aver paura che qualcuno si scandalizzi.
Anna Segre, insegnante
(16 agosto 2013)