Tea for two – Vogue
Il September Issue è il numero di Vogue America che merita un uso spropositato di maiuscole. Noto quasi quanto la temuta direttrice Anna Wintour, la copia di settembre, che ingrassa sempre per l’occasione, si è addirittura conquistata il ruolo di protagonista in un documentario. Un documentario che ho visto con degli improbabili sottotitoli in giapponese. September Issue è l’arma necessaria di chi vuole capire dove sta andando il mondo dei potenti, dietro a lustrini e cotillons nasconde gli ingranaggi della gente che conta. Un po’ come quando ne Il diavolo veste Prada, la diavolessa Miranda Priestly spiega con voce tra il carezzevole e l’inquietante che il maglione infeltrito della sua assistente che snobba la moda, è ceruleo perché lei ha deciso anni prima che il ceruleo fosse il nuovo nero. Ebbene, questo anno Vogue incorona Marissa Mayer, amministratore di Yahoo, la nuova regina patinata. Mentre la rete si interroga costantemente sulle sue possibili origini ebraiche, le immagini di Vogue fanno discutere: è giusto che i potenti si mostrino sui tacchi a spillo con i capelli freschi di parrucchiere, inguainati in un tubino da migliaia di dollari? Marissa non perde credibilità? Vi confesserò che se c’è una cosa che contraddistingue Vogue, quella è proprio la credibilità. Negli anni è stato il confessionale di first ladies e affini: da Hillary a Michelle. Ricordo ancora la mia prima copia comprata l’estate della prima media per trarre ispirazione per il mio vestito del bat mitzvah; la faccia imbambolata di fronte a dei tacchi di Tom Ford per Gucci. Da lì la decisione di un unico lusso annuale: un numero di Vogue. E scommetto che anche per Marissa è stato così, tra codici e cervelloni. Di strade da seguire però ce ne sono infinite, come quella di Alexander Liberman, l’artista dietro agli anni d’oro di Vogue. Ma questa è un’altra storia (che non vedo l’ora di raccontarvi).
Rachel Silvera, studentessa
(26 agosto 2013)