Da Baghdad a Damasco

Tobia_ZeviDieci anni fa manifestavo contro la guerra in Iraq. Un intervento militare che appariva sbagliato, inutile, foriero di conseguenze gravi e imprevedibili. Un’iniziativa che non poggiava sul consenso internazionale, ma su informazioni dell’intelligence – le famose armi di distruzioni di massa – che da subito sembrarono fragili, inconsistenti, dubbie. Come poi avremmo saputo. Un’avventura che avrebbe avvantaggiato pochi e perso tante vite umane. A essere sincero devo dire che rimpiango le certezze di allora.
Dieci anni dopo, tutto mi appare meno chiaro. L’istinto mi dice che anche l’attacco alla Siria sarebbe sbagliato. E credo che la mia sensazione sia sostanzialmente condivisa da chi questa decisione deve prendere, Barack Obama. Ma dobbiamo essere onesti. Differenze tra l’Iraq di Saddam e la Siria di Assad esistono. L’equilibrio, nel caso della Siria, è già stato spezzato da una parte del popolo siriano che si è ribellato. Saddam aveva ancora il controllo degli apparati e della popolazione, mentre Assad deve sparare al suo popolo per mantenere il potere. L’attuale guerra civile siriana nasce nel solco delle “primavere” arabe, che non si sa come finiranno ma sono state certamente endogene, nate nelle nazioni arabe e non per “esportare la democrazia”.
Israele non sa se augurarsi la fine di un regime certo o l’inizio di una democrazia incerta. Il dubbio di Israele è il dubbio di qualunque osservatore democratico. Ed è il dilemma morale drammatico che la crisi siriana ci pone dinnanzi. Che cosa può fare la comunità internazionale per evitare lo spargimento di altro, tanto, troppo sangue civile? Esiste un’alternativa all’intervento militare? A questa domanda rispondemmo no nel caso della Libia, e forse faremmo oggi altrettanto, senza ignorare, però, che la caduta di Gheddafi non ha certo risolto i problemi della Libia, che anzi sono aumentati e mutati di grado.
Una cosa è certa. Qualunque soluzione politica va esplorata e percorsa. Il Ministro degli Esteri Emma Bonino ipotizza e auspica un esilio del dittatore siriano. Forse è una strada impossibile, ma c’è l’obbligo morale di provarci.

Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas, @tobiazevi

(27 agosto 2013)