Qui New York – Dolore alla Yeshiva University
“In questo rapporto sono emersi fatti che rappresentano una fonte di vergogna e tristezza per la nostra istituzione. Per conto del consiglio di amministrazione e dell’intera comunità dell’università, esprimo qui il più profondo e sentito rimorso. Spero sinceramente che il nostro riconoscimento possa essere di qualche conforto e vicinanza alle vittime”. È grande la lacerazione espressa da Richard M. Joel, presidente della Yeshiva University, l’istituzione newyorkese che rappresenta il faro dell’ebraismo Modern Orthodox in America e nel mondo. Lacerazione che emerge nella nota con cui Joel ha commentato i risultati dell’inchiesta commissionata dalla stessa università a un grosso studio legale internazionale a proposito delle accuse di abusi sessuali commessi nell’istituto, e in particolare nel liceo a esso affiliato. Il lavoro (da oltre due milioni di dollari secondo le voci) è stato affidato alla Sullivan & Cromwell allo scopo di fare luce su fatti avvenuti negli anni ’70 e ’80, svelati al pubblico per la prima volta dalla stampa ebraica newyorkese (soprattutto dal Forward) e oggi oggetto di una causa di risarcimento nei confronti della Yeshiva del valore di 380 milioni di dollari, portata avanti da un gruppo di una ventina di ex studenti.
Nel rapporto, lungo 53 pagine e scaricabile sul sito dell’università, vengono suggerite anche numerose azioni da intraprendere affinché simili episodi oscuri non si ripetano in futuro, e in particolare l’implementazione di programmi di formazione per rabbini, insegnanti o aspiranti tali perché possano riconoscere segni di disagio nei propri allievi come sintomo di eventuali abusi subiti e reagire nella maniera adeguata. Suggerimenti che il presidente Joel si è impegnato ad accogliere.
“L’inchiesta di Sullivan & Cromwell ci deve servire come promemoria per imparare dal passato e assumerci la responsabilità del nostro futuro. Dobbiamo adempiere al mandato di impersonare il modello della più alta morale ed etica per i tanti che guardano alla Yeshiva University come punto di riferimento e continuare a rappresentare una fonte di luce nel mondo” prosegue la nota di Joel.
A definire invece il documento “una grossa delusione, ma non una sorpresa” è stato Kevin Mulhearn, avvocato delle vittime nella causa contro l’università, che ha sottolineato come in esso non emerga nulla di nuovo rispetto a quanto già pubblicato sui giornali.
Già nelle scorse settimane, a prendere posizione sulle vicende per la Yeshiva era stato il rabbino Norman Lamm, lasciando l’università dopo oltre sessant’anni “da studente, insegnante, Rosh Yeshivah, presidente e rettore”. “Tutto ciò che abbiamo costruito per i nostri figli rischia di essere distrutto per colpa di alcune scelte, ben intenzionate, ma errate – aveva dichiarato nel suo discorso di commiato – Quando questo accade, ciascuno deve fare teshuvah. Dunque, anche io”.
Rossella Tercatin twitter @rtercatinmoked
Un passo indietro a testa alta
“Al tempo in cui azioni inappropriate furono portate alla mia attenzione, mi comportai nel modo che all’epoca ritenni più corretto. Comprendo meglio oggi di quanto feci allora che, a volte, quando si pensa di fare del bene, le azioni non corrispondono alla propria percezione. Ci si sottomette alla momentanea compassione nei confronti dei singoli individui concedendo loro il beneficio del dubbio, e in questo modo si evita di riconoscere ciò cui ci si trova davanti (…) Tutto ciò che abbiamo costruito per i nostri figli rischia di essere distrutto per colpa di alcune scelte, ben intenzionate, ma errate. E quando questo accade, ciascuno deve fare teshuvah. Dunque, anche io”. A pronunciare queste parole, nel suo lungo messaggio di commiato, il rabbino Norman Lamm, rettore della Yeshiva University, l’istituto che nel cuore di New York incarna più di ogni altro lo spirito e i principi dell’ebraismo Modern Orthodox. Un commiato, a 85 anni (e secondo alcune voci, dettato anche da ragioni di salute), che arriva dopo oltre sessant’anni di affiliazione “da studente, insegnante, Rosh Yeshivah, presidente e rettore”, e ha colpito tutti. Per il modo in cui rav Lamm ha alzato il viso di fronte alle notizie che si sono poi trasformate in inchieste giudiziarie, per assumersi con forza la responsabilità di quanto accaduto: di avere, per quanto convinto di agire per il meglio, sbagliato nell’affrontare i casi di abusi emersi nei suoi anni alla guida della Yeshiva, allontanando il personale in questione, insegnanti, rabbini, anziché denunciando. I particolari oscuri di ciò che è successo nell’istituto (compreso il liceo maschile a esso affiliato) sono stati svelati per la prima volta al pubblico dalla stampa ebraica newyorkese, con una grande lezione di trasparenza e professionalità. A partire dal dicembre 2012, Paul Berger del Forward ha indagato e riportato le testimonianze di numerosi ex allievi, una trentina dei quali oggi impegnati in una causa da 380 milioni di dollari contro la Yeshiva, che nel frattempo ha aperto anche un’inchiesta interna, affidandola a un importante studio legale (al costo stimato di due milioni e mezzo di dollari). Nato a Brooklyn nel 1927, rav Lamm è uno dei più importanti leader spirituali dell’ebraismo Modern Orthodox di questo tempo. Laureatosi in chimica alla Yeshiva University nel 1949, prima di ottenere anche un dottorato in filosofia ebraica, rav Lamm è stato allievo del grande Maestro rav Joseph B. Soloveitchik (1903-1993). Lamm è anche autore di numerosi libri, tra cui “Torah Umadda: The Encounter of Religious Learning and Worldly Knowledge in the Jewish Tradition”, (“Torah e scienza: l’incontro tra insegnamento religioso e conoscenza secolare nella tradizione ebraica”) pubblicato negli anni ‘80 quando cominciò a diffondersi, nelle frange ebraiche più tradizionaliste, l’opinione che l’ebraismo Modern Orthodox rappresentasse una versione meno rigorosa di quello haredi. E Torah Umadda è anche il principio cardine e il motto della stessa Yeshiva, di cui il rabbino assunse la guida a metà degli anni ’70 quando essa si trovava a un passo dalla bancarotta, salvandola finanziariamente e imprimendole una svolta decisiva anche da un punto di vista accademico. Ed è proprio l’aver plasmato un’istituzione finalmente solida in ottica economica, autorevole, e dagli straordinari standard, a costituire a detta dei più, il grande lascito di rav Lamm, che è stato un prolifico pensatore e che si è fatto conoscere anche per la sua capacità di dialogo con le correnti non ortodosse dell’ebraismo, pur opponendole strenuamente dal punto di vista teologico. La sua decisione, quella di ritirarsi, ma soprattutto quella di farlo chiedendo perdono, è dunque una scelta forte, che ha scosso profondamente le coscienze. C’è chi sostiene che rappresenti un messaggio di coraggio e verità e chi invece sottolinea come il gesto non possa essere ritenuto che un primo passo. Alta rimane la gratitudine nei confronti del rabbino per tutti gli anni di servizio e forse anche per il modo in cui, andandosene, ha impartito la sua ennesima lezione: che il tempo dell’oscurità è finito e che è ora di percorrere una nuova via di fronte a fatti che turbano la vita di una comunità. “La benedizione di Yaakov a Yehudah, attah yodukha achekha (Genesi 49:8) letteralmente significa ‘i tuoi fratelli ti riconosceranno (come proprio leader)’ – si legge ancora nel messaggio di rav Lamm – Tuttavia la parola yodukha, ‘ti riconosceranno’ è etimologicamente correlata a un altro termine, vidui, confessione, e dunque ci insegna che solo coloro che sanno, come Yehudah, confessare sono coloro che possono essere riconosciuti come veri leader”.
(Il disegno è di Marina Foa)
Rossella Tercatin, Pagine ebraiche, settembre 2013
(27 agosto 2013)