Casa, famiglia, lavoro
Perché la prima casa dovrebbe essere esente per principio da imposte anche per chi non avrebbe problemi a pagarle? Questo assioma dato spesso per scontato, e a cui neppure la sinistra si è dimostrata in grado di contrapporre un discorso diverso, suscita in me un profondo disagio. Non intendo affrontare la questione dal punto di vista economico, ma mi pare evidente che il tema dell’IMU sia stato scelto non tanto per i suoi reali risvolti economici quanto per la sua valenza simbolica, ed è di questa che vorrei discutere. Che cosa rappresenta la prima casa, quali valori incarna? La casa intoccabile persino dalle tasse pare avere un valore sacrale, come una zona franca al di fuori della società e su cui lo stato non ha alcun diritto. Ne deriva un’idea di famiglia considerata come unità compatta, chiusa in se stessa, desiderosa di interagire il meno possibile con l’esterno, anche quando l’esterno è uno stato che mira a redistribuire le risorse in modo più equo. Un’idea di famiglia così forte che rischia di schiacciare l’individuo, che è portatore di diritti solo in quanto parte di un insieme compatto e intoccabile. In questo sistema di valori trova poco posto il lavoro come strumento di realizzazione individuale, e infatti la tutela dei diritti dei lavoratori pare un tema ormai fuori moda.
Forse anche per aver frequentato tanti anni l’Hashomer Hatzair, sono cresciuta con l’idea che il lavoro – anche manuale – sia un valore in sé e che i frutti del nostro lavoro ci spettino di diritto ben più dei beni di famiglia: ricordo quanto mi era parsa buona la colazione del mio primo giorno di lavoro in kibbutz e quella sensazione meravigliosa che provavo nel gustare un cibo che per la prima volta in vita mia sentivo di essermi davvero guadagnata. Forse non è un caso che all’Hashomer si tenda a non usare i cognomi (ciascuno è chiamato con il suo nome seguito da quello della kvutzà, del gruppo, a cui appartiene), sottolineando così simbolicamente l’uguaglianza di tutti indipendentemente dalle famiglie di provenienza. L’uguaglianza, il lavoro come valore, la solidarietà, il principio “da ciascuno secondo le sue possibilità, a ciascuno secondo le sue necessità” (clamorosamente negato nel dibattito sull’IMU): non so se si debbano definire valori ebraici o “shomristici”; allora le due cose mi sembravano inscindibili e ancora oggi non riesco a credere che quei valori non abbiano proprio niente a che vedere con l’ebraismo.
Shanah Tovah a tutti
Anna Segre, insegnante
(30 agosto 2013)