Qui Livorno – Un anno per ricominciare
Ci troviamo nel periodo delle feste che ha inizio con Rosh Hashanà e termina con Simkhat Torà. In questo periodo ci sono più feste che in ogni altro periodo dell’anno. È la stagione più importante dell’anno, al centro della quale si trova il giorno di Kippur.
La preparazione ha inizio già da Rosh Khodesh Elul, con l’ascolto del suono dello Shofar nel Beth ha-Kenesseth ogni mattino, e con l’introduzione nella Tefillà delle Selikhot, per risvegliare i cuori e prepararli a queste giornate.
Una parte di questa preparazione per l’anno nuovo si svolge nel Seder di Rosh Hashanà, secondo le indicazioni del Talmud. Si mangiano cibi dolci o simbolici, augurando che l’anno nuovo sia prospero e pieno di cose buone.
I nostri Maestri dicono, in aramaico, “Simana milta hi” – nel simbolo c’è un valore, intendendo – chiaramente – non soltanto un valore spirituale, ma anche una forza psicologica. E anche: “Dietro alle azioni vanno i cuori”. L’azione ci costringe a cambiare il nostro pensiero, e il nostro pensiero crea la realtà. Per l’anno prossimo noi desideriamo una realtà migliore.
Rosh Hashanà è la festa che contiene più simboli: una delle tradizioni più diffuse è quella del Tashlich come modo per “gettare via” i nostri peccati. Al momento del Tashlich, recitiamo una preghiera simbolica che ha come scopo quello di dare consistenza fisica alla nostra profonda volontà di buttare via i nostri peccati.
Colui che per primo ha scritto riguardo a questo min’ag è Hamaharil Rabì Moshè Yaakov Mulin, giurista del XV secolo. Nel XVI secolo Rabbi Moshè Isserlich (Harama), grande Maestro della Polonia, sottolineò ulteriormente l’importanza di questo min’ag nello Shulchan Arukh. Rabbì Chaim Vital, discepolo diArizal di Tzfat, ha dato un senso positivo a questo uso, che perciò è accolto in quasi tutte le Comunità ebraiche, sia sefardite che askenazite.
Il motivo è che alla base di questo min’ag c’è l’acqua. Hamaharil ha riportato un midrash in cui si narra che, mentre Abramo stava andando a sacrificare suo figlio, lungo il cammino si trovò a dover attraversare un fiume, che in realtà era il Satan. Abramo, che aveva grande fede in Kadosh Baruch Hu – entrò nel fiume, rischiando la vita – e pregò Kadosh Baruch Hu, che allontanò il Satan. Così, durante il Tashlikh noi ricordiamo il sacrificio di Isacco.
Rabì Mordekhai Jafe, rabbino askenazita del XVI secolo, così come il Ramà, indica che i pesci sono un buon segno, simbolo di grande natalità, di benedizione (senza malocchio perché stanno sotto l’acqua) e, una volta nella rete, dipendenti dal Signore, come l’essere umano. Gli occhi dei pesci poi sono sempre aperti, come noi ci auguriamo saranno gli occhi di D-o su di noi.
Ci sono ancora altrettante spiegazioni del rito secondo la Kabbalà, ma ciò che vogliamo ricordare è la sostanza, cioè il nostro desiderio di ricominciare di nuovo, gettando via i nostri sbagli, i nostri errori, le nostre colpe e peccati, e aprire una pagina nuova della nostra vita.
Auguro a tutti un Anno buono e dolce. Shanà Tovà umetukà
Yair Didi, rabbino capo di Livorno
(1 settembre 2013)