Qui Roma – Un anno per l’azione

rav di segniL’inizio dell’anno nuovo viene celebrato in casa con una specie di seder in cui si mangiano alimenti con valore simbolico. La forma più semplice di questo “seder” è quella ashkenazita che prescrive uno spicchio di mela intinta nel miele. I sefardim hanno invece una lunga lista di cibi. Prima di mangiare quei cibi che richiedono una benedizione (come i frutti dell’albero), la si recita con l’aggiunta di una formula augurale che spiega l’intenzione; ad esempio, per mela e miele, si benedice borè perì ha’etz e si chiede che quest’anno sia dolce come il miele. Ma in che momento si recita la formula, prima della benedizione, dopo la benedizione e subito prima di mangiare o dopo aver mangiato? Il problema halakhico nasce dal dubbio se sia lecito interrompere la sequenza benedizione-consumo con una formula aggiuntiva. Tutte e tre le possibilità sono sostenute da qualche autorità rabbinica e ognuna ha la sua motivazione tecnica. Questa piccola discussione, che non è affatto sorprendente per chi studia la letteratura rabbinica, ma che potrebbe sembrare cavillosa a chi vi è meno abituato, nasconde un grande valore simbolico. Perché la formula è ciò che dà senso all’azione, e il problema è questo: quando è che tutte le nostre azioni assumono un senso? Devono esssere programmate fin dall’inizio, o nell’esatto momento in cui si compiono oppure è solo alla fine, a cose fatte, che possiamo dare loro un significato? Questa domanda è un po’ il succo di quello che si fa all’inizio dell’anno: progettare le nostre future azioni, oppure lasciare che le cose vadano per il loro corso e decidere momento per momento, oppure solo alla fine fare le somme e dare una risposta. Ognuna delle tre posizioni ha la sua logica. Molto spesso non capiamo nulla di ciò che stiamo facendo o ci succede e solo molto dopo, magari all’improvviso, tutto acquista un senso. Ma non avere progetti rischia di perderci. E non ricordare il senso di quello che si fa momento per momento può far perdere di senso a tutto. Ecco perché anche un semplice dettaglio rituale può riassumere le domande su una vita.
Shanà tovà a tutti, piena di buone intenzioni e di ottimi risultati.

Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma

(4 settembre 2013)