Riconoscere la radice ebraica. Il papa scrive ai giornali
“Attraverso le terribili prove di questi secoli, gli ebrei hanno conservato la loro fede in Dio. E di questo, a loro, non saremo mai sufficientemente grati. Come Chiesa, ma anche come umanità”. Sono parole di grande impatto, che fortemente si imprimono nel cammino e nelle sfide del dialogo interreligioso, quelle scelte da Papa Francesco nella lettera apparsa oggi su Repubblica in risposta alle sollecitazioni formulate nelle scorse settimane da Eugenio Scalfari. Intitolato ‘La verità non è mai assoluta’, l’intervento di Francesco tocca alcune tematiche di grande attualità: il binomio uomo-fede, il concetto di verità, il rapporto con le altre identità religiose e con la comunità dei non credenti. Fulcro del ragionamento del papa una riflessione sull’eredità ebraica della Chiesa, già sviluppata nell’enciclica di recente pubblicazione Lumen Fidei e oggi nuovamente affermata con parole chiare e nette.
Il popolo ebraico? Per Francesco è “radice santa” del cristianesimo. Una consapevolezza che, scrive, si è sviluppata soprattutto a partire dal Concilio Vaticano II e alla nuova stagione apertasi (“con l’aiuto di Dio”) proprio in quel momento storico. “Anch’io, nell’amicizia che ho coltivato lungo tutti questi anni con i fratelli ebrei – spiega il papa – molte volte nella preghiera ho interrogato Dio, in modo particolare quando la mente andava al ricordo della terribile esperienza della Shoah. Quel che Le posso dire, con l’apostolo Paolo, è che mai è venuta meno la fedeltà di Dio all’alleanza stretta con Israele”. Perseverando nella fede del Dio dell’alleanza, scrive ancora Francesco, “gli ebrei richiamano tutti, anche noi cristiani, al fatto che siamo sempre in attesa, come dei pellegrini, del ritorno del Signore”. L’auspicio è pertanto quello di “essere sempre aperti verso di lui” e “mai arroccarci in ciò che abbiamo già raggiunto”.
Adam Smulevich – twitter @asmulevichmoked
(11 settembre 2013)