Una nuova matematica politica

gutgeld“L’Italia ce la può fare”. Sono queste le parole con cui si apre il documento “Il rilancio parte da sinistra” che, svelato nel corso dell’estate, ha consacrato Yoram Gutgeld come consigliere economico di Matteo Renzi. “L’Italia ce la può fare perché abbiamo imprenditori straordinari e lavoratori capacissimi. L’Italia ce la può fare perché abbiamo tantissime carte vincenti da poter giocare: un patrimonio culturale e culinario senza rivali; marchi, gusto e capacità di design che nessuno può battere; know-how e ingegnosità per dominare diverse nicchie della meccanica; famiglie con patrimonio mobiliare e immobiliare notevole” prosegue nel paragrafo che apre le oltre settanta pagine, che si apprestano nelle prossime settimane a diventare un libro pubblicato da Rizzoli. “Il titolo? Non mi convince tanto l’idea che ha coniato la stampa di ‘terza via’ tra teorie liberiste e stataliste – anticipa il deputato Pd – Piuttosto vorrei qualcosa che richiamasse il concetto di matematica politica da cambiare: più equità e più stato sociale equivalgono a più sviluppo. I tre obiettivi non sono in contrasto”. E in effetti non è un caso se Gutgeld ha scelto come sottotitolo per la sua opera “Come far ridere i poveri senza far piangere i ricchi”. Per dimostrare come quello che può apparire un paradosso è in realtà il percorso da seguire in un paese come l’Italia, lacerato da contrapposizioni senza fine, dove sembra impossibile concepire che un gruppo sociale possa guadagnare senza che il suo opposto perda. Scorrendo le pagine dense di numeri, grafici e parole, si capisce che la teoria si applica anche ad altri binomi. Lavoratori e imprese in primis, che avrebbero entrambi da beneficiare della riduzione del costo del lavoro, o dall’idea che rappresenta uno dei capisaldi del programma di Gutgeld: servizi migliori, spendendo di meno.
“I problemi dell’Italia di oggi sono il risultato di ciò che è acceduto negli ultimi quattro decenni – spiega l’ex McKinsey – Dopo il boom economico, il paese ha vissuto la crisi profonda degli anni ’70. Negli anni ’80 la ripresa e un nuovo boom, ma solo grazie a una politica di svalutazione ed esplosione del debito pubblico. Poi ci sono stati gli interventi emergenziali dei primi anni ’90. con il governo Amato e il percorso per entrare nell’euro, che ha comportato una forte riduzione degli interessi da pagare sul deficit, ma al prezzo di non poter più ricorrere alla svalutazione. Da tutto questo bisogna trarre una lezione importante: dagli anni ’60 l’Italia non è più stata capace di costruire un modello di crescita economica”.
L’economia deve riprendere a crescere, su questo sono (quasi) tutti d’accordo. E sembrano anche essere tutti bravi ad avanzare idee e proposte per consentirlo, salvo poi naufragare al momento di metterle in pratica, ostacolati dalle burrasche politiche delle larghe intese, dalle lacerazioni interne ai partiti, dall’incapacità di scalfire il potere dei gruppi di interesse che si oppongono a una riduzione delle proprie prerogative. “In realtà io non sono d’accordo nemmeno sul fatto che ci siano le idee chiare a livello teorico. La formula giusta è quella di fare sul serio poche cose, invece, anche costretti dall’emergenza, mi sembra che i governi tendano a fare tante cose in modo mediato” sottolinea ancora Gutgeld. “Non si può pensare di aumentare la spesa pubblica, i nostri investimenti sono catastrofici. Si tollera l’evasione considerandola un motore di sviluppo, quando invece è un’insuperabile zavorra”. Per questo la ricetta del matematico (“non sono un’economista” tiene a puntualizzare con un pizzico di ironia) consiste in concetti precisi, corredati nel documento da esempi pratici di misure da attuare. Si menziona la lotta all’inflazione dei servizi, attraverso un riorientamento del sistema delle autorità indipendenti, l’apertura dei mercati e la revisione delle regolamentazioni.
Si ragiona sull’incremento della fedeltà fiscale ricorrendo alle nuove tecnologie per una maggiore trasparenza, a una riorganizzazione dei meccanismi di investigazione ed esazione, a una stretta sull’elusione. E se a riempire le pagine dei giornali da mesi sono le vicende dell’Imu e talvolta dell’Irap, è l’Irpef su cui occorre intervenire secondo Gutgeld, con una riduzione immediata sui redditi medio-bassi, atta anche a far ripartire i consumi. La spesa pubblica non va aumentata, va invece incrementata la sua produttività spingendo per una maggiore efficienza, una razionalizzazione delle strutture, una miglior gestione del patrimonio immobiliare. Infine per il parlamentare è necessario anche ripensare completamente investimenti e trasferimenti alle imprese, sostenendone la patrimonializzazione e l’accesso al credito, nonché il sistema di realizzazione delle grandi opere. Quello di individuare un nuovo modello di crescita economica, ricorda Gutgeld, è anche una difficoltà complessiva per l’Europa “Certo, l’Italia è fra i paesi messi peggio, ma il fatto che sia l’intera Unione europea oggi ad avere un problema di sviluppo è sotto gli occhi di tutti. Tuttavia la UE non dovrebbe dimenticare che ogni paese ha la sua storia e le sue peculiarità e mostrare una maggiore attenzione in questo senso. Ma nessuno si illuda che questo valga anche per i vincoli di bilancio. Quelli non sono imposti dall’Europa, ma dai mercati”. Ciò che Gutgeld propone ne “Il rilancio parte da sinistra” è dunque più che un insieme di riforme, è una visione.
Una visione diversa per un paese che ama, che definisce bellissimo, che ha tanto da offrire. Un paese che deve tornare a credere in se stesso perché i problemi italiani, sottolinea, nascono da cattiva gestione e non da mancanza di potenzialità. E dunque il margine di recupero è molto, molto più alto che altrove. È una questione di matematica.

Rossella Tercatin (Pagine Ebraiche settembre 2013)

(12 settembre 2013)