Qui Roma – Nel nome di Shlomo
“Ricordo il suo aspetto apparentemente duro e roccioso. Conoscendolo emergeva invece un’altra persona: affabile, gentile, sempre disponibile con i tanti giovani che gli si rivolgevano. Shlomo è stato un uomo di grande apertura. Soffriva molto a ricordare, ma non si è mai tirato indietro. Sentiva di essere stato investito di una vera e propria missione”. Così il presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna nel ricordare Shlomo Venezia a un anno dalla scomparsa. Ieri sera, nel Tempio di via Balbo, un limmud alla sua memoria alla presenza di molte centinaia di persone. Dopo un breve cenno di halakhah da parte di uno dei figli di Shlomo, Alessandro, la distribuzione di una nuova versione del trattato di Sanhedrin con approfondimenti sul tema della giustizia e sul funzionamento dei sinedri curata dal presidente dell’Assemblea rabbinica italiana rav Elia Richetti. Un tema, quello della giustizia, che è stato collegato alla figura di Venezia nelle tre diverse relazioni rabbiniche (rav Riccardo Di Segni, rav Gianfranco Di Segni, rav Benedetto Carucci Viterbi) che sono seguite. A ciascuno dei maestri intervenuti è stato infatti affidato il compito di scavare nell’opera e nell’azione del Testimone attraverso alcuni passi della Mishnah. Foltissima la partecipazione e grande la commozione della platea. “Una serata bellissima, una serata vera”, commenta Mario Venezia. Con un pensiero che è andato anche a Morris, fratello di Shlomo, da poco scomparso a Palm Springs. Anch’egli Sonderkommando al pari di Shlomo e di loro cugino Dario Gabbai.