…pentimenti
Dopo le scene di Lampedusa di giovedì scorso molti hanno richiamato a uno scatto in nome della dignità. Certamente aver proclamato un giorno di lutto nazionale esprime il sentimento di una collettività che avverte come propria quella tragedia e dunque prova a riflettere in nome del principio di responsabilità.
E’ un indicatore che sarebbe sbagliato trascurare. Ma se quello scatto rappresenta un atto necessario, non so se sia anche sufficiente.
La responsabilità implica un passaggio che non mi pare di aver colto, anche in coloro che richiamano alla dignità. Quel passaggio implica una riflessione che ha come premessa il pentimento. Tuttavia, siccome questa parola può dare adito a un largo margine di ambiguità mi spiego meglio.
Il pentimento è una pratica molto frequentata, ma spesso, mi pare, disattesa nel senso profondo di ciò che richiede. Alla base dell’atto di pentimento non sta l’anelito all’oblio, ma un atto responsabile di memoria.
C’è un rapporto biunivoco tra memoria e pentimento. Il pentimento anziché essere un modo di liberarsi dal passato è un modo di farci i conti tornandoci a riflettere. Ci si pente di qualcosa “tornandoci su” e girando intorno a qualcosa che non si è dimenticato, ma su cui vale la pena soffermarci a pensare e che assumiamo come parte essenziale della storia della crescita morale della nostra persona e del gruppo umano di cui siamo parte.
David Bidussa, storico sociale delle idee
(6 ottobre 2013)