Periscopio – Parole del papa
Non vorrei correre il rischio di esagerare – avendo già rivolto al Pontefice diversi pubblici elogi -, e di abbandonare una prudenza che una bimillenaria storia di dolore dovrebbe imporre; ma ritengo che l’intervista concessa da Bergoglio a Scalfari, su la Repubblica dello scorso 1° ottobre, contenga degli elementi di grande novità, di una portata che può decisamente essere definita ‘storica’.
Due, tra le molte cose nuove, emergono con forza, per la notevole portata religiosa, etica e umana del loro significato.
La prima è l’asserzione secondo cui “il proselitismo è una solenne sciocchezza, non ha senso. Bisogna conoscersi, ascoltarsi e far crescere la conoscenza”. Incredibile che a dire siffatte parole sia un Vescovo di Roma. Verrebbe da pensare a uno scherzo, o a un refuso. Ma sono parole del papa. Un pensiero, nel leggerlo, va a quegli innumerevoli ebrei e seguaci di altre fedi che, nel corso dei secoli, sono stati perseguitati, umiliati, torturati o uccisi per non avere voluto accettare l’imposizione forzata della fede in Cristo. Tutti costoro hanno sofferto e sono morti per “una sciocchezza”, per una cosa “senza senso”. Peccato.
La seconda è il riferimento alle “parole molto dure” pronunciate da Sant’Agostino contro gli ebrei, che Francesco dichiara di “non avere mai condiviso”. Non sono un teologo, né uno storico della Chiesa, ma non ricordo di avere mai sentito un papa (e forse neanche un comune prelato) dissentire esplicitamente dalle dichiarazioni di un Padre della Chiesa, di un santo tra i più importanti del firmamento cattolico. Le parole dei santi, laddove appaiano superate dai tempi (e accade, ovviamente, spessissimo, basti pensare a quelle di San Paolo sulle donne o sugli schiavi) vanno contestualizzate, interpretate, relativizzate, occultate, dimenticate. Criticate, mai. Francesco, invece, lo fa. Grazie del suo coraggio.
E’ significativo che il papa, a una domanda di Scalfari, risponda di considerare proprio Agostino, insieme a Francesco, il santo “più vicino alla sua anima”. Il vescovo di Ippona è stato, senz’altro, al netto del suo greve antisemitismo, un uomo di non comune statura spirituale e culturale (e credo che, se fosse vissuto qualche secolo più tardi, sarebbe stato condannato come eretico), e l’indicazione di Bergoglio, pertanto, non sorprende. Ma voglio ipotizzare, forse un po’ forzatamente, che il motivo della scelta risieda proprio nell’intenzione di fare accettare, ai settori più tradizionalisti della Curia, la sua presa di distanza dalle pagine agostiniane “Contra Iudaeos”. Come a dire: Agostino, su questo, ha sbagliato, ma chi lo dice non è un suo avversario, bensì un suo grande ammiratore. Per cui, lasciateglielo dire.
Un’interpretazione forzata, probabilmente. Ma, forse, non impossibile. Se così fosse, il ringraziamento si raddoppierebbe, e a Francesco andrebbero rivolti anche i complimenti per la sua accortezza e saggezza.
Francesco Lucrezi, storico
(9 ottobre 2013)