Rav Ovadia
Piango con il resto del popolo d’Israele, la scomparsa del Rabbino Capo haRishon leZion Rav Ovadia Yosef z.tz.l. L’intelligenza acuta, la straordinaria memoria, il grande cuore, hanno fatto del maestro Ovadia Yosef il rabbino unico di tutto il popolo, ha scritto Rav Lau oggi sulla stampa israeliana. Un rabbino che ancora prima dell’invenzione dell’internet conosceva a memoria tutte le fonti della tradizione ebraica Responsa ashkenaziti e sefarditi, fonti medievali e moderne dai più illustri agli ultimi legislatori, Rishinim , Akharonim e akhronei ha akharonim Mishnà e Toseftà Talmud e Midrash, dando il giusto peso e la giusta dignità a tutte le fonti. Con acuta analisi halakhica sapeva usare le varie fonti a lui conosciute per aiutare coloro che si trovavano in difficoltà: le centinaia di vedove della guerra di Kippur i cui mariti erano scomparsi che volevano risposarsi, e avevano bisogno di essere dichiarate non vincolate dal matrimonio precedente; gli ebrei etiopi, importanti gruppi e tribù che attraverso i secoli hanno perso i contatti col mondo ebraico rabbinico e che volevano integrarsi di nuovo al corpo del popolo d’Israele sono stati riconosciuti dal rabbino Yosef come ebrei allorché altri rabbini richiedevano da loro un ghiur a tutti gli effetti (e per curiosità fu rav Margulies, a Firenze, già più di cento anni fa, accolse nel Beit Midrash italiano di allora alcuni allievi etiopici facendoli crescere nello studio della Torah e diventare maestri e guida delle loro comunità in Etiopia), i vari mamzerim che dovettero affrontare serie difficoltà socio-halakhiche per cui il rabbino seppe trovare il modo per consentire il matrimonio e tornare a far parte della collettività, altre mille difficoltà halakhiche che emergono nella vita ebraica reale. Il rabbino Ovadia z.tz.l. sapeva come usare la sua eccezionale conoscenza delle fonti ebraiche per rinnovare la linea di Hillel, sforzandosi halakhicamente per aiutare coloro che si trovavano in difficoltà. “Per essere Mahmir, intransigente nella halakha – lui soleva dire – non c’è bisogno di grandi Talmidei Hakhamim, maestri, è proprio per essere mekilim, interpretando la legge in favore di chi si trova in difficoltà, che ci vogliano grandi hakhamim capaci di risolvere i problemi che emergano giorno per giorno”. Era dotato di un realismo ebraico che gli permetteva di parlare con i generali dell’esercito come un consigliere uguale a loro, aiutandoli a non perdersi in illusioni messianiche che mettono ancora oggi a rischio la società israeliana, ponendo criteri halakhici che permettono di risolvere i problemi dei confini d’Israele secondo criteri realistici, basati sulle valutazioni degli esperti dell’esercito. Parlando del messianismo di Chabad lui soleva dire: “Quando il Messia verrà lo sapremo tutti, in tanto fin che arriva, impegniamoci nel fare le Mitzvot”. Ha saputo, con il suo cuore e la sua scienza rinnovare l’orgoglio del mondo sefardita per la sua tradizione halakhica, per i suoi chakhamim e i suoi grandi rabbini, dando una nuova autorità alle fonti rabbiniche sefardite, dal medioevo, allo Shulchan Arukh di rabbi Yoseph Caro, offrendo di nuovo dignità e autorità a Gedolei Israel, gli illustri rabbini della tradizione sefardita, medievale ma anche, e non di meno, moderna. E era uno dei più grandi maestri che io abbia mai conosciuto, con una rara capacità didattica che gli permetteva di rivolgersi ad ogni gruppo di persone secondo il loro livello, con realismo, concretezza e un intelligente ed intrigante umorismo. E il pubblico sefardita e ashkenazita gli ha risposto con amore e riconoscenza. Di queste sue qualità si nutriva anche la sua autorità politica. Ascoltando le sue lezioni e le sue derashot mi sembrava a volte di aver avuto una rara e insolita occasione di trovarmi davanti allo stesso Rambam – Maimonide, un vero e insolito saggio d’Israele. Con la sua conoscenza e saggezza sapeva offrire a chi l’ascoltava la saggezza della giusta misura fra realismo pragmatico e un senso etico acuto, tipico della halakhah ebraica, una severità e la giusta attenzione agli eventi della vita improntata a un profondo ottimismo e al giusto piacere della vita stessa che va vissuta anche con un pizzico d’umorismo e saggezza sociale. Un vero modello d’un hakaham che conosce l’halakhah e la usa a servizio della gente, un conoscitore della retorica tradizionale ebraica che la sa usare per avvicinare i pensieri ed insegnamenti della Torah al popolo d’Israele. Da Mose a Mose non c’è stato un grande come Mose si usava dire di Maimonide, la saggezza e la leadership l’autorità di Ovadia era e sarà grande come quella del Rambam. Era senza dubbio la figura più autorevole e importante dell’ebraismo sefardita dell’ultimo secolo. In base alla sua Torah e agli insegnamenti alle nuove generazioni di studiosi sefarditi, attraverso lo studio dei suoi tanti volumi di halakhah che riguardano tutti i settori della vita quotidiana e offrono un metodo di studio rigoroso ma efficace, senza esagerazioni di Humrot (come per esempio riguardo le halakhot di Pesach e le differenze fra sefarditi e ashkenaziti, ognuna con le sue humrot e kulot) e un buon senso delle cose con amore per i figli d’Israele, le sue migliaia di allievi, faranno splendere la Torah, amandola ed applicandola secondo le vie d’Hillel, vie di giustizia e misericordia, di comprensione e compassione per la sofferenza e la dignità dell’altro, dando continuità agli insegnamenti dei saggi del mondo sefardita. Le vie di Aharon hacohen: amante della Torah e delle persone, che ama il suo popolo avvicinandolo con compassione agli insegnamenti della Torah. In Israele, nelle comunità sefardite in tutto il mondo ebraico, e anche qui da noi, in Italia, mancheranno i suoi insegnamenti e il modello che ha edificato per studiare e insegnare la Torah, applicandola con amore a servizio della gente che soffre.
Che sia eterna la sua memoria davanti all’Eterno, sperando che si rinnovi e si diffonda la sua Torah ben presto ed ai tempi nostri .
Yehi Zikhrò Barukh.
Yoseph Levi, rabbino capo di Firenze
(9 ottobre 2013)