Qui Roma – Alla scoperta del Giardino
“E’ un film che ha fatto conoscere al mondo la realtà ebraica italiana del Novecento. Parliamo di una pellicola che ha vinto l’Oscar, dal respiro internazionale e dal indiscusso valore storico”. Da qui, spiega Ariela Piattelli, la scelta di dedicare al Giardino dei Finzi-Contini di Vittorio De Sica (tratto dall’omonimo e celebre libro di Giorgio Bassani) la prima mostra di una rassegna sul cinema, inaugurata ieri al Museo ebraico di Roma, diretto da Alessandra Di Castro. Piattelli, ideatrice della mostra, sottolinea il grande contributo dato dal film di De Sica, girato nel 1970, a ricostruire nell’immaginario collettivo il quadro di un ebraismo italiano, protagonista dello scorso secolo e poi tradito dal proprio paese con leggi razziste del 1938.
Davanti a un folto pubblico, testimonianza del grande interesse suscitato dal progetto curato da Olga Melasecchi e coordinato dall’assessore alla Cultura della Comunità ebraica di Roma Gianni Ascarelli, sono intervenuti i figli di De Sica, Manuel ed Emi, e l’attore Lino Capolicchio, esprimendo la propria emozione di fronte ai materiali inediti, ai costumi di scena, alle fotografie, cuore della mostra. “E’ emozionante essere qui oggi e rivedere il lavoro di mio padre”, commenta Manuel De Sica, che si occupò della colonna sonora de Il Giardino dei Finzi-Contini, dando inoltre il suo contributo alla mostra. Così come l’attore Lino Capolicchio, che interpretò nella pellicola di De Sica Giorgio, il protagonista della storia assieme a Micol Finzi-Contini (ruolo che fu affidato a Dominique Sanda). “La mia memoria oggi ritorna a quei giorni, ai momenti passati con Vittorio che per me fu come un padre – ricorda Capolicchio – sul set era un regista duro e intransigente, come è giusto che sia, tanto che faceva piangere i suoi attori mentre nella vita era gentile e disponibile”. Poi l’attore ricorda le difficoltà durante alle scene a Gerusalemme. “Ero davanti al Muro del Pianto e Vittorio si avvicinò dicendomi ‘sai che devi pregare vero?’. Ero preoccupato e non sapevo come fare ma lui mi rincuorò dicendomi di fare come mi veniva”.
La mostra, a cui ha dato il suo contributo anche la famiglia Bartolini Salimbeni, sarà aperta fino al 13 febbraio 2014.
(14 ottobre 2013)