Tea fo two – Diari
“Ciao Hashem, ho una domanda da farti: anche se mi piace l’albero di Natale posso essere ebrea lo stesso? Lo so che Lo sai che so già la risposta”. Era il 15 dicembre 1999 ed iniziavo il mio primo diario segreto con una bella crisi mistica. Prima di ogni grande cambiamento, prima di ogni viaggio, prima di ogni separazione, recupero i miei numerosissimi diari segreti per appurare la mia eventuale evoluzione. Ho iniziato con un quaderno della pecora nera munito di targhetta (“non leggete questo diario o vi ammazero” con una zeta latitante) e sono arrivata ad un elegante libro di Michal Negrin con pizzi e roselline stampate. Ed è tenerissimo e alquanto imbarazzante vedere come le fasi si siano succedute inesorabili: avanti era visione di Bridget Jones e post era visione di Bridget Jones. Per non parlare poi delle inquietanti crisi mistiche sempre presenti: dalla riflessione sulla Seconda Intifada con tanto di lettere aperte al mondo, a spumeggianti attimi di jewish pride da pagina con su scritto ‘amo la mia religione’. Alla fine di ogni epoca personale cambiavo diario e la cosa più divertente è che mi giustificavo con lui, credendo soffrisse di sindrome dell’abbandono. “Devo dirti una cosa brutta caro diario, cambio diario”. Ora che mi separano quattordici anni da quel primo quaderno, non posso fare a meno di impugnare una penna capricciosa e scrivere le ultime nuove e come una da generazione Moccia appuntare la strofa di Ligabue: “Tira sempre un vento che non cambia niente/mentre cambia tutto sembra aria di tempesta./Senti un po’ che vento forse cambia niente/certo cambia tutto sembra aria bella fresca”. C’è bisogno di un nuovo diario.
Rachel Silvera, studentessa
(14 ottobre 2013)