Qui Roma – Marino: “Una scuola per Shlomo”
“Sto pensando, e ne parlerò ovviamente con la giunta e con il Miur, di dedicare il nome di una scuola di Roma a Shlomo Venezia per aiutare meglio a ricordare l’ orrore”. Lo annuncia il sindaco di Roma, Ignazio Marino, tornato dalla sua prima vista al campo di concentramento ad Auschwitz. “Sono stato tentato di restare fuori, per me che ho avuto il padre internato dopo essere stato catturato l’8 settembre, non è stato facile”, ha affermato . E’ il testimone, che riuscì a sopravvivere al campo di sterminio, Sami Modiano a raccontare al sindaco della Capitale le terribili condizioni della prigionia. Assieme a loro oltre centro studenti di scuole romane e una numerosa delegazione della Comunità ebraica di Roma, guidata dal rabbino capo Riccardo Di Segni e dal presidente Riccardo Pacifici, in Polonia per portare avanti il progetto dei “viaggi della Memoria”. Un’iniziativa che coinvolge tre generazioni e affida agli studenti, ai giovani la responsabilità di custodire la Memoria della Shoah, elaborarla perché il più tragico avvenimento dello scorso secolo sia di insegnamento contro discriminazioni e razzismi. Tra Cracovia e Auschwitz-Birkenau, il viaggio, organizzato dal Comune della Capitale assieme alla Comunità ebraica romana, è un appuntamento fondamentale nella creazione di una coscienza storia e civile nelle future generazioni. “Tutto questo lascia sconvolti – commenta Marino – non solo per la violenza del disegno, perché sembra scientificamente organizzato, ma per la crudeltà con cui costringevano altri prigionieri a tagliare i capelli e a staccare i denti prima di trascinare i corpi nei forni crematori. E’ una storia che va ricordata, perché la dimensione della violenza supera qualunque immaginazione. La memoria va rafforzata ed è importante che Roma lo faccia ogni anno”. Alla vigilia della partenza, il sindaco aveva svelato alla stampa il particolare significato personale ed emotivo di questo viaggio, “non sono mai andato ad Auschwitz e per prepararmi – aveva spiegato – ho guardato nella scatola che conserva mia madre dove sono custoditi i ricordi della deportazione di mio padre. Fu deportato, a bordo di un treno piombato, allo Stalag 327, nella Polonia sud-orientale, quando fu costretto a scegliere tra l’adesione alla Repubblica di Salò o la deportazione”. E ad Auschwitz la commozione è emersa in tutta la sua dirompente forza, di fronte alle baracche del campo, di fronte al luogo di privazione e morte come ha raccontato Sami Modiano alle persone raccolte attorno a lui, “la vita di un ebreo non contava niente eravamo dei numeri. Dei numeri da smaltire. L’augurio e’ che le nuove generazioni non vedano quello che ho visto io con i miei occhi”. Gli ebrei e l’ebraismo nonostante un tentativo sistematico di annichilimento e cancellazione, sono vivi, sono riusciti a ricostruire una realtà distrutta fino alle fondamenta. Ne è una testimonianza. Il racconto del presidente Pacifici su Facebook: “Questa mattina alla Temple Sinagogue con gli stessi ragazzi abbiamo fatto tefillà. Stessa atmosfera, stessi canti, stessi balli. La sinagoga usata come stalla dei cavalli dai nazisti, oggi era gremita di giovani felici”.
Fuoriprogramma inoltre per il sindaco Marino che ieri è tornato alla sua professione, il medico, curando una ragazza israeliana di 17 anni, che gli svenuta tra le braccia. “Non aveva mangiato e bevuto tutto il giorno. Si riprenderà” ha dichiarato Marino che ha confessato che “la sala operatoria mi manca”. Dopo qualche ora il medico Marino si è sincerato delle condizioni della giovane.
(21 ottobre 2013)