In cornice – Dall’antico al contemporaneo
Un paradosso: l’arte contemporanea focalizza oggi l’interesse dei collezionisti, ma l’atteggiamento prevalente verso quella antica (che si vende a prezzi stracciati), è molto più rispettoso di quello di un secolo e mezzo fa, quando invece l’arte contemporanea interessava solo a piccole elites. Basta girare per i centri delle maggiori città italiane per rendersi conto della validità di questo paradosso. Ieri passeggiavo per la piazzetta dei Ciompi a Firenze, dove è stato trasportato un grazioso portico rinascimentale che si trovava un tempo nella centralissima Piazza della Repubblica. Tutta quella zona – dove si trovava anche il ghetto – venne distrutta di sana pianta per rendere la città più consona ai dettami contemporanei -ottocenteschi, e lo stesso accadde per la cinta muraria progettata da Michelangelo. Lo si osannava, i Macchiaioli venivano considerati degli imbrattatele, ma intanto lo si distruggeva. Lo stesso dicasi per Milano, dove sono state distrutte chiese, abbattuti porticati rinascimentali, create piazze, costruite facciate posticce; e che dire del tremendo impatto urbanistico ottocentesco su Roma, che ha perso le sue famose ville con giardino per lasciare spazio a palazzi su palazzi? E questo per rimanere solo all’Ottocento, senza considerare gli scempi del Novecento. Negli ultimi decenni, invece, l’interesse per l’arte contemporanea si è sviluppato in un ambiente culturale che non nega la validità del passato, che anzi lo riscopre, casomai come vestigia di un tempo che fu. Le prossime generazioni ne avranno da guadagnare.
Daniele Liberanome, critico d’arte
(28 ottobre 2013)