Periscopio – L’infamia asserzionista

lucreziAvevo detto, mercoledì scorso, che oggi avrei di nuovo parlato di poesia, ma sono costretto, mio malgrado, a cambiare programma, scendendo, dalla leggiadria e delicatezza dell’argomento annunciato, al massimo della sgradevolezza.
Ho avuto infatti la disavventura, proprio mercoledì scorso, 23 ottobre, verso le 18,45, di ascoltare, per radio, durante la trasmissione “La zanzara”, le ripugnanti affermazioni di Gianni Vattimo su Shoah e Israele. Su Israele, veramente, nessuno aveva chiesto il parere del filosofo, che era stato soltanto invitato a commentare le recenti esternazioni di quell’altro campione di diritti umani che è Piergiorgio Odifreddi (secondo il quale le camere a gas sarebbero state un’invenzione della propaganda alleata). Ma attendersi che Vattimo, interrogato sull’Olocausto, resti sul tema, è palesemente assurdo, come lo sarebbe pretendere che un cane affamato si accontenti di mangiare del pane secco, quando gli si mostra una succulenta bistecca. Nel cervello filosofico di Vattimo, al suono della parola “Shoah”, è immediatamente scattato il sillogismo Shoah=ebrei=Israele, cosicché, scartate con disprezzo le croste di pane, le zanne si sono serrate, con la velocità del fulmine, sulla prelibata pietanza, per la quale da sempre il Nostro ha un’irresistibile passione: Israele. “Non nego l’Olocausto – ha detto il filosofo – ma sono scandalizzato dall’uso spregiudicato che ne fa Israele per giustificare la propria politica di oppressione nei confronti dei palestinesi”, e non dovrebbe esserci “uno stato confessionale e razzista come Israele”. Razzista? chiede conferma l’intervistatore: “Sì, razzista”. Ma gli ebrei possono commemorare la Shoah? gli si chiede ancora: l’importante, insiste il pensatore, è che capiscano l’imbroglio di Israele, come hanno capito alcuni bravi ebrei americani, amici suoi. E gli ebrei italiani? Quelli, “poverini”, non capiscono, sono succubi di Israele…
A questo punto ho cambiato canale, anche se troppo tardi.
Sono parole che non meritano commento, ma sollecitano una domanda e una considerazione.
La domanda non è nuova, ma si ripropone periodicamente: se queste frasi fossero state pronunciate da un esponente di Casa Pound o di Militia, e se fossero state trasmesse da una seguita trasmissione radiofonica, certamente ci sarebbe stata una diffusa esecrazione, magari con richieste di licenziamento dei responsabili ecc. Perché gli intellettuali di sinistra devono godere di una sorta di lasciapassare, in nome del quale ogni loro oscenità viene tollerata, o al massimo etichettata come un’espressione di giovanile esuberanza?
La considerazione è che il caso Vattimo, nell’articolato dibattito sull’utilità di una sanzione penale dell’asserzionismo (il nome con cui io definisco il cd. negazionismo), rappresenta certamente un elemento contro l’introduzione di una siffatta tipologia di reato. Perché, se l’asserzionismo è un fenomeno aberrante, non lo è di meno il cinico uso dei morti dell’Olocausto per veicolare odio contro i discendenti dei sopravvissuti. Potrebbe, anzi, risultare ancora più pericoloso, nel momento che ha come obiettivo persone viventi, da odiare – e quindi da colpire – nell’immediato. Perché mai, un domani, Odifreddi o il professore Moffa dovrebbero andare in prigione, mentre Vattimo potrebbe continuare beatamente a dispensare la sua malascienza dalle Cattedre universitarie, o dagli scranni del Parlamento europeo?

Francesco Lucrezi, storico

(30 ottobre 2013)