Trieste – Il coro Kol Ha-Tikvà trova casa

paola piniTrovar casa è sempre un momento decisivo nella vita delle persone e per i gruppi, quando nascono spontaneamente con l’intento si costruire qualche cosa assieme. Se questa azione nasce dalla volontà di andare al di là della semplice conservazione e salvaguardia di un patrimonio, con il deliberato intento di essere propositivi, si ha la possibilità di trarre dal passato la spinta per proseguire e lanciare nuove idee. Con questo spirito si è inaugurata, mercoledì 30 ottobre, la sede del Coro Kol Ha-Tikvà.
Il gruppo vocale triestino è stato fondato quattro anni fa da Antonio Tirri, convinto fautore, e dal Direttore Artistico M° Marco Podda, musicista e compositore molto apprezzato in Italia e all’estero per le sue numerose opere.
Era il 27 maggio 2009 quando cinque volenterosi si incontrarono per costituire il primo nucleo da cui, in poco tempo, sarebbe rinata la vita corale ebraica a Trieste. Arrivarono poi gli altri e, con entusiasmo e partecipazione, si giunse ad essere ora in una buona trentina, incontrandosi di settimana in settimana e dimostrando così che il sogno di quei pochi si sarebbe potuto realizzare. La tappa raggiunta con l’esistenza di una propria sede sta ora a dimostrarlo e a ribadirlo.
Motore inarrestabile di tutto ciò, Marco Podda è convinto che la musica dovrebbe riappropriarsi della propria valenza etica, della specifica possibilità di comunicare valori attraverso il canale emotivo che essa stimola. Forma d’arte diversa da tutte le altre, potendo esistere soltanto dall’incontro tra chi la crea con la scrittura e chi la realizza nell’esecuzione, è necessariamente collettiva. Assieme alla proibizione per l’ebreo di rappresentare la realtà attraverso le immagini, la porta ad essere la modalità di espressione creativa ideale per questo popolo che ha sempre fatto dell’Altro e dell’astrazione concettuale una necessità irrinunciabile. Quando il fulcro di ogni avvenimento è costituito dal dialogo tra voci la cui varietà è necessaria alla ricerca dell’armonia comune, attento a rispettare il ritmo di ognuno, sempre aperto alla “possibilità” pur essendo dotato di regole chiare e definite, in costante ascolto, ecco che la musica ebraica, intesa in tutte le sue infinite accezioni, mostra la sua grandissima forza etica ed evocativa, in particolare quando tutto questo si può esplicitare in un canto corale.

Paola Pini

(1 novembre 2013)