Bloomberg: “Questa è la mia New York”
“Cosa significa oggi guidare questa città con la consapevolezza di arrivare da una famiglia di immigrati da lontano?”. Incontrando Michael Bloomberg in occasione dei Neighborhood Achievement Awards (riconoscimenti dedicati a coloro che hanno dimostrato imprenditorialità, creatività e lavoro di squadra per la città), cogliere l’occasione per chiedergli una prospettiva sulla sua versione del sogno americano in edizione ebraico-newyorkese, rappresentava una via obbligata. Fiero delle sue origini e della sua città, si è definito il sindaco della Grande Mela, tenendo a sottolineare come “nella maggior parte delle metropoli, i gruppi tendono a dividersi in base all’etnia, alla ricchezza, alla religione. A New York tutti si mischiano negli stessi quartieri: questo è ciò che la rende così cosmopolita. E non dimentichiamo che il 40 per cento di chi vive in questa posto è nato fuori dall’America. Una caratteristica incredibile”. Oggi l’era newyorkese di Bloomberg giunge al termine. Il 5 novembre i concittadini vengono chiamati a scegliere il successore, mentre la stampa mondiale celebra i suoi 12 anni da sindaco, che si chiudono con un surplus di bilancio, un milione di alberi piantati, criminalità calata, tanti progetti per ridisegnare la metropoli in versione XXI secolo, e qualche fallimento: l’aumento dei senzatetto e soprattutto delle diseguaglianze sociali. Nato a Boston nel 1942, Michael Rubens Bloomberg, discendente da ambo i genitori da immigrati ebrei dalla Russia, cresce in una famiglia di piccola borghesia, e si laurea in ingegneria alla John Hopkins University, per poi ottenere un Mba ad Harvard nel 1966. Inizia a lavorare per la banca d’investimento Salomon Brothers, fino a diventarne partner. Nel 1981 la svolta. L’istituto viene acquisito e Bloomberg licenziato. Con i dieci milioni di dollari di liquidazione, decide di seguire una fondamentale intuizione: che la comunità finanziaria aveva bisogno di informazioni economiche di qualità ed era pronta a pagarle a caro prezzo. Così nasce l’agenzia di informazione che porta il suo nome. “È’ favoloso essere Michael Bloomberg, come ti dirà lui stesso molto in fretta – scriveva nel 1997 il New Yorker, senza risparmiare un po’ di tagliente ironia – il suo nome è stampato su 73mila terminali (oggi oltre 200mila ndr) che le società affittano allo scopo di ricevere il tesoro di dati finanziari aggiornati minuto per minuto. Le sue 70 redazioni producono le Bloomberg News, pubblicate da più di 80 giornali in tutto il mondo. Il suo nome appare in televisione (Bloomberg Business News), radio (Bloomberg News Radio), su internet (the Bloomberg Personal Website), riviste (Bloomberg Magazine and Bloomberg Personal) e libri (the Bloomberg Press). La sua società fondata 15 anni fa, ha guadagnato duecento milioni lo scorso anno, e secondo amici ha portato il suo patrimonio personale a circa due miliardi di dollari”. Nel 2001, all’indomani dell’11 settembre, Bloomberg, dopo una vita nel partito democratico, decide di presentarsi come candidato sindaco per i repubblicani, pur mantenendo posizioni liberal in area sociale (difendendo per esempio il diritto all’aborto, e un maggior controllo sulla diffusione delle armi fra i cittadini). Da repubblicano vince anche nel 2005, per poi presentarsi da indipendente nel 2009, dopo l’approvazione di una legge che gli consente di servire altri quattro anni. Sostenuto dalla grande maggioranza degli ebrei newyorkesi, legato alle sue origini (che non dimentica nella sua importante attività filantropica, di cui beneficiano, tra le altre, molte istituzioni ebraiche), pur mantenendo un profilo basso, Bloomberg ha contato, nella sua attività, anche sui consigli di una straordinaria mamma, la signora Charlotte Rubens, scomparsa nel 2011 a 102 anni di età, con oltre sessant’anni di impegno nella sinagoga Temple Shalom, di cui fu copresidente ancora oltre i novant’anni. “Imprenditore, sindaco di New York, filantropo” recita il profilo twitter di Bloomberg, mentre il Time che lo intervista in esclusiva, fa notare come Mike sia sul punto di ritrovarsi disoccupato per la seconda volta nella sua vita, dopo il 1981. Allora diede il via alla rivoluzione dell’informazione finanziaria a livello planetario. Chissà cosa ha in mente oggi, con trent’anni di esperienza in più.
Il disegno è di Marina Foa Falco
Rossella Tercatin, Pagine Ebraiche novembre 2013
(5 novembre 2013)