Qui Roma – Room 514, un successo low cost
Una storia forte, pochi soldi in tasca ma la convinzione di potercela fare. La chiave per fare un film, è il coraggio. Almeno nell’esperienza di Sharon Bar-Ziv che, superati i quaranta, ha deciso di rischiare e realizzare un lungometraggio, Room 154. Come, lo ha spiegato ieri in occasione della proiezione del suo film al Pitigliani Kolno’a Film Festival di Roma. Protagonista dell’incontro “dal piccolo budget al grande schermo”, Bar-Ziv ha spiegato a un pubblico di esperti del settore e semplici curiosi, come produrre con meno di 15mila euro un risultato di ottimo livello. Almeno a giudicare dai tanti premi ricevuti dal suo Room 154, proiettato in trentacinque festival in giro per il mondo.
Tutto in una stanza. La storia narrata dal regista israeliano rimane per quasi la totalità del film rinchiusa in una stanza, la 154 dove avviene il confronto tra i vari personaggi. Cuore della vicenda, l’inchiesta interna di una giovane investigatrice dell’esercito israeliano nei confronti di un pluridecorato comandante di Tsahal, accusato da un compagno di reparto di violenze e abusi nei confronti di una famiglia araba. “L’ispirazione – spiega Bar-Ziv durante l’incontro moderato dal critico cinematografico Dan Muggia – mi è venuta guardando un giorno la tv con mia moglie. Tra le notizie del telegiornale mi colpì l’intervista a un giovane soldato israeliano. Quel ventenne stava coraggiosamente denunciando un sopruso di un suo superiore”. Da lì non solo l’idea del film ma anche la spinta a lanciarsi in una nuova avventura. “Non avevo le competenze da regista, ho fatto il sceneggiatore, lavorato nel mondo della pubblicità ma il mio sogno è sempre stato realizzare un film e quando ho visto il coraggio di quel ragazzo, ho aperto gli occhi”. Macinando filmografia, iscrittosi all’accademia del cinema, Bar-Ziv crea nella sua testa la sceneggiatura. “Prima di iniziare, il mio film era già praticamente pronto. Avevo tutto in mente ma pochi saldi in tasca”. Produttore, sceneggiatore, regista, tutto sulle sue spalle per abbattere i costi con quattro collaboratori, a lavorare sulla fotografia e sulle luci. Con gli attori, un accordo fondato più sulla fiducia che sulla retribuzione, visto il citato budget non esattamente faraonico.“Sono andato all’istituto per la promozione del cinema israeliano e ho detto ‘io farò questo film, con o senza finanziamenti’. Dopo qualche giorno mi chiamò il direttore, mettendo a disposizione quasi quindicimila euro”. Non servono i milioni né mesi di montaggio per fare un buon film, sembra sostenere e dimostrare il regista israeliano con il suo 154. “Per quel che mi riguarda, tutto ruotava attorno alla storia, di cui ero convinto e sapevo fosse forte. L’avevo elaborata a lungo, ripensata. Ho reinterpretato a mio modo il detto ‘devi aspettare vent’anni per poter fare una cosa in una notte’.
(5 novembre 2013)