Qui Roma – Un ricordo di rav Ovadia Yosef

rav ovadia via balbo“Rav Ovadia Yosef ha speso la sua vita nel cercare di unificare l’halakhah, non contro gli ashkenaziti, ma portando avanti una battaglia all’interno dello stesso mondo sefardita. È stato capace di fare una rivoluzione parlando direttamente all’anima della gente, come provano le centinaia di migliaia di persone che hanno partecipato al suo funerale, un numero incredibile rispetto alla popolazione d’Israele. Rav Yosef è stato infine un genio politico. Sul movimento da lui fondato si possono dire tante cose, ma non si può negare la capacità di portare al centro della scena le esigenze di un determinato settore della società, e di cambiare profondamente gli equilibri d’Israele”. Così il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni ha ricordato la figura del rav Ovadia Yosef, punto di riferimento spirituale dell’ebraismo sefardita d’Israele e non solo, nel corso del limud, una serata di studio organizzata a Roma dal Tempio di via Balbo in occasione degli Shloshim, i trenta giorni dalla scomparsa del rav. Nel suo intervento rav Di Segni non ha mancato anche di ricordare alcuni aspetti complessi della figura di rav Yosef, nella sua attività politica, ma anche in dichiarazioni controverse di cui si è reso protagonista nei lunghi decenni del suo impegno pubblico.
L’evento al Tempio di via Balbo ha visto anche la partecipazione in collegamento telefonico, di rav Shlomo Amar che ha da poco terminato l’incarico di rabbino capo sefardita d’Israele.
A introdurre la serata, il maskil e chazan Pino Arbib, che ha riassunto brevemente la biografia di rav Yosef, nato nel 1920 a Bagdad, rabbino capo d’Israele dal 1973 al 1983 e fondatore del partito religioso sefardita Shas, prima di condividere con il pubblico alcuni suoi personali ricordi, come l’accoglienza riservatagli in quanto ospite alla sinagoga del rav anni prima a Gerusalemme.
La dimensione collettiva assunta dalla figura di rav Ovadia, la sua capacità di dare lustro e spessore nella vita pubblica israeliana all’ebraismo sefardita, la sua attenzione all’halakhah e al suo studio come aspetto cui prestare maggiore attenzione nella vita ebraica sono stati rievocati anche dagli altri interventi, quelli di rav Moshe Hacmun, di rav Amitai Sermoneta e di Gavriel Levi. “Rav Yosef faceva lezione sempre e dovunque, anche sette e otto al giorno, e non mancava di andare in ogni luogo per raggiungere la gente. Ciò che più amava era arrivare alla fine con un messaggio chiaro, un insegnamento halakhico preciso” ha sottolineato Hacmun. “E’ facile dire no, è facile rispondere alle domande con una proibizione. È per rispondere sì, per trovare una soluzione, che bisogna studiare tantissimo: questa era una delle linee guida di rav Yosef” ha messo in evidenza invece Sermoneta, citando diversi casi complessi risolti dal rabbino.
“L’attenzione al riavvicinamento degli ebrei lontani, la capacità di entrare nel mondo dei minaghim, gli usi delle singole comunità, per mettere ordine secondo halakha, l’essere portatore di una nuova prospettiva, il predicare l’amore per un bambino come presupposto per la sua educazione sono stati alcuni dei punti fondamentali dell’opera di rav Yosef” ha aggiunto Levi.
E proprio sull’importanza dell’educazione negli insegnamenti di rav Yosef ha posto l’accento rav Amar, concludendo la serata: sull’essenzialità dello studio per tutti, dai grandi saggi alle persone più semplici. E soprattutto, per i giovani.

(6 novembre 2013)