Un ebreo non è mai solo
Considero Moni Ovadia un grande artista. I suoi spettacoli mi hanno sempre trasmesso moltissimo. Moni Ovadia, vuole trasmettere la Yiddishkeit nei suoi spettacoli, e ci riesce indubbiamente bene. Peccato però che non credo la viva lui stesso in prima persona (almeno non in modo ortodosso), e questo lo trovo incoerente.
Le critiche allo Stato di Israele ci possono essere, sono anche ben venute se sono costruttive e in buona fede. Si può benissimo essere pienamente ebrei senza essere sionisti. Buona parte degli ebrei ortodossi (specialmente il mondo Chassidico, da cui Moni trae spesso spunto nei suoi spettacoli) non si riconoscono nel Sionismo politico. L’Ebraismo e il Sionismo politico (sia esso nella versione religiosa o laica) non sono la stessa cosa, spesso sono in contraddizione. Tuttavia Moni talvolta esagera, usa toni e parole che esulano dall’ambito della mera critica costruttiva. Se veramente vuole criticare Israele ma nello stesso tempo amarlo e aiutarlo a crescere moralmente, dovrebbe piuttosto utilizzare tutt’altri toni e parole. Le parole creano mondi, come dicono i Maestri (e come Moni sa bene), e i mondi che le sue parole creano talvolta rischiano di istigare l’odio contro i fratelli ebrei in Israele e nella diaspora. La gente strumentalizza le sue parole contro i suoi fratelli ebrei. E questo è male, un male radicale che potrebbe disgraziatamente ritorcersi anche contro di lui, in quanto ebreo, come tutti noi. E la storia del 1900 ci ha insegnato molto in questo senso. Essere ebreo rende impossibile l’anonimato. Un ebreo rappresenta, simboleggia, proclama, persino malgrado se stesso. Il mondo non vede mai l’ebreo come un singolo individuo ma, piuttosto, come il rappresentante di un’intera tradizione, di un popolo intero. Un ebreo non è mai solo, suo malgrado si porta dietro tutti gli altri ebrei, nel bene e nel male. Per essere ebreo in un mondo che non è propizio né favorevole alla sua sopravvivenza si deve stare attenti.
Cancellare l’iscrizione alla Comunità Ebraica, non significa prendere le distanze dal mondo ebraico, e questo Moni lo sa bene. Ebrei si nasce e si resta anche dopo generazioni di abbandono, come si è visto nel secolo scorso, sia per il male che per il bene sia per la morte che per la vita.
l significato dell’identità ebraica è fondamentale. Adattarlo alla cornice delle predilezioni intellettuali e politiche personali o delle mode correnti del nostro tempo equivale a distorcerlo.
Quindi non capisco questi atti d’accusa pubblici: cancellare la propria iscrizione in Comunità è una cosa personale, per quale motivo renderla di dominio pubblico? Identificare poi pubblicamente la Comunità come una specie di “estensione politica a scopo propagandistico” dello Stato di Israele è un grave errore, ed anche questo lo sa bene, è un errore proprio in base al fatto (come spesso ci ricorda) che essere ebreo (soprattutto in diaspora) è diverso dal essere israeliano. Si deve considerare il fatto poi che i numerosi membri di una Comunità della diaspora, che si sentono legittimamente rappresentati dalla Comunità stessa come ente, hanno svariate posizioni differenti rispetto a un governo o ad un altro dello Stato di Israele. E sa bene anche questo: le Comunità sono fatte di singoli ebrei. Sono convinto che si possa amare Israele e sostenerlo come paese nato dalla storia secolare del popolo ebraico, che si possa anche abitarvici dentro come cittadini leali, pur non essendo sionisti in senso politico (né la versione originale laica alla Ben Gurion, né la versione religiosa alla rav Kook). E tutto questo senza contraddirsi, proprio in quanto ebreo ortodosso. Questo è il mio punto di vista.
Paolo Sciunnach, insegnante
(7 novembre 2013)