Qui Londra – Ye’ud, parlare del futuro
“Fuori dalla finestra potete vedere una sinagoga: qui a Londra non ne costruiamo di belle come da voi in Italia, ma hanno un ruolo fondamentale di punto di riferimento per i vari nuclei di ebrei della città”, ha spiegato Alex Goldberg, consulente internazionale sulle relazioni interreligiose e comunitarie, indicando un grande e grigissimo edificio ai partecipanti al corso di Ye’ud – Future Leader Training, in trasferta nel quartiere londinese di Golders Green per Ye’ud International, l’ultimo modulo del corso di formazione per leader comunitari, organizzato dal Dipartimento Educazione e Cultura dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. Un modo, dunque, per mettere a confronto modelli diversi di vita ebraica, quello italiano incentrato sulle comunità e quello inglese, in particolare quello della capitale, caratterizzato dalla varietà di poli a cui i vari gruppi, in cui i 200.000 ebrei della città si dividono, fanno riferimento: scuole, sinagoghe e centri non religiosi, fra cui il JW3 (Jewish Community Center London), un nuovo centro culturale nato da poco su un modello newyorkese, visitato dai partecipanti di Ye’ud. Che prima di immergersi nel seminario vero e proprio hanno fatto tappa anche al Wembley Stadium, per osservare la molteplicità di associazioni ebraiche che hanno partecipato alla fiera del Jewish Living Expo, entrando in contatto con una realtà attiva e ricca di stimoli anche da esportare. Un punto di partenza per pensare al futuro, il vero tema del seminario, che aveva al centro l’insegnamento del Future Scenario Planning, un metodo di pianificazione a lungo termine che tenga conto delle speranze e degli obiettivi, ma anche dell’imprevedibile, costringendo a pensare fuori dai soliti schemi. Cosa succederà nel 2030? Come dovrà reagire la minoranza ebraica ai cambiamenti? A guidare i ragazzi fra questi interrogativi grandiosi, Mario Izcovich, professore dell’Università di Barcellona e direttore dei programmi europei dell’American Jewish Joint Distribution Committee (JDC) e di Leatid, Lela Sadikario, direttrice dei progetti regionali europei della JDC da Milano, Mariano Schlimovich, che lavora a Londra per il European Council of Jewish Communities. E fra un tè fumante e un dibattito infiammato, i partecipanti hanno concluso una giornata intensa con presentazioni fantasiose a base di video, disegni e rappresentazioni teatrali, di alcuni fra i miliardi di scenari possibili per l’ebraismo del futuro. “Queste simulazioni hanno costituito un’esperienza da cui trarre spunto per ricercare un metodo, il compito di applicarlo nella pratica spetta poi a ciascuno”, ha sintetizzato Dan Wiesenfeld, psicologo, specializzato in comportamento organizzativo, executive coaching e psicologia dello sport, che ha seguito i ragazzi per tutti i moduli del corso, membro della direzione scientifica di Ye’ud. Di cui fa parte anche Alan Naccache, del Dec UCEI, che si è detto “davvero soddisfatto di aver potuto portare per la prima volta Ye’ud all’estero, un successo davvero importante”. I cui frutti si vedranno nel concreto: fra i prossimi programmi per gli alumni di Ye’ud, degli incontri per parlare ancora più nel concreto di progetti da realizzare, lavorando in gruppo sulla base dell’indagine sociologica sull’ebraismo italiano a cura di Enzo Campelli. “Un’idea innovativa in tutta l’Europa ebraica”, ha sottolineato Mariano Schlimovich. Altri appuntamenti dunque in vista per i leader comunitari del futuro.
Francesca Matalon
(7 novembre 2013)