uscire…
La parashah comincia con il verso “E uscì Ya’akòv da Beer Sheva e andò a Charàn”. Rashì nota che l’uso del verbo uscire è inutile (è già compreso nell’espressione “e andò”) e spiega che vuol indicare il vuoto lasciato da Ya’akòv nel luogo da cui esce. Quel luogo viene privato della luce spirituale. Rav Wolbe nota che, in genere, quando nella Torah compare il verbo uscire riferito a qualcuno, viene interpretato dai Chakhamim negativamente. Per esempio è usato il verbo uscire a proposito del mekalèl – bestemmiatore – e i Chakhamìm dicono “e uscì dal mondo”. Uscire ha un significato spirituale, si esce dal proprio mondo, dal proprio ambiente, dal proprio contesto spirituale. È un’operazione estremamente complicata e pericolosa, il rischio è che uscire significhi anche perdersi. Solo uno tzaddìk come Ya’akòv può uscire senza subirne le conseguenze. Ya’akòv rimane Ya’akòv dovunque vada ed è il mondo che lo circonda che gode della sua influenza positiva.
Alfonso Arbib, rabbino capo di Milano
(8 novembre 2013)