Voci a confronto

rassegnaUn luogo segreto per evitare processioni di nostalgici; lontano da Roma per il rispetto dovuto alla città e alle sue vittime. La scelta di mantenere la segretezza sulla sepoltura del criminale Erich Priebke (come ha rivelato Repubblica ieri, la salma si trova nel cimitero di un carcere italiano) trova l’apprezzamento del mondo ebraico italiano. “Credo sia una soluzione dettata dalle esigenze individuali delle istituzioni italiane che invitano al silenzio – spiega al giornalista Gabriele Isman di Repubblica il presidente UCEI Renzo Gattegna – E’ comunque una persona deceduta e io voglio accettare e rispettare questo invito”. Dello stesso parere, Riccardo Pacifici presidente della Comunità ebraica di Roma, “Ci auguriamo che l’oblio lo avvolga per sempre e che resti perpetua la memoria delle vittime da lui causate”. Lontano da Roma, dunque (e secondo il Fatto sepolto in Sardegna), grazie all’opposizione delle istituzioni della città: il sindaco Ignazio Marino afferma, “Non potevo non fare ciò che ho fatto, cioè oppormi fino all’ultimo alla tumulazione di quell’essere in una città da lui così gravemente violentata” (Corriere della Sera).
Dimenticare il volto ma non le responsabilità del carnefice delle Fosse Ardeatine e torturatore di Via Tasso. Un volto che anche la scuola tedesca di Bariloche, di cui Priebke fu direttore, non vuole ricordare: sul Venerdì di Repubblica Leonardo Cohen, citando Pagine Ebraiche (che sul numero di novembre pubblica le fotografie in questione) e l’articolo del collaboratore Alessandro Treves, riprende le immagini graffiate del gerarca nazista, in posa con gli alumnos maturandi dell’istituto Primo Capraro.
“Favorevoli all’apertura di nuove moschee, purché esse siano rispettose delle leggi italiane e le attività svolte all’interno siano alla luce del sole”. Con una lettera a Repubblica, Riccardo Pacifici chiarisce il suo pensiero in merito al dialogo con l’islam. Il presidente della Comunità ebraica della Capitale, che ieri ha incontrato il sindaco Matteo Renzi – colloquio da cui sono emersi due appuntamenti: il primo al World Jewish Congress che si terrà a Gerusalemme; il secondo, una visita al Tempio Maggiore di Roma (Messaggero) – ha voluto sottolineare che in occasione della visita del sindaco Marino in sinagoga “precisato che nessuna richiesta di chiusura delle moschee a Roma è stata avanzata nei confronti del sindaco di Roma”.
Furio Colombo, sul Fatto, ritorna sull’offensivo paragone dell’ex premier Silvio Berlusconi tra la situazione della sua famiglia e le vittime della Shoah. “Un offesa grave, gratuita e stupida”, sostiene Colombo che poi cita le affermazioni del presidente UCEI Gattegna: “ogni paragone con le vicende della famiglia Berlusconi è quindi non soltanto improprio e incomprensibile, ma anche offensivo della memoria di chi fu privato di ogni diritto e, dopo atroci e indicibili sofferenze, della vita stessa”.
Sul fronte della politica interna, in particolare sulla nomina del segretario del Pd di Rom, il Corriere parla di accordo a un passo con Tobia Zevi, forte del exploit nelle primarie, a fare da ago della bilancia.
Sempre sulle pagine del quotidiano di via Solferino, Sergio Romano risponde a un lettore che si chiede perché governi e istituzioni di fronte alle notizie della persecuzione ebraica non intervennero subito.
Del cambiamento di equilibri e alleanze in Medio Oriente si occupa invece Fiamma Nirenstein, spiegando la strategia saudita di fronte al progetto di armamento nucleare dell’Iran.
Dopo l’intervista al Fatto Quotidiano, Moni Ovadia ritorna sulla sua polemica decisione di lasciare la Comunità ebraica di Milano intervenendo sul Manifesto per spiegare le sue ragioni.

(8 novembre 2013)